Lun 23.Gennaio.2006
h:18.44 Buridda @ Palestine (Report 1)
21/01/2006 - 1 GIORNO
All'areoporto di telaviv.
Gabrio Taccani
Dopo un viaggio stancante ma senza problemi arriviamo in areoporto a Telaviv. Bengurion, il nome del fondatore di israele, quello che era solito dire che se una menzogna viene ripetuta all'infinito diventa verità. Sono le tre di notte, l'aeroporto non è vuoto; è appena stato ricostruito, spazi enormi pietre di colore chiaro nessuna decorazione. Mentre andiamo verso il controllo passaporti qualcuno dice che gli ricorda lo stile fascista e qualche analogia effetivamente c'é.
Siamo in fila per il controllo dei documenti sperando di poter procedere velocemente al nostro ingresso nello stato di Israele e di andare in albergo a riposarci in vista delle giornate che ci attendono. Siamo tanti, una cinquantina. Ci chiamano uno alla volta. Qualche domanda"cosa vieni a fare in Israele; conosci qualcuno; dove alloggi" Qualcuno passa, alla maggior parte di noi vengono ritirati i documenti e senza nessuna spiegazione viene detto di attendere. Quattro persone scelte a caso vengono prese e portate in un angolo dove altri passeggeri di altri voli stanno aspettando (probabilmente da ore) sorvegliati a vista da un agente della security dell'aeroporto. Quattro persone scelte a caso ma non del tutto: io (gabrio), Andrea (Skandal), Enrico (Gogo), e cosa più assurda un signore anziano che partecipa alla nostra carovana ed è chiaramente una persona docile ed inoffensiva. Soltanto un'ora di attesa. Ogni tanto qualcuno esce ci fa delle domande. Ci prendono i biglietti e chiedono il tipo di bagaglio. Perché noi? perché abbiamo già il timbro di Israele sul passaporto. Perché noi? per nessun motivo. Sanno che siamo venuti per la cooperazione internazionale, ci faranno entrare per dimostrare che sono un paese democratico ma prima, la nostra volontà di sapere, vedere coi propri occhi, toccare con proria mano ce la faranno pagare con stancanti ore di attesa, perquisizioni umilianti, sequestri di oggetti personali (a Gogo il ciondolo che gli era stato regalato in Kurdistan), il tutto "colorato" dai loro dolci sorrisi e dal profumo intenso di acqua di colonia che i loro corpi emanano. Tutti e quattro siamo presi portati in una stanza. Ci vengono fatti svuotare i bagagli, ogni singolo oggetto é controllato. Uno ad uno veniamo portati in uno stanzino. Ogni vestito é tastato. Ti dicono di spogliarti («togliti le mutande!») poi ti chiedono perché ti sei spogliato con faccia disgustata. Svuotano portafogli, pacchetti di sigarette, spiano dentro cellulari e macchine fotografiche. Controllano le scarpe e come sempre Skandal qui da il meglio di se’. Un ultimo controllo su tutto il corpo con il metal detector e poi «rivestiti!», «rifai il bagaglio!». É davvero stancante ed umiliante. Lo è per noi che abbiamo ventánni lo é molto di più per il compagno anziano, fisicamente e moralmente. Questi agenti della security che sorridono profumano ed hanno facce pulite e gentili sono gli stessi che ogni anno prestano servizio nei territori con le divise e i fucili a tracolla. Gli stessi che fermano le persone ai check point, che stanno nascosti dietro le torrette e che quando "devono" non si fanno problemi a sparare. Su chiunque. Gli altri membri della carovana sono passati. Ci stanno aspettando dal pullman per andare in albergo ma per una buona ora e mezza non sanno nulla di noi. Altri minuti di attesa, lunghissima attesa e poi fanno passare anche noi. Solo un controllo di routine per loro. Finalmente usciamo dall'aeroporto. Sono le cinque e mezza del mattino, l'alba. La nostra entrata in Israele, la più grande democrazia del Medio oriente.....
... continua...
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