IL DISERTORE
Foglio di
collegamento della Cassa di Solidarietà Antimilitarista
N. 24 - Dicembre
’99/Luglio 2000
***
Sommario:
- Scusate il ritardo
- Assemblea aperta della Cassa di
solidarietà antimilitarista
- Un mondo in divisa
- Nonsottomessi: notizie e nuove
dichiarazioni
- Germania: processi
- Repressione: ancora "effetti
collaterali"
- Barcellona: un’altro "benvenuto"
per un'altra parata
- Brevi
- Bilancio e recapito della Cassa di
Solidarietà Antimilitarista
***
Riscusate il ritardo (e due!)
Ancora una volta arriviamo con un mostruoso
ritardo.
Le ragioni sono ancora le stesse: impegni e
casini vari per noi redattori, e scarso materiale pervenutoci.
Sarà necessario al più presto un incontro,
del quale vedremo di farci promotori, per discutere sia delle novità in tema di
esercito professionale, sia del presente e del futuro della Cassa di
solidarietà antimilitarista e del suo bollettino. Potete comunicarci fin da ora
se la cosa vi interessa.
A presto (si spera!).
***
ASSEMBLEA APERTA
della Cassa di Solidarietà Antimilitarista
La Cassa di Solidarietà antimilitarista
propone per Domenica 24 settembre presso la Cascina autogestita Torchiera, a
Milano (Piazzale Cimitero Maggiore 18 - Tram 14/bus 80) dalle ore 11.00
un’assemblea aperta per discutere insieme innanzitutto della situazione della
Cassa e delle sue prospettive future, ed inoltre per fare il punto sui
cambiamenti in atto (professionalizzazione delle Forze Armate, suo ruolo e sue
conseguenze) e sul futuro della lotta antimilitarista. Tutti i nonsottomessi,
gli antimilitaristi e le antimilitariste che hanno condiviso o seguito con
interesse in questi anni l’attività della Cassa di solidarietà antimilitarista
sono invitati/e a partecipare.
***
Il nuovo millennio ha il colore delle tute
mimetiche e l’odore della polvere da sparo. Il 2000 si è aperto all’insegna dei
massacri, così come si era chiuso il ’99: dalla Cecenia alla carneficina fra
Etiopia ed Eritrea, al Centrafrica, a decine e decine di conflitti sull’intero
globo che insanguinano ancora le nostre speranze in un mondo libero e in una
vita pacifica e felice per le persone che lo abitano.
I meccanismi di base sembrano susseguirsi
con una tragica ripetitività: gruppi o ceti in cerca di potere lottano per il
predominio su scala locale e/o globale, riassumendo in sé la brama di dominio e
la ricerca del profitto economico. La produzione e il commercio di armi dei
paesi ricchi continuano ad alimentare questa folle corsa al massacro di esseri
umani e risorse, mentre una buona parte dell’umanità continua a patire la
povertà, la fame, lo sfruttamento. Le lobby economiche e gli organismi di
potere internazionale reggono le fila di questo instabile equilibrio, mentre a
livello locale i Ras regionali fomentano il nazionalismo col solo scopo di
creare nemici e capri espiatori da combattere per mantenere una parvenza di
senso alle loro esistenze di sanguisughe.
Da noi la guerra è tornata ad essere una
"fatalità", un evento normale e facilmente riassorbibile, tranne le
rare eccezioni costituite dalle vittime degli "inevitabili" errori: i
morti del Cermis, i pescatori di Chioggia, i profughi speronati, annegati,
sgomberati, espulsi...
L’ideologia dell’umanitarismo armato non
accetta critiche, crea consenso e giustifica qualsiasi cosa. In guerra i
vincitori assolvono i propri crimini mentre condannano quelli del nemico: un
copione che si ripete anche nel caso della guerra del Kosovo, un anno dopo.
In Europa gli eserciti si fanno pubblicità
sul campo, mentre propagandano la professionalizzazione: l’assassinio come
mestiere rispettabile.
L’antimilitarismo, qui da noi, sembra
disorientato: l’abolizione del servizio militare obbligatorio, sempre più
vicina, sancirà anche la fine di una delle forme di lotta al militarismo: la
nonsottomissione all’obbligo di leva.
Convinti che la questione militare, così
come la guerra, sarà centrale nella gestione del Dominio dei decenni a venire,
crediamo che occora riflettere a fondo sul da farsi. Non si tratta tanto di
rivendicare specificità inesistenti rispetto a lotte su altre problematiche,
quanto tentare di battere là dove il dente duole, convinti che da sempre la
questione della guerra, per la drammaticità ed il carattere estremo che la
contraddistinguono nella storia delle società umane, rivesta un’importanza
particolare e susciti sentimenti e movimenti importanti. Dobbiamo rimboccarci
le maniche e trovare strade di intervento comuni, le occasioni per muoversi,
purtroppo, non sembrano mancare.
***
Marzio Muccitelli ci ha comunicato il
progredire di alcune vicende processuali che continuano a vederlo come
protagonista: il 27 marzo scorso è stato condannato in secondo grado dal
Tribunale di Roma a 4 mesi di carcere per insubordinazione; alcuni mesi prima
era stato condannato, sempre in secondo grado, dal tribunale di Verona ad un
mese di affidamento sociale per diserzione. Un nuovo processo lo attende a La Spezia
il 27 giugno. Giovanni C. di Mantova, dopo aver ricevuto un decreto di condanna
a sette milioni di multa per rifiuto del servizio civile, ha impugnato la
sentenza e in un processo presso il tribunale di Mantova il 12 luglio scorso è
stato condannato invece a quattro mesi di carcere con la condizionale. Nel
frattempo abbiamo notizia di due nuovi nonsottomessi: Gian Mario Melotti di
Losine (BS) e Mattia Nazzaro di Verona. Pubblichiamo di seguito le loro
dichiarazioni.
***
Losine, 21 marzo 2000
Io sottoscritto Melotti Gian Mario nato a
Breno (BS) il 30/09/1976, […], iscritto alle liste di leva del comune di Losine
(BS), matricola n. 043760136629, appartenente al Distretto Militare di Brescia,
[…], chiamato ad adempiere all’obbligo del servizio civile sostitutivo dal
27.03.2000 presso il Comune di Losine (BS)
DICHIARO
Di rifiutarmi di svolgere sia il servizio
militare che il servizio civile sostitutivo (sebbene ne abbia fatta richiesta
il 15/12/98) per imprescindibili motivi di coscienza maturati nel corso
dell’ultimo anno. In base a forti convinzioni filosofiche, etiche e morali non
posso accettare l’obbligo inumano (in una società che si considera
apparentemente civile) di dover relegare un anno della mia unica vita allo
Stato che si appropria del diritto di poter/dover decidere per me. Infatti io
sono l’unico che possa decidere cosa fare della mia vita. Né lo Stato, né
nessun altro possono giudicare i miei pensieri e la mia coscienza contro la mia
volontà.
Rifiuto sia la violenza delle armi,
rappresentata dal servizio militare (nella sua destinazione incivile e brutale,
nonché inutile all’uomo civile e moderno), che quella delle Istituzioni,
rappresentata dal servizio civile sostitutivo, dal momento che mi si impone di
fare l’una o l’altra cosa senza la possibilità di scegliere diversamente.
Non riconosco né questo né nessun altro
stato, perciò scelgo di non sottomettermi a nessuno. Giudico il servizio civile
solamente una falsa solidarietà fatta di ipocrisia, perbenismo e falsi buoni
propositi mascherata come forma subdola di volontariato e assistenzialismo di
comodo. Infatti chi lo svolge difficilmente lo farebbe se non fosse messo
davanti alla scelta obbligata fra il servizio militare e quello civile. Inoltre
giudico il servizio di leva alternativo un modo attraverso il quale gli Enti
Convenzionati con lo stato possono sfruttare lavoro coatto, a buon mercato, e
non sindacalizzato. Sono sempre stato dalla parte di chi soffre, dei più deboli
e dei sottomessi, non ho mai rifiutato di aiutare chi ha avuto meno possibilità
di me. Faccio e continuerò a fare del volontariato solidale, solo per una mia
libera scelta e non un’opzione di comodo e imposta come è il servizio civile.
Dichiari che nono svolgerò mai il servizio
sostitutivo di leva né in questo Comune né in nessun altro ente né ora né mai.
Consapevole e pienamente cosciente delle
conseguenze che questo rifiuto mi potrà comportare, declino il vostro
"invito" a lasciarmi subordinare.
Felice di rappresentare un’ulteriore spina
nel vostro fianco, nonché un minuscolo virus della opposizione al potere, che
si serve dell’Esercito e delle forze di Polizia per far rispettare le sue leggi
con la coercizione, la repressione, la violenza ed il carcere.
Gian Mario Melotti
***
Verona, 18 maggio 2000
Io sottoscritto Mattia Nazzaro, oggi 18
maggio duemila, avrei dovuto presentarmi presso la comunità terapeutica La
Genovesa per svolgere il servizio civile, però ho scelto di no. Dichiaro di non
voler sottostare ad alcuna autorità che possa gestire, anche per un solo giorno,
la mia vita. Il controllo della mia vita spetta solo alla mia
autodeterminazione. Ribadisco il fatto che il mio gesto è prettamente
individuale e risponde alla mia etica. Non voglio portarvi alcuna parola
ch’abbia da intendersi come giustificazione della mia azione in quanto, tra voi
e me, ho scelto la mia coscienza. E, per coscienza, intendo essere sempre
presenti dove si è, senza riflessi condizionati o abitudini meccaniche:
scoprire che puoi vivere senza assuefazione alla vita!
Mattia Nazzaro
***
Marko Langert è un nonsottomesso di Lipsia.
Ha avuto un primo processo, per non aver risposto alla chiamata al servizio
civile, nel 1998. Dopo la condanna ad una multa di 1600 marchi ha ricevuto una
seconda chiamata, alla quale non ha risposto per la seconda volta. Il suo
secondo processo ha avuto luogo l’1 dicembre del 1999 (proprio nella Giornata
internazionale del prigioniero di coscienza!) e si è concluso con una nuova
condanna: quattro mesi di carcere e due anni di libertà vigilata, in violazione
della Costituzione: si tratta della seconda condanna per un medesimo reato. In
attesa di sapere come finirà il processo di appello, gli abbiamo chiesto di
dirci qualcosa sulla sua vicenda e della situazione della nonsottomissione in
Germania.
"[Il servizio civile] non è
un’alternativa, perché ogni persona che presta questo servizio è coinvolta nel
concetto della cosiddetta "difesa totale". Chi svolge il servizio
civile deve svolgere una funzione di supporto all’esercito in una guerra (di
difesa) e non ha il diritto di rifiutarsi. Se lo facesse, verrebbe punito.
Inoltre, il servizio civile ha la funzione di prevenire una possibile
insoddisfazione all’interno dell’esercito: se gli obiettori di coscienza si
rifiutassero di svolgere il servizio civile, la coscrizione obbligatoria non
potrebbe esistere.
Ho anche rifiutato l’imposizione dello Stato
che è connessa alla richiesta di svolgere tale servizio. Infine, il servizio
civile non è un servizio sociale, come sostiene il governo, perché contribuisce
all’aumento della disoccupazione e alla diminuzione dei salari […].
In Germania l’obiezione totale,
sfortunatamente, non è molto diffusa. Ogni anno vengono condannati fra i 150 e
i 200 obiettori totali. Questo per quanto riguarda il numero delle sentenze ufficiali.
Il numero di quelle non ufficiali è più alto. La pena media è di sei mesi con
la condizionale, ma dipende dalla corte.
Ogni anno si svolge un meeting degli
obiettori totali in Germania, dove si discute dello sviluppo dell’obiezione
totale. C’è anche un bollettino che riporta notizie sui processi e sulla
repressione dello stato nei confronti degli attivisti contro la guerra […].
Ultimamente c’è il tentativo di
rivitalizzare l’idea che in un processo contro un obiettore totale non sia un
avvocato a svolgere il ruolo di difensore, ma un altro obiettore totale. Il
problema consiste nel fatto che non tutte le corti lo permettono, ma nel mio
caso è stato possibile. È una strategia ha lo scopo di enfatizzare il carattere
politico di questi processi".
Per messaggi di solidarietà via e-mail:
soz95bgs@studserv.uni-leipzig.de
Per info: http://www.ohne-uns.de
***
Repressione
Ancora "effetti collaterali"
Chi, allo scoppio della guerra in Kossovo,
ha seguito la stampa ed i telegiornali nazionali, avrà notato come siano state
strumentalizzate le notizie riguardanti la mobilitazione dei movimenti
antimilitaristi e pacifisti contro l’intervento della Nato sulla Serbia.
L’obiettivo di criminalizzare o quantomeno di sminuire la portata della
mobilitazione contro la guerra era fin troppo evidente. Era palese che il
dissenso andasse controllato perché l’infame guerra voluta e compiuta anche dal
governo D’Alema potesse proseguire senza alcun impedimento. Già nella primavera
dell’anno scorso le premeditate aggressioni poliziesche alle manifestazioni del
1° maggio a Torino o le cariche ad Aviano, Bagnoli, a Firenze dinanzi il
consolato Usa, danno la dimensione della portata di questa campagna. Ma solo
verso la fine del ’99 si ha la vera percezione di quello che sta accadendo. Il
7 dicembre 1999 alle 5.30 del mattino le forze dell’ordine, coordinate dalla
Procura di Pordenone, eseguono decine di perquisizioni in tutta Italia, seguite
da cinque arresti. […]
Le perquisizioni hanno interessato compagni
di Pordenone, Venezia, Trieste, Milano, Bologna e Perugia, che in base
all’articolo 270 bis del codice penale (leggi speciali contro il terrorismo)
hanno visto le proprie abitazioni messe a soqquadro con computer, agende
telefoniche, volantini e giornali sequestrati dai solerti tutori dell’ordine.
In alcuni casi la polizia ha dato sfoggio della sua innata natura violenta
malmenando e devastando persone e cose. Cinque persone sono state arrestate in
seguito a tale operazione e fra i cinque anche un compagno di Sacile, Gregorio,
da noi conosciuto ed attivista del Comitato Unitario Contro Aviano 2000.
L’accusa é di "associazione con finalità di eversione dell’ordine
democratico" per aver fatto parte di fantomatici "Gruppi Partigiani
per il Sabotaggio" con i quali avrebbero compiuto appunto due azioni di
sabotaggio ad altrettante imprese edili impegnate nella costruzione del
faraonico e devastante ampliamento della base Usaf di Aviano. Per la cronaca -
quella vera - le due azioni si sono concluse con scritte rivendicative sui
muri, il collocamento di bottiglie incendiarie MAI esplose ed il danneggiamento
di un macchinario.
È evidente che ci troviamo davanti ad una
sorta di macchinazione con la quale giovani Magistrati e Pubblici Ministeri in
cerca di "carriere veloci" tessono assurde ed improbabili trame di
una "pericolosissima organizzazione avente finalità di terrorismo".
Tant’è che Gregorio è rimasto rinchiuso nel carcere di Belluno, in regime di
isolamento, fino alla prima settimana di febbraio [oggi si trova, come tutti gli
arrestati, libero e in attesa del processo. NdR].
[…] Sia o no responsabile dei fatti
ascrittigli, noi sappiamo che Gregorio terrorista non lo è di sicuro, casomai è
colpevole, come tutti noi, di opporsi al terrorismo dei governi e del loro
braccio armato - gli eserciti. […]
Ovviamente noi non accettiamo tutto questo.
Abbiamo sempre lottato contro questi soprusi alla luce del sole, manifestando
dinanzi alla base di Aviano decine e decine di volte negli ultimi anni,
denunciando all’opinione pubblica lo scempio che si va consumando con il
progetto Aviano 2000 mediante assemblee, dibattiti ecc., […] Nel ribadire ciò,
esprimiamo solidarietà a Gregorio e a tutti i compagni colpiti dalla
repressione dello Stato.
Anarchici ed Anarchiche di Pordenone
***
Pubblicità dell’esercito professionale
Un altro "benvenuto" ad un’altra
parata
Barcellona. Sabato 27 maggio, per la prima
volta dai tempi del franchismo, l’esercito spagnolo ha sfilato a per le strade
della città in occasione della Festa delle forze armate. Nonostante la necessità
di farsi pubblicità per il passaggio all’esercito di soli volontari, il
programma è stato ridimensionato anche a causa delle proteste di massa che
hanno contestato la parata. Con la memoria al macabro precedente dell’entrata
delle truppe di Franco a Barcellona nel 1939, sono state decine le iniziative
di protesta, che hanno coinvolto decine di migliaia di persone.
Organizzata da alcuni gruppi di donne,
Sabato 13 maggio una piccola carovana di bici, macchine e persone a piedi ha
percorso il primo tragitto annunciato per la parata inscenando un "ritorno
della Columna de Hierro", milizia anarchica della Guerra Civile, nella
città, a base di slogan, volantini, scritte sui muri. Caricata dalla Polizia
municipale, la manifestazione si è conclusa con l’arresto di cinque persone,
rilasciate il giorno successivo. Sabato 20 maggio una grande manifestazione di
oltre 20.000 persone ha percorso le strade principali della città. Da Martedì
23 maggio un "campeggio popolare" ha occupato con una cinquantina di
tende fino alla notte precedente la parata la piazza antistante il luogo
designato, ed è stata sgomberata da centinaia di poliziotti che hanno dovuto
trascinare una ad una le circa duecento persone presenti.
Nella settimana precedente sono state
numerose le azioni contrarie alla parata: monumenti militaristi danneggiati,
lesbiche e gay che si sono denudate e ricoperte di vernice davanti al Comando
navale, blocchi stradali e cortei nella zona universitaria, un numero unico a
diffusione gratuita ("Rompiamo le file") distribuito in migliaia di
copie, mentre i muri della città si sono letteralmente ricoperti di migliaia di
manifesti antimilitaristi di tutti i gruppi, i collettivi, le associazioni, i
sindacati immagibabili.
Infine, sabato 27 maggio, in contemporanea
con la parata, alla quale secondo la stampa hanno assistito 20.000 persone, un
festival antimilitarista in un parco cittadino ha riunito 40.000 persone mentre
una manifestazione che ha tentato di raggiungere il luogo della parata per
disturbarla è stata caricata dalla polizia, aizzata da numerosi fascisti, con
il risultato di alcune ore di scontri e di altre 9 persone arrestate,
rilasciate il giorno successivo.
Sotto lo slogan "Per la pace, no al
militarismo, no alla sfilata militare, verso un mondo senza eserciti" si è
riunito un curioso agglomerato che va dalle organizzazioni giovanili
democristiane catalaniste, agli scout, alla sinistra tradizionale e
catalanista, ai pacifisti e ai nonsottomessi. Sotto lo slogan "Né esercito
né Re" si sono raggruppate le diverse espressioni dell’indipendentismo
rivoluzionario, mentre si è notata una certa mancanza di visibiltà di
anarchici, anarcosindacalisti e degli occupanti di case, che si sono aggregati
alle manifestazioni unitarie in forma un po’dispersa.
Il dibattito politico, nonostante la
chiarezza dei messaggi antimilitaristi (li vedreste mai i giovani del Partito
popolare in Italia firmare un manifesto in cui si dice che "l’esercito è
il simbolo più chiaro del militarismo e della violenza: esalta i valori di obbedienza
cieca, la gerarchia, la mancanza di senso critico, il maschilismo, l’omofobia e
l’oppressione del più debole"?), si è incancrenito quindi sulla polemica
tutta istituzionale tra catalanisti moderati e governo di destra, vecchi
alleati litigiosi, subito rientrata il giorno dopo la sfilata. Nel teatrino
ognuno ha fatto la sua parte, ma il loggione è stato nutrito, rumoroso e
decisamente riconfortante. Dobbiamo fare un paragone con la parata – quasi
contemporanea – di Roma?
Dile
***
Negli eserciti del nuovo millennio, dicono,
uno dei fattori chiave sarà la "formazione" del militare volontario.
Talmente vero che l’esercito spagnolo, l’8 febbraio scorso, ha annunciato la
modifica di alcuni requisiti per poter essere ammesso: non sarà più necessaria
la licenza media (sarà sufficiente quella elementare) e basterà avere un
quoziente intellettuale pari a 70 (prima era 90). Il perché è presto detto: non
ci sono sufficienti volontari.
Se il grado 70 viene considerato dalle loro
classificazioni come il grado-limite della normalità, possiamo dedurne che chi
ha un po’di sale in zucca preferisce non fare l’assassino in divisa, e che
all’esercito di "intelligenti" non rimangono altro che le bombe.
Fonte: El Pais, 9/2/2000
Un volontario dell’esercito spagnolo,
Fernando Sanz V., ha violentato e ferito, cavandole letteralmente gli occhi,
una ragazza di 22 anni nelle Asturie, in Spagna. La visita psichiatrica e
psicologica sostenuta al momento dell’ingresso nell’esercito, nel marzo 1999,
lo ha definito come persona normale e, durante i mesi di servizio, non ha
ricevuto alcuna sanzione:
un buon soldato, appunto.
Fonte: El Pais, 9/2/2000
***
Cassa di Solidarietà Antimilitarista
Resoconto all’1 Agosto 2000
In cassa all’1/11/’99: 995.600
Totale entrate: 568.000
Totale uscite: 582.000
In cassa all’1/8/’00: 981.600
Versamenti sul C.c.p. n° 13013370 intestato
a
Luca Zevio, Via M.Faliero, 171 - 37100
VERONA,
specificando la causale: "Cassa di
solidarietà antimilitarista"