APPELLO CONTRO LA COSTRUZIONE DI UN CENTRO DI DETENZIONE TEMPORANEO PER IMMIGRATI SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO
Dopo mesi di silenzio, nei quali il progetto sembrava essere stato accantonato, autorevoli rappresentanti politici e istituzionali sono tornati a sostenere la necessità di dotare la provincia di Brescia di un "centro di permanenza temporanea e assistenza", quale unica soluzione idonea a fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina.
Al di là della denominazione eufemistica datane dalla legge, i centri sono veri e propri luoghi di detenzione, dove vengono trattenuti fino a un mese gli immigrati che devono essere identificati o muniti di un documento di viaggio, in attesa di essere espulsi dal territorio dello Stato.
Uomini e donne, che non hanno commesso alcun reato, possono quindi essere privati della loro libertà personale con un provvedimento amministrativo, e rinchiusi in strutture che in poco differiscono da una prigione; unica loro colpa è quella di essere venuti in Italia per cercare condizioni di vita dignitose, fuggendo dallo sfruttamento economico, dalla povertà e/o dall’oppressione politica che subiscono nei loro paesi di provenienza.
I centri di detenzione sono luoghi in cui i diritti fondamentali della persona restano sospesi: alla privazione della libertà personale si sommano condizioni di trattenimento non compatibili con la dignità della persona, ostacoli all’esercizio del diritto di difesa, difficoltà a incontrare familiari, conoscenti, od operatori dell’associazionismo antirazzista, che per poter accedere ai centri devono essere previamente autorizzati dal Prefetto.
Queste gravi violazioni di diritti inalienabili della persona vengono giustificate dalla necessità di rendere effettivi i provvedimenti di espulsione, per contenere il fenomeno dell’immigrazione clandestina, proposto come il più grave dei problemi che affliggono la nostra società.
Non concordiamo con una siffatta impostazione, nelle sue premesse come nella soluzione individuata.
Il fenomeno migratorio non può e non deve essere ricondotto a una questione di ordine pubblico e di sicurezza del cittadino, anche se campagne mediatiche e operazioni di sciacallaggio politico diffondono tra la collettività un comune sentire, che peraltro non trova riscontro né nei dati statistici che non segnalano un incremento dei reati della cosiddetta microcriminalità, né in quelli sulle percentuali di reati commessi dagli stranieri. E’ inaccettabile che, a fronte di episodi criminosi ben circoscritti, intere comunità di immigrati vengano criminalizzate da forze politiche xenofobe e da un modo a volte sensazionalistico di fare informazione da parte dei media. L’errata equazione per cui clandestino è uguale a criminale, o comunque potenzialmente tale, costituisce il supporto teorico che giustifica l’istituzione dei centri di detenzione.
Ma queste strutture rivelano poi la loro assoluta inutilità a proporsi come strumento idoneo a contenere la clandestinità. Le città in cui simili centri sono stati istituiti non per questo hanno visto diminuire le presenze di stranieri irregolari: i centri di detenzione non dispiegano quindi alcuna efficacia deterrente di fronte alla clandestinità. E ancora parlano i dati forniti dallo stesso ministero dell’interno: nel 1999 sono passati dagli undici centri esistenti 8847 immigrati, solo 3843 dei quali, dopo il periodo di trattenimento, sono stati effettivamente espulsi. Tutti gli altri hanno dovuto essere rilasciati, o per essere stati trattenuti al di fuori dei casi previsti dalla legge, o perché nel periodo di trenta giorni non si è proceduto alla loro compiuta identificazione e quindi non si è potuto dar esecuzione all’espulsione. Solo il 44% per cento degli immigrati entrati nei centri di detenzione, quindi, sono poi stati effettivamente espulsi, ciò che rivela l’inadeguatezza dei centri anche ad essere efficace strumento che agevoli l’esecuzione dei provvedimenti di espulsione.
La clandestinità è una condizione subita da molti e voluta da pochi, che va combattuta, ma con strumenti ben diversi da quelli repressivi. Essa, infatti, è sinonimo di sfruttamento e di privazione di diritti per i migranti, costretti all’irregolarità da norme che tentano invano di governare rigidamente un fenomeno epocale come quello delle migrazioni. Le norme che regolano l’immigrazione sono tali da sospingere con estrema facilità dalla condizione di regolare a quella di irregolare, con le diverse tipologie di revoca o di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno, ma non prevede la possibilità del percorso inverso. E’ invece necessario che si pongano in essere meccanismi permanenti, che agevolino il passaggio da una condizione di irregolarità a una di regolarità, prevedendo la possibilità di concessione del permesso di soggiorno agli stranieri presenti in Italia, che abbiano la disponibilità di un’attività lavorativa. In questo modo decine di migliaia di uomini e donne potranno essere sottratti ogni anno allo sfruttamento del lavoro nero, del mercato degli affitti a condizioni usurarie, al rischio di cadere per mancanza di alternative nelle maglie della microcriminalità; il lavoro, cardine della Costituzione repubblicana, deve essere la strada maestra della regolarizzazione di un clandestino.
In conclusione, i centri di detenzione rappresentano strutture indegne di un ordinamento giuridico civile, per lo più inutili allo scopo per cui vengono istituiti. Per queste ragioni chiediamo a tutte le competenti Autorità di accantonare definitivamente il progetto di istituzione di uno di questi centri nella provincia di Brescia: nessun essere umano per definizione è illegale, ed è inaccettabile la sua privazione della libertà non motivata dalla commissione di un reato.
Tutte le energie devono invece essere indirizzate a favorire l’inserimento dei migranti, a creare una comunità solidale, libera dai pregiudizi e dalla paura per chi è diverso per etnia, per religione, per colore della pelle. Le richieste di una vita sicura e dignitosa sono comuni a tutti, nativi e immigrati; soddisfarle senza promuovere crociate e persecuzioni è un imperativo della civiltà.
PER ADESIONI: FAX 030-3771921
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ELENCO DELLE ADESIONI (IN ORDINE ALFABETICO)