La Stampa
CHI SONO I NEOFASCISTI
Tensione e cariche al raduno degli «amici» di Haider
Pierangelo Sapegno
inviato a BOLOGNA
Questa città divisa in due era da una vita che non la si vedeva,
dalla strage della stazione, agosto 1980. Bologna ieri è tornata
indietro di vent’anni, gli estremisti di destra da una parte e
quelli di sinistra dall’altra. Nessuna guerriglia. Solo due cariche
della polizia, e qualche ferito. Ma tensione tantissima, per tutto
il giorno, e una città blindata, ostaggio della violenza, prigioniera
di schieramenti opposti e delle forze di polizia che la occupavano
come un campo di battaglia. C’era chi non l’aveva mai vista così,
la placida Bologna, negli ultimi vent’anni, offesa da questo silenzio
e sprangata da questa imbecillità.
Disordini annunciati. Forza Nuova, movimento di estrema destra,
aveva indetto qui la sua manifestazione nazionale: comizio di
Roberto Fiore al Baraccano, corteo e festa in discoteca a Granarolo
per la sera. Il corteo non c’è. Il comizio dura 5 minuti: «Il
vento di Haider comincia a soffiare anche in Italia». Contromanifestazione
dei centri sociali «per impedire l’occupazione fascista della
città». Corteo vietato, e finisce a manganellate. L’occupazione
c’è già stata: Bologna è presidiata come un campo di battaglia
dalle forze dell’ordine, tradita, occupata, incupita. Terrà questo
clima fino al buio della notte, quando gruppetti di estrema destra
danno la caccia ad autonomi isolati. Ci riescono una volta, ma
vengono messi in fuga dalla polizia: un fermo. Sembra di essere
allo stadio, altro luogo consacrato alla violenza: da una parte
carabinieri e poliziotti in assetto da guerra, dall’altra teste
rapate con i berrettini degli ultras Lazio e le magliette dell’Hellas
Verona. Negli stadi, però, carabinieri e poliziotti le prendono
solo: guai a toccare i tifosi dementi.
Qui è diverso. Adesso Bologna si tiene l’odore dei lacrimogeni,
le urla di paura e di violenza. C’è chi ha visto un cellulare
passare sopra una ragazza stesa per terra: forse le ha rotto una
gamba. Qualche manganellata degli agenti, qualche sasso dei manifestanti,
dopo la carica, però. Le ambulanze portano via due agenti in barella.
Alla fine, bidoni dell’immondizia rovesciati, l’odore acre dei
lacrimogeni, la nobile via Farini ridotta a un campo di battaglia,
le vetrine di Zanarini in frantumi, qualche ferito sulla strada.
Un fermo fra gli autonomi. Per un giorno, Bologna è tornata indietro
negli anni bui. Da una parte 200 militanti di Forza Nuova, estrema
destra, tutti in camicia azzurra, arrivati soprattutto da Roma
e Verona, asserragliati a piazza del Baraccano. Dall’altra, quelli
dei centri sociali, estrema sinistra, che vogliono marciare contro
da piazza Maggiore. Sono quasi tutti veneti e bolognesi. All’incrocio
tra via Farini e via Castiglione, prima carica della polizia,
mentre i leader dei centri sociali stanno trattando con gli uomini
della Digos e la testa del corteo avanza con le mani levate in
alto. Il dottor Della Rocca, questore vicario di Bologna, intima
all’improvviso: «In nome della legge, questa è una manifestazione
non autorizzata. Sgomberate». Subito dopo parte la carica. Inattesa.
Lacrimogeni ad altezza d’uomo. Gran polverone, urla, botte. Una
ragazza con la gamba rotta. Donna anziana che strepita: «Che hanno
fatto questi ragazzi? Siete matti». Due poliziotti contusi. Nicola
Fossella, fotografo di Padova, manganellato di santa ragione:
«Ero sotto un portico, ho alzato le braccia e ho mostrato le macchine
fotografiche per far capire chi ero, ma sono stato aggredito e
colpito. Ne ho contati 5 o 6 tra quelli che mi hanno manganellato.
Mi hanno distrutto una delle macchine fotografiche a calci». Don
Vitaliano della Sala, prete di Sant’Angelo a Scala, provincia
di Avellino: «La polizia ci aveva detto che potevamo avanzare.
Stavamo con le mani alzate».
Vero: però dietro stavano anche con gli elmetti in testa. «E’
uscito uno e ha urlato di caricare. Io non lo so, mi è sembrata
una violenza spropositata». Vero: però, qualcuno aveva già rotto
una vetrina di Zanarini. Altro testimone: «Uno con la fascia tricolore
al petto urlava: massacrateli tutti, massacrateli». Vero. Però,
è anche molto difficile che ordinando una carica si possa gridare
«non fategli male, andate piano».
Dall’altra parte, al Baraccano, Roberto Fiore: «Camerati, la nostra
vittoria è già qui, per il fatto che siamo su questo suolo bolognese,
per cinquant’anni patria dei comunisti italiani». Passano i bus
e li caricano in fretta per portarli a Granarolo. La festa continua.
Adesso aspettiamoci le polemiche.
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