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Ballata Per
GIOVANNI ARDIZZONE

a Victor Hugo Pares Lores

La sera scendeva su Milano
e non finiva, non finiva
quella voce immensa, quel sospiro,
quel gesto di pugni alzati,
quel rosso navigare di bandiere,
quel volo di colombe, finchè l'urlo,
come l'inarrestabile marea,
si alzò al cielo, e il silenzio,
il silenzio improvviso della morte
penetrò negli occhi e nei cervelli
e un torrente di lacrime
e di rabbia sommerse la città.
E un nome, un nome di giovane uomo,
comunista, silenzioso straripò
e tutti noi con le labbra
e con il cuore lo gridammo:
Giovanni. Giovanni Ardizzone
era quel nome, un nome
d'un qualsiasi ragazzo
che alzava una bandiera
con la stella solitaria,
un nome di studente, un combattente
per la libertà d'un popolo lontano
ma a noi così vicino
al cuore ed alla mente.
Un nome che ora vedo
scritto in un giardino di palme
in un lucido mattino della primavera
tropicale, un nome accanto
a un altro nome, un giovane cubano,
un miliziano, caduto una mattina
azzurra e calda come questa.
Ora, amico mio, in questo tempo
la rabbia mi basta e la memoria,
tu che mi dici cosa fu questo giardino,
cosa fu questa casa nell'ottanta,
cosa vide questo prato, cosa videro
le palme, tu che mi mostri le foto
d'una massa di uomini e di donne,
di ragazzi e di ragazze che serrati
marciano sul malecón, nell'aria vibrante
dell'oceano tu, amico, che mi dici,
anche per lui, per loro, per quei nomi,
abbiamo fatto tutto questo.
Non rispondo: delle cose
che ho imparato dalla vita
una ho capito, definitivamente,
che un gesto, un silenzio
valgono più delle parole.
E la mano che ti tendo, amico,
non è solo la mia, è la mano
d'un ragazzo che una sera di Milano
alzava una bandiera, la tua,
la nostra, amico.


Gian Luigi Nespoli

L'Avana, 30 marzo 1996