Corriere della sera 9 agosto 2001
Il
personaggio
Autodifesa in una trincea
di faldoni e i nemici storici non lo attaccano
di GIOVANNI BIANCONI
- ROMA - A un tratto è sbottato: «Perché poi, in tutto questo, il pomeriggio del 20
luglio a Genova è arrivato pure il capo dello Stato; un evento che normalmente mobilita
un’intera questura». Ma è un attimo: «Per dire della complessità dell’evento»,
spiega, cioè i mille problemi da affrontare contemporaneamente. Era già pomeriggio, e l’esame
del capo della polizia quasi giunto al termine. Tema dell’esposizione e dell’interrogazione:
la «guerra del G8» e la sconfitta delle forze dell’ordine. Argomento spinoso che il
prefetto Gianni De Gennaro - 53 anni tra pochi giorni, calabrese, da 13 mesi al vertice
della pubblica sicurezza - ha provato a ribaltare: chi l’ha detto che è stata una
sconfitta? Una guerra s’è combattuta, è vero, ma contro un avversario nuovo e
sfuggente - i cosiddetti Black Bloc -, che ha trovato aiuti e coperture anche in alcuni
settori dei cosiddetti manifestanti pacifici. E’ uno degli aspetti della
«complessità» dell’appuntamento genovese, che non si può comprimere «in alcuni
specifici episodi che rischiano di diventare l’emblema di un problema molto più
vasto; non dobbiamo cadere in questo equivoco».
Gli episodi sono le violenze a volte gratuite di poliziotti e carabinieri, che De
Gennaro rubrica sotto la voce «verosimile eccesso nell’uso della forza ad opera dei
reparti» e «comportamenti illeciti di singoli». Un po’ poco, si dirà, ma è
proprio impostando così il tema che - forse - il capo della polizia s’è guadagnato
la promozione.
Forse perché la prova non è ancora terminata; mancano le risposte a molte domande, che
saranno inviate per iscritto. E forse perché chi deciderà la sorte del capo della
polizia - cioè il governo - ieri non era presente nella sala del Mappamondo, secondo
piano del palazzo di Montecitorio. Ma nell’attesa, al termine dell’audizione, i
giudizi di maggioranza e opposizione sembrano concordi: il problema, adesso, non è il
capo della polizia.
«Più che non fare domande, che dovevamo fare per non metterlo in difficoltà?», confida
un commissario di Forza Italia. In effetti, per il partito di maggioranza, solo Fabrizio
Cicchitto propone in aula due o tre questioni marginali, e nel corridoio commenta: «Siamo
soddisfatti, al momento non emergono altre responsabilità oltre a quelle di chi è già
stato rimosso dal ministro». Uno degli avversari storici di De Gennaro, l’ex-ministro
Filippo Mancuso, non chiede nemmeno la parola.
Il capo della polizia aveva preparato con cura l’appuntamento più difficile da
quando occupa la stanza più grande del Viminale. Venti cartelle smussate in ogni parola
per illustrare le tante emergenze da fronteggiare con un sistema che ha mostrato parecchie
«carenze» da una parte e dall’altra delle barricate. Perché di qua, dice De
Gennaro, le «attività preventive» per bloccare i violenti saranno state pure
insufficienti, ma di là c’erano migliaia di persone «visibilmente predisposte ad
affrontare i reparti di polizia per raggiungere l’obiettivo finale e dichiarato di
violare l’area protetta», mescolate ai cortei autorizzati e ufficialmente pacifici.
Quanto ai responsabili del Genoa social forum, coi quali lui stesso ha dialogato prima del
G8, le loro risposte sono state spesso «sfuggenti, evasive e insufficienti», al punto di
far trapelare il sospetto di doppi fini inconfessabili.
Poi comincia il fuoco delle domande, e quando tocca a Graziella Mascia, di Rifondazione,
si capisce che il suo sospetto è esattamente opposto: quello che è avvenuto, dice, «non
è affatto casuale», e se qualcuno cercava lo scontro - a parte i Black Bloc - va cercato
all’interno delle istituzioni. Le questioni sono tante, e vanno dalla perquisizione
alla «Diaz» ai contatti radio tra forze dell’ordine, da chi accusa i neofascisti di
Forza Nuova a chi se la prende con i Centri sociali, tanto che a un certo momento
interviene Luciano Violante: «Forse è meglio che lei spieghi qual è il ruolo del capo
della polizia, perché forse non tutti qui ne sono al corrente».
De Gennaro riempie 42 pagine di appunti, e dopo una breve pausa, si ripresenta in aula
battagliero: «Signor presidente, dovrò leggere un po’ di carte...». Ha con sé
decine di relazioni di servizio firmate da chi guidava i poliziotti nelle strade di
Genova, e comincia a snocciolare di «scriventi» costretti a fronteggiare «bande di
facinorosi ed esagitati» che assaltavano in più punti la zona protetta dove le
delegazioni degli otto Paesi lavoravano senza nemmeno accorgersi che intorno a loro la
città stava bruciando. «Questo per dire che le aggressioni alla zona rossa non erano poi
così virtuali», sottolinea il capo della polizia.
Considerazioni che il centrodestra non ha difficoltà ad accettare, mentre nel
centrosinistra si fatica un po’. «Ci sono centinaia di foto dei pestaggi di
cittadini inermi!», lo interrompe il verde Boato, e De Gennaro ribatte: «Certamente
abbiamo assistito a episodi e comportamenti che saranno individuati e perseguiti, ma
vorrei esaminare tutte le immagini e contare gli episodi; ho l’impressione che
abbiamo visto sempre le stesse». In ogni caso - aggiunge - «non dico che da parte nostra
non ci siano preoccupazioni; dobbiamo adeguarci per il futuro e imparare a distinguere
meglio i violenti dai non-violenti, garantendo il diritto di manifestare pacificamente».
Con questa precisazione è soddisfatto anche il diessino Soda, inquieto per la tendenza a
caricare i manifestanti della responsabilità di isolare «sfasciavetrine» e Black Bloc.
E perfino i deputati di An, che sembravano i più determinati a metterlo in difficoltà,
si ritirano parzialmente accontentati. Ma ora è dal governo che, con le nomine dei
successori dei prefetti rimossi a causa del G8, deve arrivare il giudizio che conta per il
futuro del capo della polizia.
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Giovanni
Bianconi |
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