"NAFTA FOR AFRICA": GENOCIDIO PIANIFICATO?
di Alex Zanotelli
Vivendo a Korogocho, vivendo dentro quello che io chiamo i sotterranei
della vita e della storia, non ho bisogno ne' di statistiche, ne' di altro
per dirvi gli effetti di certe politiche degli aggiustamenti strutturali,
ne' di cio che questo sistema economico comporta per i poveri del mondo.
Li ho sotto gli occhi e ne rimango sconcertato.
Ed e' per questo che mi arrabbio ancora di piu' quando leggo certe notizie
e sento certe cose.
Sono rimasto esterrefatto che in Italia, mentre si era a lungo parlato del
MAI (penso che lo conosciate, si tratta dell'Accordo Multilaterale sugli
Investimenti) ed era stata lanciata anche una campagna contro di esso, non
si e' parlato per nulla del nuovo MAI che gli Stati Uniti vorrebbero
imporre alle nazioni africane e che viene comunemente chiamato NAFTA for
Africa.
Quando ho sentito parlare per la prima volta della proposta di legge che il
presidente Clinton ha presentato nel 1998 al Congresso americano sono
rimasto sbalordito.
Ho chiesto percio' agli amici di trovarmi attraverso Internet tutto il
materiale disponibile sull'argomento.
E quando ho iniziato a leggerlo sono effettivamente caduto dalle nuvole.
Il NAFTA e' il North American Free Trade Agreement, un accordo di libero
scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico, proposto inizialmente da Bush
all'inizio degli anni '90 e portato a compimento da Clinton nel 1994.
Nel 1998, sotto la spinta delle grandi multinazionali, lo stesso Clinton ha
poi presentato al Congresso americano, prima alla Camera e poi al Senato,
una proposta di legge che porta il titolo di African Growth and Oppurtunity
Act, che tradotto in italiano significa "Proposta di legge per la crescita
e l'opportunita' dell'Africa".
Questa legislazione e' stata promossa da una coalizione di multinazionali
comprendente alcune delle piu' grandi compagnie mondiali, tra cui Texaco,
Mobil, Amoco, Caterpillar, Occidental Petroleum, Enron, General Electric,
Chevron e Kmart's.
Si tratta di multinazionali piu' volte incriminate in chiave internazionale
per violazioni di vario genere, da quelle ambientali a quelle sui diritti
umani.
Questa legislazione promossa dalla coalizione di multinazionali, e' stata
presentata alla Camera degli Stati Uniti l'anno scorso, ma e' stata subito
pesantemente attaccata da varie ONG e da una parte dell'opinione pubblica
americana, che vedono in essa uno strumento di promozione e tutela del
controllo corporativo americano sulle economie africane e sulle risorse
naturali del continente.
Dopo una battaglia molto dura e pesante la legislazione e' stata approvata
dalla Camera con 233 voti contro 186, ma e' stata in seguito bocciata dal
Senato.
Nel gennaio di quest'anno il presidente Clinton ha annunciato una nuova
offensiva della Casa Bianca per ripristinare quella legislazione,
chiamando il Congresso ad esaminare una proposta molto simile alla
precedente, l'Africa Trade and Development Bill, "Proposta di legge per il
commercio e lo sviluppo dell'Africa".
Attualmente il documento si trova alla Camera per la necessaria discussione.
Ma al di la' delle sorti di questa proposta di legge, quello che e'
importante e' che una tale legislazione (sia quella dell'anno scorso che
l'attuale), al cui confronto quasi il MAI impallidisce, sia sostenuta dai
detentori del potere economico-finanziario, vale a dire dalle grandi
multinazionali.
Vivendo qui a Korogocho, vedendo la sofferenza dei poveri e leggendo di
queste manovre io rimango esterrefatto che in Italia, dopo tanto chiasso
sul MAI, di questo nuovo tentativo americano non si e' parlato per nulla.
Sembra quasi che non ci interessi, mentre sappiamo molto bene che una
legislazione del genere passata negli Stati Uniti, cuore dell'Impero del
Denaro, avra' delle enormi ripercussioni su questo continente, che gia'
vive un momento cosi' difficile.
Ma in che cosa consistono questi due Atti cosi' simili, quello del 1998 e
quello di quest'anno, comunemente definiti NAFTA for Africa? Questo
documento, in pratica, richiede alle nazioni africane di sottomettersi ai
dettami economici e politici del FMI, il Fondo Monetario Internazionale.
Esso prescrive che il governo di un paese africano aderente all'accordo
debba ottenere la certificazione dal presidente degli Stati Uniti prima di
avviare qualsiasi investimento e per ottenere i benefici derivanti dal
commercio con gli Stati Uniti stessi.
I requisiti della certificazione sono pienamente rispondenti alle misure
economiche definite dagli Stati Uniti, che sono assai piu' severe di quelle
imposte dal FMI alla Russia, all'America Latina e all'Asia.
Con risultati chiaramente catastrofici.
La cosa incredibile e' che per ottenere la certificazione dal presidente
degli Stati Uniti, ogni governo africano deve prima:
- ridurre drasticamente le tasse sulle societa' straniere o nazionali
- intraprendere una immediata e completa privatizzazione dei patrimoni e
dei servizi pubblici (trasporti, comunicazioni, sanita', grandi industrie)
- aprire il piu' possibile l'economia alla proprieta' o al controllo di
holding straniere
- permettere alle societa' straniere un accesso illimitato alle risorse
naturali
- adottare politiche agricole che sostituiscano la produzione di cibo con
colture estensive destinate al mercato estero.
Questo e' il NAFTA for Africa.
Una cosa assurda.
Infatti quando il NAFTA originale era stato proposto dall'amministrazione
Clinton, era stato presentato come un atto che mirava ad espandere
l'economia di Stati Uniti, Canada e Messico basandosi sull'economia di
mercato e sulla totale liberta' di commercio.
Ma i risultati sono stati disastrosi: nel giro di cinque anni sono andati
in fumo oltre mezzo milione di posti di lavoro negli Stati Uniti e quasi un
milione in Messico.
Attualmente il lavoro interinale e part-time, senza benefici o pensione,
negli Stati Uniti rappresenta piu' del 50%.
I salari in Messico sono quasi dimezzati e le cooperative contadine sono
state eliminate, portando milioni di contadini disoccupati e disperati
nelle citta'.
Sono state queste le motivazioni di fondo che hanno scatenato lo scorso
anno in Congresso la reazione contro il NAFTA for Africa.
Cosi quella proposta di legge decadde, ma il presidente Clinton l'ha
riproposta di nuovo quest'anno, in termini talmente gravosi da fare invidia
al MAI.
Il MAI a sua volta non e' altro che una serie di regole studiate alla
perfezione (solo degli iniziati ne possono capire la terminologia, tanto e
fine) per favorire gli investimenti finanziari internazionali ed espandere
il potere delle grandi compagnie, garantendo loro un clima propizio a tali
operazioni, facilitando il recupero dei profitti e concedendo il libero
accesso al mercato senza nessun obbligo verso i bisogni economici locali.
Per queste ragioni la societa' civile ha detto di no al MAI.
Tuttavia il MAI quasi impallidisce al confronto del NAFTA for Africa.
Infatti le condizioni per ottenere la certificazione del presidente degli
Stati Uniti e far parte di questo apparentemente favorevole trattato
commerciale con gli USA sono di una gravita' estrema.
Ed proprio qui a Korogocho ho sotto gli occhi l'assurdita' di tutto cio':
l'assurdita' dell'Impero del Denaro e delle sue conseguenze; l'assurdita'
degli aggiustamenti strutturali imposti dal FMI.
E se adesso avremmo a che fare con un'imposizione economica come il NAFTA
for Africa, andremo verso una tragedia colossale.
Si tratta davvero di decidere la morte di milioni di persone.
E il mio sdegno non conosce limiti.
Come prete io sono obbligato a dire che certe cose sono peccato e allo
stesso tempo non sento una parola su queste decisioni economiche che
porteranno a immani tragedie.
Come essere per la vita, ad esempio sul problema dell'aborto (e io ci sto
fino in fondo) e non esserlo su queste questioni? Ecco cio' che mi fa male,
che rimette tutta la mia morale in discussione.
Vivendo sulla mia pelle la sofferenza dei poveri a Korogocho, non posso non
indignarmi, arrabbiarmi ed esprimere tutta la rabbia che ho dentro.
Sono felice del fatto che una discussione in chiave continentale sia stata
avviata in Africa, durante l'incontro tenutosi a Johannesburg, in
Sudafrica, il 27 e 28 febbraio di quest'anno in occasione della Conferenza
preparatoria per la creazione di un Tribunale Internazionale per l'Africa.
Questo Tribunale, il cui scopo sarebbe di "giudicare" i responsabili per
il corso criminale imposto ai lavoratori e ai popoli dell'Africa, era stato
proposto lo scorso anno a Bingerville (Costa d'Avorio) dalle organizzazioni
lavorative internazionali (ILC) e dalla Federazione sindacale degli
elettricisti della Costa d'Avorio.
Dopo un anno di discussione con i sindacati e le organizzazioni popolari
dell'Africa l'ILC, in nome delle organizzazioni sindacali di 92 nazioni,
appoggio' l'iniziativa delle Federazioni di sindacati africani di tenere
una Conferenza preparatoria a Johannesburg, Sudafrica.
Un incontro che ha visto sindacati, movimenti di lavoratori, avvocati,
ritrovarsi per studiare questa possibilita'.
Dopo due giorni di dibattito i 60 delegati, tra cui anche leaders dei
movimenti neri e afro-americani provenienti dall'America Latina, dagli
Stati Uniti e dall'Europa hanno deciso di inviare negli Stati Uniti una
delegazione per ottenere appoggio contro il NAFTA for Africa.
Infatti questo tipo di legislazione:
1. imporrebbe all'Africa gli effetti peggiori del NAFTA originale
2. rafforzerebbe e renderebbe piu' gravose le politiche del FMI
3. imporrebbe ad ogni stato l'ingresso nella World Trade Organization,
l'Organizzazione Mondiale del Commercio, una della Trinita' Satanica,
insieme alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale
4. attuerebbe le politiche monetarie e di investimento gia' proposte dal MAI
5. eliminerebbe l'obbligo delle tasse per le multinazionali e le grandi
corporazioni
6. privatizzerebbe le proprieta' e i servizi pubblici, con accesso
garantito alle multinazionali.
Queste condizioni cosi' gravose dovrebbero addirittura essere accettate
dagli stati africani per continuare a mantenere le attuali condizioni
commerciali con gli Stati Uniti! In fondo il lungo viaggio di Clinton in
Africa l'anno scorso, durante il quale ha parlato di reinessance africana
e ha presentato al mondo i suoi leaders prediletti – coloro che
lancerebbero il nuovo modello economico americano nell'Africa – aveva
essenzialmente lo scopo di ottenere un appoggio a questo tipo di
legislazione e di approccio economico.
In pratica di forzare un MAI sull'Africa.
Mi e' davvero piaciuto che l'ex presidente sudafricano Nelson Mandela, in
occasione della visita di Clinton in Sudafrica il 27 marzo 1998, abbia
detto pubblicamente di fronte al presidente americano che questo tipo di
legislazione e' improponibile.
Mandela ha detto testualmente: "Questo e' un argomento su cui noi nutriamo
gravi riserve...
Per noi e' inaccettabile. "Sono contento di vedere che anche negli Stati
Uniti ci sono state reazioni alla proposta di legge di Clinton. E' nata
anche una legislazione promossa dal reverendo Jesse Jackson Jr, chiamata
H.O.P.E. for Africa Act, sigla che significa Human Rights (diritti umani),
Opportunity (opportunita'), Partnership (lavorare insieme) and Empowerment
(dare potere, dare forza).
Avevo conosciuto Jesse Jackson Jr ai tempi di Nigrizia e l'ho rivisto
ingrassato l'anno scorso quando e' venuto a Korogocho.
Ho avuto la netta impressione di essere di fronte ad un uomo molto
integrato nel sistema e non a conoscenza dei misfatti dell'Impero del
Denaro.
Ma se il reverendo Jackson ha capito l'assurdita' della proposta
legislativa di Clinton non dovrebbe essere difficile anche per i cittadini
americani ed europei cogliere le conseguenze disastrose di tale iniziativa
e far partire una reazione a catena.
Anche se in realta' l'H.O.P.E. for Africa Act non si discosta poi molto
dalla proposta Clinton, pur mitigandone in parte i termini e gli effetti
negativi.
E la Conferenza di Johannesburg coglie molto bene il cuore di questa
proposta alternativa di Jackson quando afferma che: "Nel promuovere questa
legislazione Jesse Jackson Jr cita favorevolmente il Discorso annuale
sullo stato dell'Unione di Clinton, dove il presidente americano chiede
"un sistema commerciale piu' equo per il XXI secolo e una piattaforma
comune su cui business, lavoratori, ambientalisti, contadini e governi
possono ritrovarsi".
Noi tuttavia chiediamo se la chiamata alle multinazionali e ai lavoratori
di condividere una stessa piattaforma non sia l'agenda corporativistica
codificata nel NAFTA".
Questa legittima domanda rimette in discussione quanto alternativa sia la
legislazione di Jesse Jackson Jr.
Purtroppo al di la' di questo Convegno sudafricano di febbraio e della
pubblica esternazione di Mandela non e' sorta una discussione, un dibattito
all'interno del continente africano.
Anche perche' purtroppo di queste cose non si parla molto.
Lo stesso "Daily Nation", il principale quotidiano del Kenya (250mila
copie al giorno), un giornale fatto veramente molto bene, meglio di molti
quotidiani occidentali, si e' limitato a qualche accenno senza
approfondimenti.
Ma mi ha amareggiato ancora di piu' il fatto che neanche in Italia se ne
sia parlato.
Nemmeno riviste specializzate e sensibili a simili tematiche, come la
stessa Nigrizia, hanno affrontato la questione.
Tuttavia negli Stati Uniti vi e' stata una considerevole levata di scudi
sull'argomento.
Sono rimasto molto stupito del fatto che il New York Times, nell'edizione
della domenica del 7 giugno 1998, abbia pubblicato un editoriale molto
deciso su questo.
L'editoriale cominciava cosi': "Ha un nome molto bello questa nuova legge,
African Growth and Opportunity Act, ed anche uno slogan molto intelligente,
Trade not Aid, vale a dire "commercio, non aiuto".
Ma la legislazione che si trova ora all'esame del Congresso non e che un
pacchetto di benefici a favore delle fiorenti multinazionali e una minaccia
per la sovranita' degli stati sub-sahariani che gli stessi sostenitori
della legge dicono di voler aiutare".
Se il New York Times, che e' una delle voci del padrone, afferma una cosa
del genere, mi meraviglio del silenzio intorno a questa proposta di legge e
alle sue terribili conseguenze.
Cosi' come e' stata a suo tempo lanciata una campagna contro il MAI – con
esiti positivi – bisogna lanciare una campagna per sconfiggere il NAFTA for
Africa.
Altrimenti davvero questo significhera' per l'Africa l'ennesima
sottomissione economica, con tutte le sue conseguenze.
Io in coscienza non posso accettare una cosa del genere.
Non posso accettarla in chiave etica.
Non possiamo continuare ad andare in giro a parlare di etica in chiave
personale se poi in chiave collettiva non riusciamo a dire una parola su
scelte economiche che avranno conseguenze terribili per le future
generazioni.
Mi rifiuto.
Ed e' per questo che voglio gridare ed urlare.
E mi associo ai leaders africani che a febbraio, durante la Conferenza di
Johannesburg, hanno sottoscritto l'appello contro questa legislazione,
chiedendo:
1. assoluta cancellazione del debito
2. completo rifiuto di tutti i progetti di aggiustamento strutturale
3. opposizione a tutti gli schemi di privatizzazione
4. rispetto del principio del diritto di tutti i popoli e nazioni ad
esercitare pieno controllo sul loro destino
5. immediata chiusura di tutte le basi militari straniere nel continente
africano, poiche' queste basi servono da centri organizzativi e punti di
lancio della repressione e del mantenimento dei regimi oppressivi
sottomessi al capitale della finanza internazionale.
Mi sembra che questi cinque punti riassumano davvero quello che viene
richiesto da piu' parti in campo internazionale.
Il documento di Johannesburg si conclude poi con un sentito appello:
"Ci uniamo qui alla richiesta di risarcimento formulata da vasti settori
di organismi di lavoratori africani, afro-americani e internazionali.
Solo tali risarcimenti possono mitigare le conseguenze devastanti di secoli
di schiavitu', saccheggio delle risorse naturali e sfruttamento del lavoro
umano.
Il sistema politico, economico e sociale responsabile di simili politiche
ed atti che hanno portato alla morte e alla miseria centinaia di milioni
di persone, deve essere ritenuto responsabile della sofferenza umana che ha
provocato."
L'editoriale del New York Times concludeva dicendo:
"Il presidente sudafricano Nelson Mandela ha definito la legge
"inaccettabile", ma la maggior parte dei leaders dell'Africa
sub-sahariana, di fronte a popolazioni disperatamente povere e ad un
livello di disoccupazione disperatamente alto, l'hanno sottoscritta.
Essi sembrano sperare che un accordo commerciale con gli Stati Uniti e le
sue potenti corporazioni, alleviera' in qualche modo le loro sofferenze
economiche.
E' una situazione matura per uno sfruttamento incondizionato."
E se Le Monde Diplomatique, nell'editoriale del maggio 1998 sul MAI aveva
scritto "...Lo scellerato progetto, una sorta di dichiarazione dei diritti
universali del capitale, ha dimostrato fino a che punto i rappresentanti
degli stati membri dell'Ocse erano pronti a rinunciare a qualsiasi difesa
del bene comune a fronte delle illimitate pretese degli investitori", che
cosa MAI dovremmo dire del NAFTA for Africa e delle conseguenze disastrose
per questo continente?
Gia' il documento di Johannesburg afferma che: "Epidemie, distruzione
dell'apparato sanitario pubblico, rapida pauperizzazione di milioni di
persone, promozione pianificata di guerre e violenze hanno dato origine ad
un olocausto di morti per fame, migrazioni di massa, orde di rifugiati,
aumento generalizzato di Aids, Ebola e altre malattie infettive.
In conseguenza di questo prevediamo la morte di oltre 40 milioni di persone"
Mi sconcerta il totale silenzio delle Chiese.
In un contesto di preparazione al grande banchetto del Giubileo, un
banchetto a cui tutti i popoli dovrebbero egualmente partecipare, le
Chiese non hanno detto una sola parola sul NAFTA for Africa.
Io chiedo alle Chiese di reagire con forza.
Festeggiare il Giubileo significa rimboccarsi le maniche, impegnarsi a
bollare legislazioni come queste e far nascere un sistema economico dove
regni un po' di giustizia.
A nome dei fratelli e delle sorelle che soffrono incredibilmente a
Korogocho io mi appello a tutti voi perche' vi diate da fare, affinche' il
NAFTA for Africa venga definitivamente sconfitto.
Non potrebbe essere questa una prima agenda per la nascente Rete lillipuziana?
Questo tormentato continente africano ha bisogno di accordi e proposte
legislative economiche che rispondano ai bisogni e alle aspettative delle
comunita' e delle popolazioni locali e non a quelli delle corporazioni e
delle multinazionali dei paesi ricchi!
Alex