Manifesto 7 agosto 2001 La
fame di Berlusconi
Intervista ad Alex Zanotelli: "Spostare
il vertice Fao è estremamente grave, il governo italiano vuole scaricare sul sud i
problemi della povertà come ha fatto il G8, che ha concesso solo elemosina. Per risolvere
i problemi della fame occorre rimettere in discussione le regole del mercato"
GIULIANA SGRENA
Abbiamo raggiunto, telefonicamente, Alex Zanotelli a Nairobi. Ha appena
letto sul Daily Nation la notizia che il vertice della Fao di novembre potrebbe
tenersi proprio in Kenya "perché - scrive il giornale - il governo italiano non
vuole tenere un altro summit internazionale in Italia dopo la violenza scoppiata a
Genova".
Che cosa ne pensa di questa sortita di Berlusconi?
E' estremamente grave e vuol dire prima di tutto che Berlusconi è rimasto
profondamente scioccato da Genova. Non voglio esprimermi sul problema della violenza
perché ho ricevuto solo dei rapporti frammentari, ma sicuramente questa ha offuscato una
organizzazione e molta gente che voleva manifestare seriamente. Genova ha colpito
profondamente Berlusconi che non vuole contestazioni. Per cui rimuovere un vertice di tale
importanza da Roma, dove c'è il quartier generale della Fao, e portarlo a Nairobi o in
un'altra città del sud del mondo, mi sembra una decisione politica estremamente grave sia
sul piano interno che internazionale: è una dimostrazione del suo atteggiamento nei
confronti di alcune realtà.
Dopo aver detto che a Genova si erano affrontati i problemi dell'Africa, ora si vuole
allontanare un vertice che dovrebbe entrare nel merito dei problemi.
Se lo scopo di questo vertice è quello di dimezzare il numero di chi soffre per fame
entro il 2015, mi sembra un obiettivo decisivo per l'Africa. Comunque, la mia reazione sul
vertice del G8 di Genova è stata di profonda delusione per le decisioni prese. I soldi
stanziati - 1 miliardo e 300 milioni di dollari - per combattere le malattie infettive e
l'Aids sono solo elemosina, una colletta dei grandi per i poveri di questo mondo. E' ora
di finirla con la carità, non è questo il modo di affrontare il problema. Agli otto
grandi si chiedeva una decisione politica per lottare contro l'Aids. La risposta era molto
semplice: si trattava, mercato o non mercato, di chiedere alle case farmaceutiche di
ridurre al minimo i prezzi delle medicine perché diventino accessibili alla maggior parte
dei 24 milioni di malati di Aids che ci sono in Africa. Togliere i brevetti e non fare
l'elemosina con 1 miliardo e 300 milioni di dollari, una miseria se pensiamo che spendiamo
900 miliardi di dollari all'anno in armi e 13 miliardi, solo in occidente, di cosmetici.
Quindi il problema della povertà e dell'Aids in Africa non è stato preso seriamente in
considerazione dal G8, è pura illusione quella che si è fatta apparire a Genova.
L'intenzione di Berlusconi di trasferire il vertice è un'altra dimostrazione di scarsa
considerazione?
Mi sembra che, alla conferenza stampa con Bush, Berlusconi abbia detto che attraverso
questa economia che abbiamo, globalizzata e globalizzante, certamente i poveri usciranno
dalla loro povertà e dalla loro miseria. Si ritorna alla vecchia teoria delle gocce che
cascano giù e favoriscono i poveri, una teoria che si è dimostrata in questi
cinquant'anni una grande falsità storica.
A Nairobi sono arrivate le notizie di Genova?
I giornali ne hanno parlato solo un po', anche perché di problemi qui ne hanno
tanti...
Il Kenya accetterebbe il trasferimento a Nairobi?
Penso che il Kenya non avrebbe problemi, visti i soldi - e sono introiti in dollari -
che entrano con le conferenze internazionali.
Per venire al vertice Fao - che non è la stessa cosa del G8, anche le proteste non
avrebbero lo stesso segno - ma non c'è dubbio che anche nella Fao se non c'è una
volontà politica dei paesi ricchi, si richiano obiettivi non realizzabili o fallimentari.
Sarò ancora una volta brutale. Anche un vertice Fao non può far nulla, ricordiamoci
che da molti anni ormai sta lavorando e facendo promesse mai mantenute. Degli stessi fondi
Fao - quelli stanziati dai governi - l'80% viene usato per il mantenimento delle
strutture. Le agenzie dell'Onu sono strutture elefantiache il cui costo di mantenimento è
notevole, lo dicevamo già quando stavo a Nigrizia e non vediamo nessun
cambiamento. Per cui un vertice Fao è praticamente inutile perché non ha potere
decisionale sul piano politico, sono i governi che decidono. Tutto l'apparato
organizzativo delle Nazioni unite è ormai parte integrante del sistema dell'economia
mondiale, non è alternativo: è il sistema che si autogenera.
Voler sfrattare il vertice non è simbolicamente molto negativo?
E' una decisione politica molto grave. Pensavo che Silvio Berlusconi fosse molto più
intelligente. E' chiaro che una decisione del genere, se portata avanti, gli creerà
ulteriori problemi: aumenterà l'opposizione della maggior parte della gente che è andata
a Genova, profondamente motivata; questo movimento non è una questione di partiti o di
organizzazioni sovvenzionate dallo stato, si basa su idealità, contesta il sistema e di
fronte a molta gente che soffre cerca di reagire. Questa è la forza morale del movimento,
un movimento inarrestabile, Berlusconi può fare quello che vuole ma più decisioni del
genere prenderà e più questo movimento troverà forza, perché si convincerà sempre
più di avere ragione.
Se tu dovessi proporre al prossimo vertice Fao un obiettivo determinante per far fronte
alla fame nel sud del mondo che proporresti?
Il problema è questo: nessuno vuole rimettere in discussione le regole del mercato,
non abbiamo il coraggio di mettere al primo posto l'uomo, l'uomo che soffre, e poi trovare
le regole, abbiamo bisogno di regole che però servano all'uomo e non che lo vendano in
nome del mercato. Ci troviamo di fronte a una realtà mondiale assurda: 30/40 milioni di
persone l'anno muoiono di fame mentre noi buttiamo via il cibo. Quindi bisogna ripensare
le leggi del mercato in funzione dell'uomo, ripensare al tipo di agricoltura. E' ridicolo
che si punti il dito sui paesi poveri mentre negli Stati uniti i contadini sono
sovvenzionati dal governo federale per non produrre. Un altro esempio: il Kenya, ora sta
esportando tè, caffè e anche fiori, ma mentre fino alla metà degli anni 80 era
autosufficiente in chiave alimentare, ora importa dal 60 all'80% del proprio fabbisogno,
è inevitabile se si produce in funzione dell'esportazione per ottenere valuta pregiata
per pagare i debiti o i macchinari. E sono chiarissime le conseguenze: per molti sarà la
fame. Occorrono decisioni politiche, non carità, si deve ripensare veramente all'economia
globale ma non in funzione di quel 20% che si pappa l'80-82% dei beni di questo mondo, ma
in funzione di tutti. Il vertice Fao non lo potrà fare perché i governi lo impediscono.
Se non si affrontano i problemi alla radice i vertici serviranno da passerella dei grandi,
magari anche con qualche bel discorso, come quello di Fidel Castro all'ultimo vertice di
Roma, ma alla fine senza conseguenze.
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