Aprile 2000-04-19

Si inviano di seguito ampi stralci del prossimo numero del bollettino della Campagna per la riforma della Banca mondiale, dECOder, che conterra’ una sezione speciale sugli incontri di primavera della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.
Si prega di far circolare nelle reti. Grazie.

dECOder uscira’ ai primi di maggio e sara’ disponibile su carta ed in formato elettronico sul nuovo sito WEB della Campagna .
Buona lettura
Francesco Martone
Campagna per la riforma della Banca mondiale


 dECOder SPECIALE sugli "SPRING MEETINGS"
DELLA BANCA MONDIALE E DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Editoriale: con lo sguardo puntato sul Fondo Monetario

Da Seattle a Davos quello che i media hanno ribattezzato il "popolo di Seattle" e’ sceso in piazza a Washington il 16 e 17 aprile ed ha accompagnato la riunione di aprile del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale.
Non che ci sia nulla di nuovo, pero’. Gia’ nel 1998 a Berlino decine di migliaia di persone erano confluite nella citta’ tedesca per protestare contro gli effetti perversi delle politiche neoliberiste messe in atto da FMI e BM.
Una onda di proteste che si e’ ripetuta nel 1994 a Madrid, e che ora incontra due istituzioni in crisi di identita’ e di ruolo. L’ultimo scandalo della diversione di denaro concesso dal Fondo Monetario Internazionale al governo ucraino, e’ solo l’ultimo colpo alla reputazione gia’ appannata di questa istituzione.

Secondo le denuncie dell’autorevole Financial Times, il governo ucraino si sarebbe accordato con la Union Bank of Switzerland (UBS) per una serie di transazioni finanziarie volte ad ingannare l’FMI sullo stato delle riserve monetarie del paese, cosi’ da convincere il Fondo a concedere ulteriori prestiti. Nel mezzo della disputa, le lotte politiche interne al paese, con l’ex primo ministro Pavlo Lazarenko che ha accusato gli stretti collaboratori del presidente Leonid Kuchma di aver guadagnato illecitamente almeno 200 milioni di dollari da tali affari poco chiari.
Ed il pensiero va alla difficolta’nel nominare un sostituto dell-ex Managing Director Michel Camdessus. Sbolognato Caio Koch-Weser, ex alto funzionario della banca mondiale e vice ministro delle finanze tedesco, l’Europa si ‘e impuntata per continuare a proporre un candidato tedesco, nonostante le voci che davano per "papabile" Giuliano Amato. E cosi’ si e’ deciso a marzo per Horst Kohler, gia’ Presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, lo stesso che il Ministro Dini, in una dichiarazione sempre al Financial Times non definiva uno dei migliori candidati.

Tant’e’. Al di la’ dei balletti delle nomine pero’ resta certamente una forte crisi politica all’interno del Fondo soprattutto in seguito ai fallimentari interventi per prevenire o minimizzare gli effetti delle crisi finanziarie in Asia, Russia ed America Latina.
E’ un segno anche che il Fondo sempre piu’ e’ visto come un foro competente a fare "politica estera", longa manus degli interessi economico-finanziari dei paesi che detengono il potere decisionale nel Consiglio dei Direttori esecutivi e di forti divergenze sul ruolo futuro dell’istituzione.

Il Fondo monetario scopre ora una nuova vocazione, quella della lotta alla poverta’ e decide di sua sponte ampliare oltremodo il suo mandato originario, gia’ rivisto e corretto dopo la fine della convertibilita’ del dollaro (la fine del cosiddetto Gold-Exchange Standard del 1973). Un tale sviluppo preoccupa le organizzazioni nongovernative e le ONG di base del Sud, che certamente sostengono la necessita’ impellente che l’FMI sia piu’ sensibile alle questioni sociali ed ambientali e consideri questi aspetti come criteri essenziali dei suoi interventi.
Il Fondo pero’ non deve entrare direttamente nel campo dello sviluppo di lungo termine, funzione questa propria delle Agenzie del sistema delle Nazioni Unite o tutt’al piu’ della Banca mondiale. La lotta alla successione di Camdessus, inoltre ha messo in luce tutti i limiti ed i difetti di un processo di selezione e dibattito non-trasparente, e non aperto ai suggerimenti dei Parlamenti e della societa’ civile. Ben vengano allora le critiche e le proposte del nostro Ministro del Tesoro Amato, uno dei "papabili" alla poltrona di Camdessus, che di recente sul Financial Times ha chiesto maggiore trasparenza e legittimita’ della procedura di selezione.
Per riformare l’FMI certamente non basta una ripulitura della facciata, una promessa vaga di maggior trasparenza. Il Fondo monetario dovrebbe certamente svolgere una inversione di rotta della sua cultura "ragioneristica" ancora fatta di grandi numeri, e che non vede tuttora come obiettivo finale lo sviluppo sociale e la creazione di posti di lavoro. Sara’ si’ necessaria maggior trasparenza, ma anche un maggior controllo esterno e valutazione delle sue attivita’. Inoltre andra modificato i criterio di voto: al momento chi piu’ mette soldi ha piu’ peso. Non e’ un caso che l’FMI sia di fatto strumentale rispetto agli interessi economici e commerciali degli USA.
Basti pensare al caso della Corea: un funzionario americano ha affermato che il commercio USA ha beneficiato piu’ delle condizioni poste per i piani di salvataggio finanziario che di ogni altro accordo di libero commercio. I paesi del sud dovranno avere maggior voce in capitolo, e non solo. Dovremmo fare un po’ di lavoro anche a casa nostra. Il nostro governo dovra’ impegnarsi a consultare Parlamento ed ONG su questioni fondamentali, e adottare, con il contributo del Parlamento delle linee-guida chiare e trasparenti che informino le scelte dei nostri rappresentanti. (per un approfondimento: Lorenzo Bini Smaghi: "Chi ci salva dalla prossima crisi finanziaria? I vantaggi, le incognite i rischi della globalizzazione". Il Mulino Contemporanea, 2000. Lorenzo Bini Smaghi e’ Direttore generale per gli affari internazionali del Ministero del tesoro. Il libro spiega con chiarezza le cause e gli effetti delle crisi finanziarie, il ruolo dell’FMI e della BM e le necessarie riforme della cosiddetta "Architettura Finanziaria Globale")

Cosa hanno detto i G7?

Nel loro comunicato finale che ha seguito le riunioni degli Spring Meetings i G7 sottolineano l’urgenza di proseguire con le politiche di riduzione del debito estero, e danno il benvenuto alla ripresa del negoziato OMC sull’agricoltura, senza pero’ fare alcun accenno alle difficolta’ ed alle resistenze da parte di molti stati membri. Nonostante il richiamo alla necessita’ di garantire che Banca mondiale ed FMI continuino nella loro strada di riforma, il comunicato continua a difendere gli accordi e le iniziative gia’ intraprese, senza dare ulteriori indicazioni di cambiamento. Le idee contenute nel rapporto Meltzer vengono cosi’ bocciate, e non viene fornita alcuna indicazione su come evitare in futuro la sovrapposizione di ruoli tra Banca e Fondo. Viene inoltre riaffermato il nuovo ruolo dell’FMI nella lotta alla poverta’. Estremamente cauto se non superfluo in alcuni suoi punti soprattutto quelli relativi alle crisi economiche ed alla fiducia nella ripresa dei mercati finanziari, questo il commento al contenuto del comunicato finale secondo il Financial Times. (fonte: Financial Times, 17 aprile 2000 "The G7’s canny circumspection". (per maggiori informazioni: www.imf.org)

Cos’e’ il Washington Consensus?

In un interessante articolo comparso sulla rivista Global di aprile, Moises Naim della rivista Foreign Policy analizza l’applicazione delle dottrine neoliberiste note sotto il nome di Washington Consensus da parte di FMI e BM, concludendo che in futuro non bastera’ una loro imposizione dall’esterno. Infatti "se i paesi in via di sviluppo vogliono darsi il tempo necessario a far funzionare le riforme, devono affidarsi a un impulso ideologico interno, non ad un condizionamento esterno. Senza una base sociale e politica su cui reggersi, l’accettazione delle riforme dipenderebbe da una costanza di alte prestazioni che nella maggior parte dei casi non e’ realizzabile… e la sfida principale per chi crede nelle riforme economiche e’ di suscitare un impegno collettivo sui scelte i cui risultati possono farsi attendere a lungo. Sarebbe piu’ semplice questo compito se non occorresse conformarsi a una nuova moda di pensiero ogni due-tre anni. La pazienza dei paesi in via di sviluppo sarà messa alla prova non solo dall’instabilita’ economica mondiale, ma anche dalla volubilità delle richieste provenienti da Washington e da Wall Street". L’articolo contiene anche il decalogo originale del Washington Consensus che riportiamo per informazione:

1. Ampi e prolungati deficit pubblici contribuiscono all’inflazione ed alla fuga dei capitali. Percio’ i governi devono ridurli al minimo;

2. I sussidi alla produzione devono essere ridotti o eliminati. La spesa pubblica deve essere indirizzata verso l’istruzione, la sanita’ e le infrastrutture;

3. La tassazione deve essere applicata su una base ampia, con aliquote progressive;

4. I tassi di interesse dovrebbero essere determinati dal mercato finanziario interno. Tassi reali positivi scoraggiano la fuga di capitali e aumentano il risparmio;

5. I paesi in via di sviluppo devono adottare un cambio competitivo per accrescere le esportazioni;

6. Le tariffe commerciali devono essere ridotte al minimo e annullate nel caso dei beni intermedi necessari ai prodotti da esportazione;

7. Gli investimenti stranieri portano capitali e risorse umane. Percio’ vanno incoraggiati;

8. L’industria privata e’ piu’ efficiente. Le imprese di Stato vanno privatizzate;

9. L’eccesso di regolamentazioni governative stimola la corruzione e danneggia le piccole imprese che non possono accedere ai centri decisionali della burocrazia;

10. La proprieta’ privata deve essere protetta. Leggi inefficaci e cattivo funzionamento della giustizia riducono gli incentivi a risparmiare e ad accumulare.

Il piu’ duro critico del Washington Consensus e’ l’ex Chief Economist della Banca mondiale, Joseph Stiglitz che ha voluto dare il suo appoggio alle ONG poco prima delle manifestazioni di protesta organizzate in occasione degli Spring Meetings con un editoriale ne quale condanna le politiche dell’Fmi: "Dicono che l’FMI e’ arrogante, che non ascolta i paesi in via di sviluppo, che e’ una istituzione segreta e isolata dal controllo democratico, e che le soluzione proposte spesso aggravano il male invece di curarlo. Hanno ragione. Sono stato Capo Economista alla Banca mondiale dal 1996 a novembre del 1999 durante la piu’ grave crisi economica degli ultimi 50 anni. Ho visto come l’FMI, insieme all’amministrazione USA ha risposto, e ne sono rimasto sconcertato" dice Stiglitz, uno dei possibili candidati al premio Nobel per l’Economia.

L’organizzazione inglese Bretton Woods Project ha appena pubblicato un "briefing" sul Washington Consensus intitolato "New Leaf or Fig Leaf" nel quale si analizzano le critiche di Stiglitz e che e’ disponibile su richiesta presso bwref@gn.apc.org

Poveri Loro!

A marzo una delegazione della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale ha svolto una visita a Roma per propagandare le nuove strategie integrate di lotta alla poverta’ le cosiddette Poverty Reduction Strategy Papers. Lanciate nel loro ultimo Incontro Annuale del settembre 1999.

Secondo quando affermato da Banca mondiale e Fondo Monetario Internazionale, le PRSP identificheranno le strategie per superare la poverta’, programmi nel settore sociale, azioni per promuovere la crescita, sviluppo rurale, infrastrutture locali, creazione di posti di lavoro da parte del settore privato, partecipazione pubblica, buon governo ed indici di prestazione stabiliti e monitorati con processi partecipativi. Il principale obiettivo istituzionale delle PRSP e’ quello di garantire maggiore coerenza tra gli interventi della Banca mondiale e del FMI in tema di lotta alla povertà, e di rafforzare, almeno sulla carta, la capacita’ dei governi di gestire programmi di sviluppo sociale e lotta alla poverta’.
Questa presa di coscienza e’ da accogliere con interesse e soddisfazione, tuttavia permangono molti dubbi e preoccupazioni riguardo alla portata ed agli effetti di tale nuovo sviluppo soprattutto considerando che con questa iniziativa il Fondo Monetario entra in un campo che non gli compete, quello dello sviluppo a lungo termine e della lotta alla poverta’. Il PRSP e’ "venduto" da Banca e Fondo come un meccanismo che permetterebbe di superare l’approccio tradizionale seguito dalle due Istituzioni, centrato esclusivamente su imperativi di stabilizzazione macroeconomica, i cosiddetti Piani di Aggiustamento Strutturale (PAS).

Non solo, ma tale nuovo sviluppo viene ora preso come "condizionalita’" per i paesi indebitati per poter accedere ai meccanismi di riduzione del debito nell’ambito della iniziativa Enhanced HIPC. (Highly Indebted Poorer Countries’ Initiative). Al di la’ della retorica, pero’, i PRSP riaffermano lo status-quo, di due istituzioni che continuano a dettare dall’alto le priorita’ di sviluppo dei paesi, a non accollarsi le responsabilita’ dei propri errori, a dare centralita’ alle politiche macroeconomiche neoliberiste, deregulation, e liberalizzazione degli scambi commerciali e degli investimenti e dei conti di capitale. Gli obiettivi sociali dello sviluppo, cioè la lotta alla povertà, la crescita finalizzata alla piena occupazione, lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale resteranno di nuovo subordinati alle priorità di gestione macroeconomica.
Cio’ e’ ancor piu’ grave se si considera che i PRSP non fanno chiarezza sul rapporto che intercorre tra politiche monetarie e lotta alla poverta’, nonostante il fatto che gia’ in occasione di una valutazione esterna dei programmi di aggiustamento strutturale dell’FMI , il Fondo era stato duramente criticato per l’eccessiva enfasi posta sulla stabilizzazione macro-economica rispetto alla riduzione della poverta’. Il documento "Poveri Loro!" a cura della Campagna per la riforma della Banca mondiale analizza gli aspetti piu’ controversi della proposta di BM ed FMI ed e’ disponibile su richiesta.
Si veda anche "News and Notices" di gennaio 2000 disponibile sul sito www.globalarchitects.org (per un approfondimento: Raoul Ascari: "L’Aiuto allo Sviluppo: I protagonisti, gli Strumenti, le Prospettive", FrancoAngeli – ICE, 1999)

Aggiustamenti strutturali e libero scambio

Tra il 1981 ed il 1994 la Banca mondiale ha concesso 238 prestiti per sostenere la liberalizzazione del commercio o politiche di scambio in 75 paesi.
Dal 1995 54 piani di aggiustamento strutturale hanno sostenuto riforme delle politiche commerciali. Questi i risultati di uno studio "Death of Development" a cura di Lisa Jordan del Bank Information Center di Washington nel quale si pone in evidenza il ruolo traino che la Banca mondiale svolge nel sostenere l’agenda politica dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Questa "convergenza" risulta chiara leggendo un documento interno di OMC, BM e FMI dell’ottobre 1998 nel quale si dice che "nell’ambito delle loro rispettive competenze FMI, BM ed OMC condividono l’obiettivo di facilitare l’espansione del commercio internazionale… " e che " tutti e tre appoggiano la liberalizzazione del commercio e degli scambi…".
Banca mondiale e OMC gia’ operano insieme nell’ambito dei cosiddetti Integrated Framework e la Banca gia’ finanzia programmi in sostegno alla revisione delle legislazioni nazionali dei paesi in via di sviluppo, come nel caso del International Trade and Integration Project in Ecuador con 21 milioni di dollari destinati a sostenere l’applicazione nel paese delle regole dell’OMC.

A detta di alcuni, quindi la riforma del OMC non potra’ prescindere dalla revisione del paradigma di sviluppo seguito dalle istituzioni di Bretton Woods. Questo e’ stato lo spunto dell’intervento della Campagna nell’ambio dl Convegno sulle "Nuove Regole per l’Economia Globale" organizzato tra l’altro da CGIL, CISL, UIL, Cocis e Legambiente e tenutosi a Roma il 27 marzo scorso. Tra le letture consigliate al riguardo: "Why Reform of the WTO is the Wrong Agenda" a cura di Focus on the Global South, 2000. Per info www.focusweb.org

Rapporto Meltzer

Il rapporto della commissione Meltzer del Congresso Americano sulla riforma della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, pubblicato a marzo di quest’anno ha suscitato un grande dibattito a livello internazionale. Il documento suggerisce alcune riforme radicali delle strutture e del mandato di BM ed FMI.

Ad esempio, il FMI dovrebbe concentrarsi solo a fornire sostegno finanziario ai paesi in crisi ed interrompere la concessione di prestiti di lungo periodo ai paesi piu’ poveri.
La Banca mondiale invece dovrebbe ritirarsi da alcune aree geografiche quali Asia e America Latina e cedere il passo alle banche di sviluppo regionali. Inoltre, dovrebbe concedere solo finanziamenti a dono per programmi di sviluppo sociale e lotta alla poverta’ in quei paesi tagliati fuori dai flussi finanziari privati. La struttura della BM che si occupa di assicurazioni di rischio politico, la MIGA dovrebbe essere chiusa, la BM dovrebbe cambiare il suo nome in Agenzia Mondiale per lo Sviluppo, e dovrebbe essere cancellato tutto il debito multilaterale dei paesi piu’ poveri (gli HIPC).
Inoltre dovrebbe essere abolita la nuova struttura del FMI per programmi di lotta alla poverta’, la Poverty Reduction and Growth Facility.

Le reazioni al rapporto sono state varie, da chi vede nelle parole della Commissione Meltzer un ennesimo tentativo isolazionista del partito repubblicano a chi le considera un primo importante contributo al dibattito sulla revisione delle politiche e delle funzioni di BM ed FMI. La Commissione pur facendo riferimento all’alto livello di fallimenti delle politiche e dei progetti della BM e dell’FMI non formula alcuna raccomandazione volta ad aumentare la capacita’ di controllo esterno dell’operato del Fondo ne’ un meccanismo di ricorso per le popolazioni danneggiate dalle sue attivita’. In occasione degli Spring Meetings di aprile 2000 il Fondo Monetario ha annunciato l’intenzione di istituire un meccanismo indipendente per la valutazione ed il monitoraggio dei suoi programmi.
Le modalita’ operative di questa struttura dovranno essere finalizzate entro l’Annual Meeting di Praga 2000. Questa decisione era attesa ormai da anni, visto che i G7 gia’ ad Halifax nel 1995 avevano chiesto l’istituzione di una "independent monitoring unit" per l’FMI.

Questa struttura non operera’ una valutazione sistematica di tutti i programmi dell’FMI ma solo di alcuni a scelta. Non e’ chiaro se le comunita’ locali e le ONG potranno avere accesso alla struttura per sottoporre le proprie preoccupazioni o denunce. Proprio per questo decine di ONG francesi, con a capo Agir Ici lanciano una campagna per l’istituzione di una corte di appello, con funzioni simili ad un difensore civico o Ombudsman, per l’FMI e per chiedere l’obbligatorieta’ delle valutazione sociali ed ambientali dei piani di aggiustamento strutturale.

Per maggiori informazioni: agirici@globenet.org
Copie del rapporto Meltzer sono disponibili via e-mail su richiesta a fmartone@cambio.it
L’istituto di ricerca americano Overseas Development Council ha appena pubblicato un documento contenente raccomandazioni per la riforma dell’FMI, intitolato: "The Future Role of the IMF in Development: An ODC Task Force Report" nel quale si sostiene che l'FMI debba concentrarsi solo sugli aiuti finanziari a breve termine alle economie in difficoltà e si chiede la rimozione del potere di veto dell'FMI che condiziona la concessione dei prestiti della Banca mondiale all'attuazione delle politiche di aggiustamento strutturale.
Inoltre dovrebbe essere cambiata la struttura di "governo" del Fondo così da dare una rappresentanza equilibrata anche ai paesi in via di sviluppo.

Parla Horst Koehler

In una serie di articoli pubblicati dal Financial Times, tra marzo ed aprile il neo-Direttore Generale del FMI, Horst Koehler dice la sua sul futuro dell’FMI e sul debito.
La cancellazione del debito, dice Kohler, sara’ una operazione "una-tantum", ed il FMI dovra’ d’ora in poi concentrare l’attenzione sugli interventi a breve termine per evitare che i paesi si "abituino" troppo a chiedere soldi alla istituzione. Kohler sembra strizzare l’occhio alle raccomandazioni gia’ comunicate dall’amministrazione Clinton, ed a quelle contenute nel rapporto Meltzer (vedi sotto).
Tutto in ordine pero’ nelle stanze del Fondo, non ci sara’ bisogno di alcuna riforma sostanziale. Proprio perche’ secondo Koehler il Fondo deve essere ringraziato per aver contribuito negli ultimi 50 anni ad allargare il mercato globale e rafforzare la democrazia. Per contro Koehler afferma di essere disposto a discutere delle nuove strategie integrate di lotta alla poverta’ (Poverty Reduction Strategies), anche se respinge le critiche di chi nn vorrebbe vedere il Fondo diventare una istituzione di sviluppo: Koehler e’ anche disposto a rivedere i criteri di voto all’interno del Consiglio dei Direttori Esecutivi, cosi’ da dare maggior peso ai paesi asiatici, come chiesto a gran voce dal Giappone. Abile mossa che ha tolto terreno sotto i piedi di chi da Tokio chiedeva la creazione di un Fondo Monetario Asiatico che potesse operare nell’area di influenza dello yen.

Come prevenire le future crisi finanziarie

La riunione del Comitato Interinale del FMI che si e’ tenuta a Washington ad aprile ha discusso le raccomandazioni contenute in un documento approvato lo scorso 5 aprile dal Financial Stability Forum. Il Financial Stability Forum è stato istituito nel febbraio del 1999 su suggerimento dei G7 per sviluppare proposte di riforma del sistema finanziario internazionale.
L'FSF è composto da ministri delle finanze, presidenti delle banche centrali, rappresentanti dell’OCSE e rappresentanti di istituzioni finanziarie internazionali, quali la Banca mondiale e l'FMI. I
tre argomenti di discussione sui quali il Forum ha formulato le raccomandazioni sono: flussi di capitale, fondi ad alta leva speculativa, i cosiddetti "hedge funds", i centri finanziari "offshore" o paradisi fiscali.
Il rapporto svolge una buona diagnosi delle cause delle crisi finanziarie, ammettendo che le crisi asiatiche erano dovute anche a fattori connaturati nel sistema finanziario internazionale, e sottolinea il rischio che i centri "offshore" possano agevolare pratiche illegali, quali il lavaggio del denaro sporco o insostenibili quali l'uso di fondi speculativi del tipo "hedge funds".

Tuttavia, come sottolineato in una nota critica a cura dell'organizzazione tedesca WEED la terapia è del tutto errata. L'FSF infatti risolve le questioni chiedendo maggior trasparenza del sistema, un maggior monitoraggio, e diffusione rapida di dati statistici, senza andare a fondo nei difetti congeniti del sistema finanziario. Il rapporto mette in guardia sull'eventualità che i paesi adottino misure di controllo dei flussi di capitale estero, contraddicendo le dichiarazioni fatte da economisti della Banca mondiale secondo i quali paesi come la Malesia sono riusciti immuni dalle crisi proprio perche’ avevano adottato misure restrittive in tal senso. Il rapporto non fa alcuna menzione di proposte del tipo Tobin Tax. Il problema che rimane irrisolto è sempre lo stesso, ovvero quello del "deficit democratico" dei governi e degli stati il cui ruolo e funzione vengono svuotati dall'influenza dei mercati finanziari. (per ulteriori informazioni: www.weedbonn.org

Banca mondiale e lotta alla corruzione

La lotta alla corruzione ed il buongoverno (good governance) sono insieme alla "lotta alla poverta" ("A world free of poverty") i due nuovi mantra della Banca mondiale. Il 7 aprile scorso il Financial Times riportava la notizia della pubblicazione di uno studio della Corte dei Conti americana (General Accounting Office - GAO) intitolato "World Bank Management Control Stronger but challenges in fighting corruption remain", che sottolinea gravi ritardi della Banca mondiale nell'attuare i programmi di lotta alla corruzione.
Si afferma che la Banca opera solo con quei governi "compiacenti" e non ha ancora saputo svolgere uno studio accurato dei settori economici e politici nei quali la corruzione trova terreno fertile. Un duro colpo alla reputazione della Banca ed alla crociata del suo Presidente James Wolfensohn!

International Financial Corporation: quando la retorica è contraddetta dai fatti.

L'agenzia della Banca mondiale che sostiene investimenti privati (IFC) ha fatto circolare nei giorni precedenti gli Incontri di Prmavera un documento ("IFC Truths" la vertia’ secondo l’IFC) nel quale si ribadisce il ruolo traino del settore privato nello sviluppo e nella tutela dell'ambiente. L'IFC, si dice nella nota fatta circolare a moltissime ONG via mette al centro del suo operato la responsabilizzazione del settore privato, e' impegnata nel sostenere il trasferimento di tecnologie pulite nei paesi in via di sviluppo ed emergenti, ad aumentare la trasparenza delle attività del settore privato, ed a portare , tramite la privatizzazione, benefici alle popolazioni povere. Forse l'IFC dimentica alcuni dettagli: - la "rivolta dell’acqua" avvenuta ad aprile a Cochabamba in Bolivia dimostra che la privatizzazione non e’ certo intesa a garantire alle classi marginali e povere il libero accesso a beni di prima necessità; - la tutela dell’ambiente non sembra essere prioritaria per l'IFC, basti pensare ad alcuni progetti in corso di attuazione quali :

a. Liberia Agricultural Company Project --- il sostegno all’agribusiness da parte dell’IFC sta aprendo la strada allo sfruttamento illegale delle poche foreste tropicali rimaste nel paese;

b. Azery-Georgia Oil Pipeline project: non è stata svolta alcuna valutazione di impatto ambientale, le popolazioni sono state reinsediate senza risarcimento, non c'e’ trasparenza;

c. Bujagali Falls Dam Uganda - la diga distruggerà habitat unici, e sarà del tutto inutile a soddisfare il fabbisogno energetico del paese ; d. l'IFC partecipa al progetto per la costruzione di un oledotto di 1.100 kilometri attraverso le foreste del Camerun, nell'ambito del progetto Chad-Cameroon Oil and Pipeline Project, a vantaggio del consorzio Exxon, Chevron, Petronas. Neanche il trasferimento di tecnologie pulite sembra essere una priorità, basti pensare a due casi quello della miniera Yanacocha Gold Mine in Peru e quello della miniera di Oro di Kumtor, Repubblica del Kyrgizstan. Due anni fa si è verificato una grave incidente con sversamento di cianuro nelle acque dei fiumi circostanti che ha causato la morte di una decina di persone e l'avvelenamento di molte altre.

L'IFC continua a rifiutare di pubblicare i dati sull'inquinamento. (per altri dati e casi di studio su progetti della Banca mondiale vedi il sito-ombra della BM, "Whirled Bank": http://www.whirledbank.org)

Banca mondiale ed effetto serra

Il 10 aprile, giornata di apertura della Energy Week della Banca mondiale, la Campagna per la riforma della Banca mondiale ha lanciato in Italia la piattaforma firmata da più di 200 ONG di tutto il mondo per chiedere una riforma radicale delle politiche energetiche della Banca mondiale e la progressiva diminuzione fino ad interrompere i finanziamenti per lo sfruttamento e l’uso di fonti energetiche fossili.

Nel corso di una missione svoltasi la scorsa settimana in Lituania, rappresentanti della Campagna hanno ottenuto informazioni secondo le quali la Banca mondiale destinerà un totale di 2,7 miliardi di dollari per ben 17 nuovi progetti di sfruttamento, trasporto ed uso di petrolio e gas naturale in Europa Orientale, Asia Centrale e Caucaso. Tra questi, numerosi oleodotti, quali la Chirag Early Oil Project, tra Georgia ed Azerbaijian, al quale partecipano tra le altre Amoco, BP ed UNOCAL , ed il cui "costo" ambientale annuo e’ previsto di 248 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Le valutazioni di impatto ambientale svolte dal consorzio sono insufficienti, e il governo azero non ha garantito alcuna trasparenza delle operazioni. Nonostante gli impegni presi nei confronti dei paesi finanziatori per la promozione di fonti energetiche alternative ed uno sviluppo sostenibile, la Banca mondiale continua, quindi, a stanziare somme considerevoli per lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone.

Il Senato italiano aveva approvato lo scorso luglio una mozione che impegnava governo italiano e Banca mondiale a ridurre progressivamente le quote di finanziamento della banca mondiale a fonti energetiche fossile, ed incentivare il sostegno a fonti energetiche pulite. La Campagna ha invitato il governo italiano a chiedere chiarimenti a riguardo alla Banca, ed a sostenere con forza il riorientamento delle risorse finanziarie di questa istituzione verso la sostenibilità ambientale. Proprio in queste settimane, infatti, la Banca mondiale sta rivedendo le sue strategie ambientali.