DANIELE BARBIERI,
sulla carica della polizia alla manifestazione antifascista di
sabato a Bologna.
Sabato pomeriggio,
quando la polizia ha caricato, ero fra quelli che piangevano.
Mi piacerebbe dire, forzando un poco la verità, che ruscellavo
dagli occhi non solo per i lacrimogeni ma perché immaginavo quello
che sarebbe successo dopo, cioè come i massmedia avrebbero raccontato
l'aggressione poliziesca.
Facendo da molti anni il giornalista, so che tanti articoli (non
solo i commenti o i "coccodrilli") vengono scritti prima degli
eventi; poi, quando arrivano i fatti e/o le testimonianze, si
tratta solo di cercare lì in mezzo quel che serve alla tesi da
dimostrare. Si adattano vecchie frasi, etichette e trame all'oggi
e, naturalmente, si scarta il resto (anche foto, interviste, filmati
che in teoria sono "carte forti" da giocare).
Così è stato sabato: a ognuno il suo ruolo, per cui "Carlino"
e "Unità", con toni diversi, spiegavano che la colpa era degli
autonomi, "La repubblica" faceva il pesce in barile, i tg giocavano
con il rallentatore o il fermo-immagine.
Eppure io e Vitaliano Della Sala (un "collega" e un prete) siamo
andati dai giornalisti a raccontare ciò che avevamo visto; anche
altri e altre, credo, lo avranno fatto. Ma di tutto ciò si son
perdute le tracce; immagino perché esse costituiscono una variazione
della trama classica, degli articoli che molti giornalisti avevano
già scritto. Qui trovate la mia testimonianza, che è volutamente
breve, e separa fatti e impressioni. A qualcuno interessa?
Bologna 13 maggio:
una testimonianza
Il corteo è fermo. Si discute, si contratta, come spesso accade.
Il clima è relativamente tranquillo. Dalla testa dei manifestanti
si ripete con l'altoparlante che il corteo vuole essere pacifico,
che nessuno è lì per recare danni alla città, si invita ad alzare
le mani per esprimere questa volontà e confermare che non ci sono
strumenti d'offesa (è difficile credere che quella sorta di canotto
gommoso in testa alla sfilata possa servire ad altro che a parare
colpi). Allo scoperto, proprio in mezzo fra i manifestanti e la
polizia c'è un gruppo di persone, anche loro con le mani alzate.
Ci sono anch'io e mi trovo dunque (come don Vitaliano della Sala,
accanto a me) nella posizione migliore per vedere. Alcuni poliziotti
dicono che faranno passare il corteo; infatti i celerini e i furgoni
si spostano di lato. La notizia è accolta con gioia dai manifestanti
che iniziano a muoversi lentamente. A quel punto da dietro i poliziotti
esce un uomo con la fascia tricolore che urla "Il corteo non è
autorizzato, avanti caricate".
Difficile sentire e ricordare le parole precise di quel "signore
tricolorato" ma i fatti sono inequivocabili: la polizia carica
a freddo, in modo molto violento.
E infatti, nella confusione che segue, scorgo i lacrimogeni partire
quasi subito; non vedo allora e non vedrò per tutto il pomeriggio
alcuna molotov.
Vedo persone inermi e già a terra picchiate. (Più tardi anche
il fotografo Nicola Fossella mostrerà ferite e lividi ai giornalisti).
Dal gruppo di poliziotti in prima fila, uno dei quali ha portato
via il cellulare alla giornalista di Radio Città del Capo, si
sparano lacrimogeni ad altezza d'uomo. Ne conto almeno quattro.
Poco dopo, quando alcuni manifestanti reagiscono e cercano di
riformare il corteo, i blindati saranno lanciati contro di loro.
Mi sembrano fatti gravi. Li ho raccontati in poche frasi, mi pare
non servano particolari commenti. E' opportuno e onesto aggiungere
qualcos'altro, non un fatto ma un'impressione. Prima delle cariche
sono passato in mezzo a quei poliziotti: tutti (o quasi) erano
sovraeccitati e urlavano. Nella mia lunga esperienza ho preso
parte (anche come giornalista) a molte manifestazioni, talora
violente. Ricordo di avere visto solo un'altra volta un gruppo
di poliziotti così "gasato" prima (e sottolineo il prima) degli
scontri. Può darsi che fossero sotto effetto di amfetamine? Anni
fa alcuni poliziotti ed ex poliziotti spiegarono che era una prassi
a volte usata, giustificata con la stanchezza e i lunghi turni.
Chissà se esistono filmati che possono mostrare ad altri i gesti
e le urla da cui ho ricavato quest'impressione.
Daniele Barbieri
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