29 marzo 2000

Nei prossimi giorni si terra' a Washiongton l'incontro di primavera di Banca mondiale e Fondo Monetario Internazionale. L'articolo che segue riassume alcune considerazioni sulle politiche dell'FMI e sul dibattito in corso.


FMI: pompiere o piromane dell’economia e finanza globale?
di Francesco Martone
Campagna per la riforma della Banca Mondiale
Centro Internazionale Crocevia
(stralci di questo articolo sono stati pubblicati su Avvenimenti-Ultime Notizie, di sabato 24 marzo 2000)

Lo scandalo recente della diversione di denaro concesso dal Fondo Monetario Internazionale al governo ucraino, e’ solo l’ultimo colpo alla reputazione gia’ appannata di questa istituzione che ad aprile si trovera’ ad affrontare l’esame del dopo-Seattle, quando migliaia di dimostranti si riuniranno a Washington.
Nel caso dell’Ucraina, denunciato dall’autorevole Financial Times, il governo ucraino si sarebbe accordato con la Union Bank of Switzerland )UBS) per una serie di transazioni finanziarie volte ad ingannare l’FMI sullo stato delle riserve monetarie del paese, cosi’ da convincere il Fondo a concedere ulteriori prestiti. Nel mezzo della disputa, le lotte politiche interne al paese, con l’ex primo ministro Pavlo Lazarenko che ha accusato gli stretti collaboratori del presidente Leonid Kuchma di aver guadagnato illecitamente almeno 200 milioni di dollari da tali affari poco chiari.

E torniamo alle difficolta’nel nominare un sostituto dell-ex Managing Director Michel Camdessus.
Sbolognato Caio Koch-Weser, ex alto funzionario della banca mondiale e vice ministro delle finanze tedesco, l’Europa si ‘e impuntata per continuare a proporre un candidato tedesco, nonostante le voci che davano per “papabile” Giuliano Amato. E cosi’ si e’ deciso per Horst Kohler, gia’ Presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, lo stesso che il Ministro Dini, in una dichiarazione sempre al Financial Times non definiva uno dei migliori candidati. Tant’e’. Al di la’ dei balletti delle nomine pero’ resta un fatto. La difficolta’ a trovare un sostituto per Michel Camdessus e’ certamente sintomatica di una forte crisi politica all’interno del Fondo soprattutto in seguito ai fallimentari interventi per prevenire o minimizzare gli effetti delle crisi finnaziarie.
E’ un segno anche che il Fondo sempre piu’ e’ visto come un foro competente a fare “politica estera”, longa manus degli interessi economico-finanziari dei paesi che detengono il potere decisionale nel Consiglio dei Direttori esecutivi e di forti divergenze sul ruolo futuro dell’istituzione. Il Fondo monetario scopre ora una nuova vocazione, quella della lotta alla poverta’ e decide di sua sponte ampliare oltremodo il suo mandato originario, gia’ rivisto e corretto dopo la fine della convertibilita’ del dollaro (la fine del cosiddetto Gold-Exchange Standard del 1973). Allora l’FMI, in ossequio alle politiche economiche neoliberiste del reaganesimo e thatcherismo, aveva abbracciato la dottrina dell’aggiustamento strutturale seguito a ruota dalla Banca mondiale. Da una parte, soprattutto i repubblicani del Congresso USA, notoriamente allergici ad ogni nuova richiesta di denaro da parte delle istituzioni multilaterali, si oppongono oggi ad un allargamento del mandato a scopi esclusivamente strumentali di politica interna, mentre l’Amministrazione Clinton, per bocca del Segretario al Tesoro, Larry Summers manda a dire che il Fondo deve solo occuparsi di intervenire per prevenire crisi finanziarie o minimizzarne gli effetti. Un tale sviluppo preoccupa anche le organizzazioni nongovernative e le ONG di base del Sud, che certamente sostengono la necessita’ impellente che l’FMI sia piu’ sensibile alle questioni sociali ed ambientali e consideri questi aspetti come criteri essenziali dei suoi interventi.
Il Fondo pero’ non deve entrare direttamente nel campo dello sviluppo di lungo termine, funzione questa propria delle Agenzie del sistema delle Nazioni Unite o tutt’al piu’ della Banca mondiale. Posizione riconfermata nel rapporto della Commissione Meltzer del Congresso USA, del marzo 2000 che si spinge fino al punto di raccomandare la chiusura della nuova Poverty Reduction and Growth Facility, la nuova struttura del FMI per sostenere i programmi di lotta alla poverta’. E resta sempre nell’aria l’ipotesi di allargare il mandato dellFMI rivedendone lo statuto, per renderlo competente a gestire i pgorammi di liberalizzazione dei movimenti di capitale, la cosiddetta Capital Account Liberalization.

Per inciso, ogni volta che i Fondo ha cambiato “pelle” lo ha fatto senza il mandato espresso dei Parlamenti dei paesi donatori, e di quelli che ricevono i suoi prestiti e programmi. La lotta alla successione di Camdessus, inoltre ha messo in luce tutti i limiti ed i difetti di un processo di selezione e dibattito non-trasparente, e non aperto ai suggerimenti dei Parlamenti e della societa’ civile. Ben vengano allora le critiche e le proposte del nostro Ministro del Tesoro Amato, uno dei “papabili” alla poltrona di Camdessus, che di recente sul Financial Times ha chiesto maggiore trasparenza e legittimita’ della procedura di selezione. Ma piove sul bagnato. Per fare una lista degli errori commessi dal Fondo non basterebbero tutte le pagine di questo giornale. Si potrebbe riassumere la questione con le parole di Joseph Stiglitz, ex Chief Economist della Banca mondiale, e candidato al premio Nobel per l’Economia secondo il quale Fmi e BM hanno confuso troppe volte il fine con i mezzi, dando priorita’ al rigore economico rispetto alle finalita’ di creazione di posti di lavoro e lotta alla poverta’. La questione riguarda anche gli effetti che le politiche di aggiustamento strutturale, imposte dal Fondo e dalla Banca mondiale hanno sortito negli ultimi anni. Piani imposti senza la partecipazioni attiva della societa’ civile, e ce in molti casi hanno minato alla base le possibilita’ di uno sviluppo socialmente giusto ed ecologicamente sostenibile. Su 43 paesi sottoposti a questi programmi negli anni 1978-1995, 31 di questi (pari al 72% del campione) hanno visto aumentare il numero di disoccupati e ridurre i salari. Gli aggiustamenti strutturali non hanno solo aumentato la poverta’, ma hanno anche causato gravi danni ambientali. Uno su tutti il caso Ghana dove la liberalizzazione e l’incentivazione della produzione di cacao per l’export, al fine di generare valuta pregiata, per riequilibrare la bilancia dei pagamenti, ha causato gravi impatti sulle colture radizionali e sull’ambiente. Ciononostante Banca mondiale e Fondo monetario continuano a condizionare ogni programma d iriduzione del debito estero, la cosiddettra HIPC, all’attuazione di questi piani diaggisutamento. Senza tagli alle spese sociali, senza liberalizzazione e deregolamentazione di ogni apparato produttivo ed economico i paesi poveri non potranno essere ammessi a tali programmi. Oggi si fa un gran parlare, sulla scia del fallimento di Seattle, dell’OMC e della liberalizzazione degli scambi commerciali, ma molti tralasciano un dato importante: che negli ultimi decenni e’ stato proprio il Fondo con i suoi aggiustamenti strutturali a preparare il terreno alle politiche dell’Organizzazione Mondiale del Commercio!

Errori sono stati commessi dal Fondo anche nei suoi interventi per fronteggiare le crisi finanziarie che hanno scosso Asia ed America negli scorsi anni. L’iniezione di massicce dosi di capitali in tempi strettissimi per scongiurare il tracollo di economi traballanti come quella Indonesiana e quella russa, ha alla fine dato fiato solo a quegli speculatori stranieri che avevano fatto investimenti ad alto rischio in quei paesi, sapendo che comunque il Fondo monetario sarebbe intervenuto il loro difesa. Il dibattito sul ruolo del settore privato nel condividere i costi delle crisi finanziarie ha trovato il suo apice nel caso dell’Ecuador, paese che nel settembre scorso aveva annunciato una moratoria a pagamento degli interessi su parte del suo debito estero. In prima battuta il Fondo aveva accolto questa possibilita’ per fare marcia indietro pochi giorni dopo in seguito ad una lettera inviata a Camdessus da una forte “lobby” delle Banche private. E sempre in Ecuador il Fondo ha temporeggiato nel concedere un prestito piu’ volte promesso di 250 milioni di dollari, aspettando la caduta del presidente Mahuad, per poi intervenire con fondi ben piu’ consistenti per sostenere il processo di dollarizzazione in atto nel paese andino. Un processo al quale si oppone la stragrande maggioranza della popolazione ecuadoriana.

Per dare un’idea di come la cultura istituzionale dell’Fmi e’ ben lontana dai buoni proposti, basta richiamare l’attenzione anche sul caso Brasile. Il governo Cardoso aveva qualche settimana fa annunciato un ambizioso programma per la lotta alla poverta’ di circa 20 miliardi di dollari, nei prossimi dieci anni. La risposta secca del Fmi e’ stata: spendete i soldi in maniera piu’ efficace, ed efficiente, privatizzate, tagliate la spesa pubblica. Siamo quindi ancora in alto mare…
Per riformare l’FMI certamente non basta una ripulitura della facciata, una promessa vaga di maggior trasparenza. Il Fondo monetario dovrebbe certamente svolgere una inversione di rotta della sua cultura “ragioneristica” ancora fatta di grandi numeri, e che non vede tuttora come obiettivo finale lo sviluppo sociale e la creazione di posti di lavoro. Sara’ si’ necessaria maggior trasparenza, ma anche un maggior controllo esterno e valutazione delle sue attivita’. Inoltre andra modificato i criterio di voto: al momento chi piu’ mette soldi ha piu’ peso. Non e’ un caso che l’FMI sia di fatto strumentale rispetto agli interessi economici e commerciali degli USA. Basti pensare al caso della Corea: un funzionario americano ha affermato che il commercio USA ha beneficiato piu’ delle condizioni poste per i piani di salvataggio finanziario che di ogni altro accordo di libero commercio. I paesi del sud dovranno avere maggior voce in capitolo, e non solo. Dovremmo fare un po’ di lavoro anche a casa nostra. Il nostro governo dovra’ impegnarsi a consultare Parlamento ed ONG su questioni fondamentali, e adottare, con il contributo del Parlamento delle linee-guida chiare e trasparenti che informino le scelte dei nostri rappresentanti.