NOTA PROGRAMMATICA.
Sulla base dell’Assemblea romana del 15 e 16 gennaio scorsi, un gruppo di cittadini liguri ha steso una nota programmatica da sottoporre alle forze di opposizione in vista delle elezioni regionali del prossimo aprile. E ha dato vita a una sorta di “Camera di consultazione” permanente, strumento di confronto e discussione di istanze di base, garante della pluralità di posizioni esistenti al suo interno.
Tali punti programmatici discendono sostanzialmente:
- dal rifiuto della logica aberrante della guerra, ancor più nella attuale versione di guerra preventiva a tutto ciò che non rientra negli schemi dei paesi e delle economie dominanti. L’apprezzamento per la decisione dell’opposizione di votare contro il rifinanziamento della missione militare italiana, che da sempre configura un intervento di guerra in aperta violazione dell’articolo 11 della Costituzione, ci fa chiedere a gran voce che questa linea venga apertamente sostenuta anche nel corso della campagna elettorale regionale. A questo proposito si richiedono espliciti pronunciamenti, e coerenti comportamenti, contro il commercio delle armi e per una riconversione dell’industria bellica presente in regione. La scelta di dissociarsi dalla logica aberrante della guerra preventiva è stata fatta propria dalle principali democrazie dell’Europa continentale. E’ in questo contesto che occorre agire, perché è difficile attuare con efficacia politiche a livello locale se a livello internazionale la direzione di marcia è opposta. Occorre agire e pensare contemporaneamente a livello locale e globale. Il processo di costruzione democratica dell'Europa rappresenta una delle fondamentali opportunità per la comunità locale ed internazionale. E' in questo contesto e non in quello del federalismo previsto dalle modifiche in corso alla Costituzione che riprende vigore il riferimento a Regioni e a Comuni, in una prospettiva cioè di Europa federale, unita, autonoma, solidale.
- dalla esigenza di difendere la democrazia, messa in discussione dai furiosi attacchi della destra alla Costituzione, alla coscienza antifascista del paese, alla memoria e alla storia. In particolare si richiede di non dimenticare ciò che è successo a Genova nel luglio 2001, le responsabilità di ministri e alti dirigenti delle forze dell’ordine, riconfermando l’impegno per fare piena luce con una Commissione parlamentare d’inchiesta.
- dalla scelta della contrapposizione radicale e non violenta al neoliberismo. Assolutizzare e santificare la logica del profitto e dell’arricchimento, cammuffandoli per sviluppo, ha prodotto infatti conseguenze drammatiche. Per l’ambiente. Il pianeta non puo' sostenere a lungo una continua crescita produttiva con l'inevitabile corollario di inquinamento e devastazione ambientale e delle risorse; occorre andare verso il riequilibrio: i ricchi del mondo devono consumare e produrre di meno e l'intero pianeta deve trovare un modello economico basato sull’armonia e l’equilibrio e su forme nuove di solidarietà. Fare dei temi ambientali una priorità delle nostre scelte programmatiche significa rileggere criticamente la nostra storia e in particolare le nostre categorie e le nostre stesse forme (usurate) di rappresentanza. Si tratta di assumere l'idea dell'immateriale, una ricchezza cui tendere che non è fatta di cemento, asfalto, plastiche, ma servizi, informazione, cultura, produzioni limitate in peso ma alte in valore, e progettare uno scenario economico che renda massimo l'uso delle risorse rinnovabili e minimo il consumo di quelle non rinnovabili, perfettamente compatibili con la storia, la cultura e la forma del nostro territorio. Per il lavoro. La legge 30 ha generalizzato la precarietà, che colpisce in primo luogo i giovani, ma anche figure professionali consolidate. Lungi dall’essere uno strumento di piena occupazione è divenuto strumento di brutta e povera occupazione, consegnando il potere decisionale esclusivamente in mano all´impresa che ne fa abuso per meglio adattarsi all´andamento del ciclo economico. Per la vivibilità del territorio. Per la socialità. Per i servizi in generale, e soprattutto quando sono a tutela dei deboli.
La bozza programmatica:
AMBIENTE.
Una programmazione di medio-lungo periodo che persegua, pur con la necessaria gradualità, l'obiettivo "Rifiuto Zero". Ogni bene prodotto deve essere riusabile e riciclabile e avere la sua storia sin dalla progettazione. Si può rendere allora produttivo il progetto di raccolta differenziata spinta che, sul lungo periodo, diviene circuito virtuoso, mentre nella logica dell’incenerimento rischia di essere inutile se non antieconomica, con il grande rischio inquinamento che la combustione della spazzatura tal quale comporta, cioè l'emissione di enormi quantità di aria inquinata contenenti 250 diverse sostanze cancerogene e mutagene. La chiave di volta del percorso è la riduzione del bene rifiuto, colpendo gli interessi della lobby degli "inceneritoristi" che hanno tutto l'interesse a che il mercato mantenga le sue dinamiche attuali, visto che il vero business sta nel far produrre sempre più rifiuti, per poterne smaltire il maggior numero possibile.
La Liguria, tra tutte le regioni italiane, si trova agli ultimi posti per quanto riguarda la raccolta differenziata e il compostaggio. Sono infatti praticamente inesistenti le politiche di incentivazione del compostaggio domestico come pure le piattaforme per il trattamento dei materiali riciclabili e per il recupero di materiali utili da elettrodomestici e strumenti informatici.
Perché la Liguria diventi regione capofila di politiche innovative per la riduzione alla fonte dei materiali post consumo, per la percentuale e la qualità del materiale riciclato, per la qualità ambientale realizzata con la chiusura del ciclo della gestione dei materiali post consumo, occorrono:
l’aggiornamento del Piano Regionale dei Rifiuti con linee guide idonee a raggiungere, in cinque anni, il 50% di riciclaggio come media regionale;
norme ed incentivi per i Comuni che riescono a realizzare la riduzione della produzione procapite dei MPC, individuando specifici incentivi per forme spinte di riuso e riciclaggio nelle aree di pregio della Regione, in particolare nei parchi nazionali e ragionali;
nei primi tre mesi della nuova legislatura, approvare una legge regionale che definisca per tutti i Comuni che non sono riusciti a raggiungere la quota minima di raccolta differenziata del 35% una eco-tassa il cui ricavato sia integralmente devoluto a finanziare iniziative pilota di raccolta porta a porta, compostaggio domestico, realizzazione di attività produttive basate sul riciclo-riuso dei MPC raccolti in modo differenziato;
promuovere la realizzazione sul territorio regionale di attività produttive basate sull'utilizzo di MPC raccolti in modo differenziato e incentivare la produzione di compost di qualità e il suo uso presso le attività floro-vivaistiche e le coltivazioni pregiate liguri;
il finanziamento di uno studio pilota per la bonifica "in situ" delle discariche liguri, a cominciare da quella di Scarpino, con l'obiettivo di accelerare la mineralizzazione della frazione organica putrescibile e di rendere gli eluati compatibili con i corpi recettori;
progettare e realizzare una nuova via di accesso alla discarica di Scarpino che eviti l'attraversamento dell'abitato.
A livello regionale provvedimenti per facilitare lo smaltimento: obbligo per tutte le strutture pubbliche del recupero della carta e del conferimento separato dai rimanenti rifiuti; obbligo per tutti i mercati, i mercati rionali, gli iper, i grandi complessi che producono e/o somministrano alimenti (mense, scuole, ospedali, ristoranti, ecc.) di separare i rifiuti alimentari dagli altri; obbligo per bar e circoli di separare il vetro e le lattine di alluminio; allestimento di mini isole ecologiche per la raccolta differenziata fatta dalle famiglie; istituzione di un consiglio permanente per la riduzione e il riutilizzo del rifiuto che veda la partecipazione delle rappresentanze degli enti locali, dell’università e delle associazioni imprenditoriali; iniziative per una legge che ponga a carico dei produttori (o degli importatori) l’onere dello smaltimento dei rifiuti prodotti - se non sono prevalentemente realizzati con materiali riciclabili e/o per determinati prodotti ingombranti (elettrodomstici, autoveicoli ecc.).
Inoltre, per garantire la buona vivibilità del territorio bisogna: 1) assicurare il blocco delle speculazioni edilizie, in atto sia nei comuni turistici che nelle più belle valli liguri e che continuano a deturpare il paesaggio; 2) affrontare con una opportuna politica delle case di proprietà pubbliche la piaga degli sfratti e i disagi delle famiglie degli sfrattati; 3) mettere un freno allo sperpero di acqua potabile attraverso una organica manutenzione delle attuali reti idriche; 4) eseguire con sistematicità e criteri di programmazione la manutenzione dei boschi, condizione fondamentale per combattere la piaga degli incendi boschivi.
Sono necessari interventi sul traffico (con particolare riguardo al traffico merci responsabile del 60% delle emissioni), per rientrare nei limiti di legge (italiana ed europea) con una consistente limitazione del traffico e tasse aggiuntive su seconde, terze, quarte macchine che andrebbero a finanziare interventi di mobilità sostenibile. Un conseguente piano di trasporto pubblico regionale. La Legge finanziaria non ha previsto per questo anno alcun contributo per l'acquisto dei nuovi bus meno inquinanti, la legge 211/92 sul trasporto rapido di massa ha esaurito già dal 2000 i suoi fondi e non è stata rifinanziata e la Regione Liguria, oltre a non corrispondere quanto previsto dalla legge per i servizi minimi (65% dei costi) ha addirittura diminuito i finanziamenti dell'1% tra il 96 e il 2004. Occorre riprendere la proposta di introdurre un'accisa regionale sulla benzina o una tassa di scopo per finanziare il servizio pubblico invece di privatizzarlo.
La restituzione del mare alla città deve avvenire con interventi di gestione del waterfront per permetterne un uso pubblico gratuito. Interventi sul ciclo di depurazione delle acque con vincoli per i comuni inadempienti e piano delle coste che blocchi ogni ulteriore cementificazione del litorale. Nasce anche da qui la nostra esplicita contrarietà all’Isola del petrochimico e del porto petroli a Sampierdarena. E’ ovvio che si ritiene importante per Genova la dismissione del petrochimico, ma ci si oppone alla concentrazione in porto a Sampierdarena dato l’evidente rischio ambientale e le già notevoli servitù che inquinano pesantemente l'aria della zona. La costruzione dell'isola dovrebbe essere funzionale allo sviluppo dell'area portuale e alle attività marittime. In realtà potrebbe essere addirittura di ostacolo a future diverse destinazioni se venisse utilizzata per gli scopi oggi individuati.
TURISMO.
L’offerta turistica va riqualificata nel suo insieme: strutture ricettive, cultura, divertimento, ambiente. Coordinare diversi elementi per facilitare la fruizione razionale dei territori, attraverso convenzioni con i mezzi di trasporto, musei, strutture sportive e ricreative. Sviluppare politiche dei prezzi, promozioni e incentivazioni atte a dilatare l’alta stagione o comunque a garantire maggiori presenze anche in media e bassa stagione. Controlli di qualità a tutela dei consumatori, valorizzazione delle piccole strutture a conduzione familiare, coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati in un progetto di rinnovamento dell’accoglienza, reclamizzazione del prodotto Liguria con informazioni chiare sul mercato locale, nazionale e internazionale.
INFRASTRUTTURE.
Nuova valutazione dei piani autostradali e ferroviari regionali, a partire dalle opere che la regione ha proposto d’intesa con il governo nella cosiddetta ‘legge obiettivo’. Ciò dovrà avvenire in un confronto aperto con le popolazioni interessate e con un’attenta valutazione dei costi-benefici sia in termini ambientali che economici, e in direzione dell'incremento del trasporto pubblico e su ferro dei passeggeri e delle merci.
PORTUALITA’.
Iniziative contro il Testo Unificato del Senato di riforma della legislazione in materia portuale che limita i poteri delle amministrazioni locali nella approvazione dei piani regolatori portuali, consente i dragaggi anche indipendentemente dalla bonifica, aumenta il numero dei rappresentanti delle categorie economiche nel comitato portuale ma non consente la presenza dei cittadini o delle loro associazioni neppure nel comitato consultivo. Anche la revisione dei PRP dovrà essere subordinata all'attuazione di quelli esistenti e sottoposta alla previa valutazione dei cittadini e delle assemblee elettive.
EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA.
La fine dei contributi GESCAL ha interrotto il modo ordinario di finanziamento della ERP affidando gli interventi a programmi straordinari come i contratti di quartiere e simili. Parallelamente, l'attenzione della Regione e delle amministrazioni locali si è sempre più spostata sui centri storici e sulla dismissione del patrimonio pubblico, considerato un costo improduttivo. L'aumento dei prezzi delle case e degli affitti ed i non risolti problemi dei quartieri popolari richiedono una inversione di tendenza ed il varo di specifici programmi regionali diretti al recupero ed alla riqualificazione delle periferie.
ENERGIE RINNOVABILI.
Rientra nelle competenze regionali l'incentivazione nell'utilizzo delle fonti rinnovabili di energia che, pur senza escludere la ristrutturazione delle case (guadagno stimato 60% a casa), dovrà partire dai grandi complessi di proprietà pubblica (case, edifici pubblici, impianti sportivi). Essi dovranno essere riconvertiti (obbligatoriamente progettati nel caso di nuove costruzioni) secondo i criteri del risparmio energetico e della bioarchitettura.
BENI COMUNI.
Sostanziale è l’assunzione del criterio della responsabilità collettiva di un bene comune. I beni comuni, a parte l'aria e il sole, non sono accessibili di per sé: se si vuole avere una scuola, bisogna prima costruirla;.se si vuole avere l’acqua, dobbiamo andare a cercarla nelle fonti. I beni comuni sono costruiti, sono storicamente costruiti e questo contrariamente alla naturalità del concetto del bene comune. E se anche i beni detti naturali sono costruiti, è qui che interviene la responsabilità collettiva. Non sta solo a me andare al pozzo per prendere l'acqua, è una responsabilità collettiva. E’ questo il motivo per cui non può essere affidata alla responsabilità dei privati, che operano e agiscono sempre in termini di scambio e di profitto. La responsabilità collettiva deve essere assunta dallo Stato, dalla collettività e dai cittadini.
Altrettanto sostanziali sono l'integrazione delle funzioni e la proprietà del bene, che devono essere collettive così come la sua gestione, e il controllo politico. Su questo punto, la sinistra, noi, negli ultimi quindici anni, ci siamo sbagliati, perché abbiamo creduto di poter separare la proprietà dei beni comuni dalla loro gestione, acconsentendo che quest'ultima venisse privatizzata. La partecipazione dei cittadini è l'elemento determinante del bene comune; quando non c’è, si ha allora il bene privato. La stessa ‘cittadinanza’ va considerata un bene comune. La risposta alla crisi del liberismo, che porta all’estremo la sua economia di rapina senza più preoccuparsi della riproducibilità delle risorse, deve partire dall’affermazione che “pubblico è meglio”. Occorre liberarci dalla smania delle privatizzazioni, da parole come liberalizzazione e competitività. Si tratta quindi di un’operazione che è anche culturale.
L’acqua, in particolare, è una risorsa estremamente limitata. Possederla vuole dire acquisire una posizione di dominio e di potere. Oggi l’accesso ad essa è negato a miliardi di persone, per cui privatizzare il servizio idrico e far pagare l’acqua in modo elevato così da garantire lauti profitti alle società di esercizio vuole dire costringere le persone più povere a indebitarsi sempre di più oltre a non garantire un equo accesso ad essa. Non bisogna inoltre dimenticare la dimensione internazionale della difesa dei beni comuni, pensando ai diritti dei popoli indigeni sulle loro risorse. Occorre contrastare in tutte le sedi internazionali la privatizzazione ed impegnarsi affinché venga impedito alle imprese del Nord del mondo di costruire le infrastrutture per poi farsi dare la concessione della loro gestione (si pensi alle ex municipalizzate come l’ACEA che competono sui mercati mondiali per la gestione delle reti idriche).
Tra i beni comuni va assolutamente ricompresa la “conoscenza”, che simbolicamente gli Egizi rappresentavano come un otre pieno proprio di acqua al quale l’uomo si abbevera per apprendere. Riguardo alla proprietà intellettuale, occorre modificare la logica attuale che vuole privatizzare tutto, dal copyright all’informazione/comunicazione, ai brevetti sul vivente.
LAVORO.
In vista della cancellazione della legge 30, il programma regionale dovrà prevedere ciò che già oggi altre regioni governate dal centrosinistra fanno o propongono. In particolare, i provvedimenti dovranno avere come bussola il lavoro a tempo indeterminato.
Tra i punti qualificanti dell’intervento regionale si individuano:
1) il rafforzamento dei servizi pubblici per l'impiego;
2) la costituzione di un fondo regionale per incentivare in tempi brevi la trasformazione di contratti atipici in contratti a tempo indeterminato;
3) il rifiuto di tavoli bilaterali concertativi (ai quali la Cgil nazionale si dichiara indisponibile) che escludano i lavoratori dalle scelte;
4) la regolazione dell’accesso alle gare di appalto pubbliche esclusivamente alle aziende che applichino le clausole sociali di salvaguardia (sicurezza, previdenza, rispetto CCNL);
5) la creazione di una normativa regionale sugli appalti che raccolga le sparse leggi vigenti e che implementi le tutele per la sicurezza nei posti di lavoro e preveda sanzioni per le imprese inadempienti ed il divieto di accesso ai finanziamenti, con forme di controllo adeguate;
6) l'aumento degli ammortizzatori sociali e l'estensione dei diritti ai disabili con gravi difficoltà di inserimento nei luoghi di lavoro.
Una soluzione alla precarietà che coinvolge molti giovani può venire dalla introduzione di un salario sociale la cui erogazione sia legata allo svolgimento di attività formativa o a carattere sociale purchè non sostitutiva di figure lavorative esistenti, che decade al momento di una assunzione a tempo indeterminato e torni ad essere esigibile in caso di interruzione del rapporto di lavoro. A livello regionale dovranno essere assicurati un pacchetto di servizi quali: l'accesso gratutito al servizio sanitario pubblico; l'abbattimento delle tariffe sul trasporto urbano e la riduzione del 50% su quello extraurbano; condizioni agevolate per l'accesso al credito, prestito d'onore con piani di rimborso concordati a interessi zero e fideiussione gratuita da parte dell'ente regionale; convenzioni con enti pubblici e privati per garantire la fruizione di beni culturali con riduzioni di almeno il 30% dei costi. La copertura finanziaria dovrebbe essere garantita da un prelievo fiscale finalizzato che attui un criterio di redistribuzione sociale, tanto più importante dopo anni in cui la quota di salario sul PIL è andata costantemente diminuendo a tutto vantaggio del profitto e della rendita.
SCUOLA.
La Regione deve in primo luogo garantire pari opportunità per i giovani studenti, il cui diritto allo studio è oscurato dai dispositivi della legge 53 che tra l’altro impone percorsi differenziati sin dall’età di 13 anni tra un redivivo avviamento al lavoro e la continuazione degli studi, una precoce ed anacronistica divisione di canali formativi, cosa che è socialmente inaccettabile e pedagogicamente sbagliata. Su questo punto la Regione può fare molto, avendo con il titolo V competenze esclusive nella promozione, sostegno e organizzazione del servizio scolastico. Si dovrà realizzare nei primi cento giorni un sistema integrato dell’istruzione per una legge che sostenga il diritto allo studio (educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro) in tutti gli ordini e gradi e istituendo un buono-cancelleria e un buono-libri per ogni famiglia con bambini alle scuole dell’obbligo, da assegnare su chiari parametri di reddito familiare e sulla base del numero dei figli.
Vanno inoltre promossi interventi diretti a:
1) limitare il numero degli alunni espulsi dalla scuola;
2) garantire un’istruzione approfondita nelle materie basilari piuttosto che una conoscenza superficiale di tante materie (l’introduzione dello studio della seconda lingua straniera riducendo le ore della prima lingua sia nella scuola media che in quella superiore, appare decisamente controproducente);
3) garantire per le scuole di formazione professionale validità nazionale dei titoli rilasciati: in seguito alla firma dei protocolli d’intesa tra stato e regioni di fine 2003, ciò appare oggi estremamente difficile, a causa dei percorsi differenziati seguiti dalle singole regioni che costituirebbero un grave problema nel caso di trasferimento della famiglia dell’alunno da una regione all’altra;
4) monitorare l’utilizzo delle risorse delle istituzioni scolastiche per scongiurare la loro attribuzione a terzi;
5) consentire la formazione esterna degli alunni solo nelle imprese che rispettino i requisiti di legge;
6) aumentare le risorse a favore dei percorsi di formazione degli adulti ed estenderli alla secondaria superiore;
7) garantire un passaggio diretto dall’università al mondo del lavoro a cui gli studi universitari sono attinenti, grazie ad un maggiore coordinamento tra istituti universitari, aziende e amministrazione della Regione.
SANITA’.
Un grosso problema relativo alla salute dei cittadini deriva dalla pratica di separazione del comparto sanitario da quello sociale sia in termini di programmazione politico economica che di attuazione operativa. La tutela della salute viene circoscritta all'ambito strettamente sanitario come se farmaci e prestazioni specialistiche rispondessero in toto alle esigenze delle persone nella loro interezza, con costi elevatissimi che spesso rispondono più alle esigenze di chi fornisce farmaci o prestazioni che non al paziente stesso. Una Regione come la Liguria non può continuare a limitare il proprio intervento ad attività di integrazione tra sanitario e sociale ma deve rispondere alle esigenze complessive dei cittadini. Questo risulta evidente per gli anziani, ma ancora di più per quelle fasce di persone socialmente escluse dove il problema strettamente sanitario è causa o effetto della loro condizione (pazienti psichiatrici, alcoolisti e tossicodipendenti, ecc.).
In questa direzione occorrerebbe pensare a una consulta popolare competente nel sociale e nella sanità con il compito di:
per indicare scelte di indirizzo basate sulle esigenze dei cittadini,
per essere struttura di collegamento con politiche e attività non necessariamente connesse all'ambito sociosanitario che possono avere una ricaduta diretta su questo (ambiente, lavoro, cultura, ecc.),
per il monitoraggio delle attività e della spesa relativa alla sanità.