Torino 2 giugno: la parata dei disertori!

 

Foto a quest'indirizzo:

http://italy.indymedia.org/news/2004/06/561090.php

 

Il 2 giugno, nel secondo anno della guerra permanente, Torino si è vestita

con i colori della guerra: le piazze e le vie del centro invase da militari

in pompa magna circondati da centinaia di poliziotti e carabinieri

intenzionati a mettere la museruola a qualunque manifestazione di dissenso.

Sin dai giorni precedenti le intenzioni erano state chiare: tapparci la

bocca. La Questura aveva vietato la manifestazione - con inaugurazione del

Monumento al disertore - organizzata in piazza Castello per il pomeriggio

del 2 giugno dalla Federazione Anarchica Torinese.

Ma non solo: anche tutte le altre piazze del centro erano state dichiarate

off limits per gli antimilitaristi. L'Italia è in guerra e quindi non è

ammesso criticare la parata degli assassini che hanno invaso la città.

Come anarchici ed antimilitaristi abbiamo deciso che avremmo manifestato lo

stesso: con i tempi ed i modi che si sarebbero parsi più opportuni.

Sin dalla serata precedente tutti i monumenti militaristi della città erano

presidiati da pattuglie di poliziotti e carabinieri, mentre in piazza

Castello, la sorveglianza era attuata mitra alla mano. Alcuni di noi che

quella sera attraversavano il centro sono stati prontamente seguiti ed

identificati dalle solerti forze del disordine.

Il 2 giugno per l'intera giornata la cappa poliziesca è divenuta

addirittura soffocante: elicotteri che sorvolavano la città, polizia

ovunque, la digos che sorvegliava la nostra sede, compagni pedinati nei

loro spostamenti.

Nonostante ciò a metà pomeriggio un lungo drappo ha coperto - per la

seconda volta in due mesi - il monumento al bersagliere in corso Galileo

Ferraris, nel cuore della Torino militare. Sotto il monumento la scritta

"copriamo le vergogne del militarismo".

Contemporaneamente uno striscione blu è stato steso sul l monumento eretto

in piazza Crimea in ricordo della tragica spedizione coloniale intrapresa

dai prodi Savoia. Sotto al monumento la scritta "Savoia…rdi nel

caffelatte". Il militarismo nostrano mostra lo stesso volto oggi come ieri.

Il blitz è avvenuto di fronte alla Direzione Nazionale di Polizia i cui

piantoni non si sono accorti dell'incursione degli Antimilitaristi.

Più tardi il Monumento al Disertore ha fatto la sua comparsa in centro: in

barba ai divieti della polizia ha attraversato via Garibaldi, dove è stato

presentato alla cittadinanza con brevi comizi volanti. Al grido di

"diserzione! Diserzione! un gruppo di anarchici ha effettuato una sfilata

antimilitarista dietro lo striscione "Quando la patria chiama: rispondi

signornò".

Il "Disertore" ha infine fatto capolino nella blindatissima piazza Castello

dove per qualche minuto è stato eretto di fronte ad una folla un po'

stupita di alpini e crocerossine. La cerimonia di inaugurazione,

prontamente intrapresa dai compagni che l'hanno accompagnata con canti e

slogan, è stata bruscamente interrotta dalla Digos e dalla Celere in

assetto antisommossa che hanno tentato di sequestrare il monumento e lo

striscione. Dopo qualche spinta e qualche momento di tensione sono stati

recuperati striscione e monumento e la sfilata è ripresa scortata da presso

dalla polizia.

In tarda serata, a degna conclusione di una giornata di informazione e

protesta antimilitarista, il "Monumento al Disertore" ha trovato propria

definitiva collocazione accanto al portone della "Scuola di applicazioni

militari". Siamo tuttavia certi che dopo questo movimentato esordio nel

centro di una Torino in tempo di guerra, tornerà prima o poi a farsi vivo,

per ricordare a questa città che c'è chi si oppone alla vergognosa retorica

patriottica con cui si copre il sangue degli uomini, donne e bambini

ammazzati in Iraq dai "nostri ragazzi".

"Quando lo Stato si prepara ad assassinare si fa chiamare patria".

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti!

Federazione Anarchica Torinese - FAI

3 giugno 2004

 

Di seguito il testo del volantino diffuso in città durante le iniziative

del due giugno.

 

La Questura vieta il centro agli antimilitaristi per il 2 giugno.

Noi senzapatria non ci stiamo: dichiariamo Torino città demilitarizzata.

Siamo tutti disertori!

 

Il 2 giugno, festa della Repubblica, che lo Stato italiano da ormai due

anni ha ripreso a celebrare con sfilate di assassini in divisa, in piazza

Castello avrebbe dovuto tenersi l'inaugurazione del "Monumento al

disertore". Ma per la Questura di Torino questo era inammissibile:

l'iniziativa andava impedita, perché a Torino come a Roma la libertà di

manifestare è solo una vuota dichiarazione di principio. Così il Questore

ha firmato il divieto di scendere in piazza contro il militarismo, contro

le parate di morte, contro le "missioni" italiane in Iraq, Afganistan,

Kossovo…

Le piazze di questa città sono aperte per chi fa dell'omicidio una

professione, ma devono restare sigillate per gli antimilitaristi, per chi

si oppone a tutte le guerre, a tutti gli eserciti.

 

Ci dicono che occorre combattere il terrorismo e che per farlo bisogna

uccidere, bombardare, torturare, umiliare, asservire. In altre parole ci

dicono che ogni mezzo è lecito, che l'occidente è nel giusto e che quindi

ha il diritto/dovere di fare il gendarme del mondo. In due anni di guerra

permanente i morti si sono accumulati e la spirale di morte è divenuta

sempre più vertiginosa.

Terrorismo e guerra hanno la stessa faccia: la guerra è terrorismo, il

terrorismo è guerra. Cambiano le divise, cambiano le armi, ma sappiamo che

Bush e bin Laden hanno la stessa faccia: la faccia feroce dei fanatici

disposti a edificare la propria gloria su montagne di cadaveri.

 

Ci hanno raccontato che gli orrori di Abu Ghraib erano opera di poche "mele

marce" ma le bugie hanno le gambe corte: i rapporti della Croce Rossa, di

Amnesty International, di Humans Rights Watch dicono chiaramente che

l'abuso più feroce non è l'eccezione ma la regola. E non solo in Iraq.

Un paese dove soldati americani, inglesi, italiani sparano sulle ambulanze

piene di feriti, dove cecchini prendono alla testa due fratellini di 5 o 6

anni. È accaduto a Falluja. Sta accadendo probabilmente anche in questo

momento e accadrà ancora in futuro che case vengano rase al suolo da bombe

a frammentazione, che i feriti muoiano di setticemia, che una donna

partorisca da sola al buio perché ai medici è impedito raggiungerla. È

accaduto, sta accadendo, accadrà. È la guerra. La guerra senza aggettivi.

Senza i belletti di cui la ammantano i professionisti della penna, i

cicisbei delle corti dell'Occidente libero e democratico.

Guardateli bene: i cecchini di Falluja, i bombardieri che spianano le case

e chi ci abita, la polizia militare che fa irruzione nell'intimità delle

abitazioni seminando il terrore indossano le stesse divise, hanno gli

stessi sguardi dei "mostri" ritratti nelle foto di Abu Ghraib. Hanno le

stesse facce dei bravi ragazzi che alzano il tricolore in piazza Castello

per la "festa" della Repubblica.

 

Le nostre città sono piene di monumenti che ricordano assassini in divisa,

gente che si è guadagnata una statua per aver ucciso, bombardato, sgozzato,

torturato, violentato.

Queste sono le macerie sulle quali è edificata la "civiltà".

Cancelliamo queste vergogne dalla nostra storia, dalla nostra memoria, dal

nostro futuro.

Ogni 2 giugno ci vorrebbero plaudenti davanti alle loro parate di morte, di

fronte a chi chiama l'omicidio onore e le frontiere che separano l'umanità

patria.

Ma noi non ci stiamo: abbiamo disertato la loro guerra, stracciato le loro

bandiere, sputato sulla loro retorica da caserma.

Sappiamo che gli eserciti sono criminali con o senza il mandato dell'ONU:

si muore in Iraq come in Kosovo.

Abbiamo scelto di essere uomini e donne di parte.

La parte degli oppressi, degli sfruttati, dei senzapatria, dei senza

religione.

La parte di chi crede che non c'è pace senza giustizia.

Per questo oggi, nonostante i loro divieti, siamo ritti dinanzi a uomini

armati che credono che una bandiera ed una fanfara possano coprire il lezzo

dei morti ammazzati, degli iracheni morti sui ponti di Nassirija, dei

bambini cui è stato spezzato il futuro.

Per questo erigiamo un monumento in ricordo dei disertori di tutte le

guerre, di tutti gli eserciti. In ricordo di chi ha avuto il coraggio di

dire no. Non in mio nome, non con le mie braccia.

 

Federazione Anarchica Torinese - FAI

Corso Palermo 46 - la sede è aperta ogni giovedì dalle 21,15; mail

fat@inrete.it: tel. 011 857850; 338 6594361

www.federazioneanarchica.org


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