Passalacqua

& S. Marta

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"Tutto quello che non avreste mai voluto sentire sull’affare caserme

e che in più non hanno osato dirvi"

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Numero unico in attesa di registrazione

edito dal Comitato Passalacqua e S. Marta per Verona,

via Scrimiari 7, Verona

Dicembre 1999

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INDICE:

• Intro

• Cronaca di un furto non annunciato

• Insieme possiamo!

• Cosa ci vorrebbero fare...

• ...e cosa ci si potrebbe fare

• Cosa c’è

• Cosa ci sarà

• Sedi NATO a Verona

• Verona militarizzata

• Il comando NATO e i segreti d’Italia

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Passalacqua è un nome che ricorre da tempo nei fiumi di parole spesi a commento degli spazi inutilizzati o sottoutilizzati della nostra provincia. Da anni, infatti, si dice che questa enorme caserma, piantata nel centro cittadino, con le sue migliaia di metri quadri di infrastrutture e spazi verdi, sarebbe stata dismessa dall’esercito a favore dell’utilizzo pubblico. Da tempo infatti l’università si era candidata a ereditarla per ampliarsi, mentre la fascia esterna, che coincide con un importante settore dei bastioni, le mura storiche della città, sarebbe dovuta diventare parte del costituendo Parco delle mura.

Quasi in sordina, invece, il governo ed i militari hanno detto che non sarà così: la Passalacqua e anche la S. Marta, un’altra caserma adiacente alla prima, non solo non sarebbero state restituite ai suoi legittimi proprietari, i cittadini, ma saranno la sede di un nuovo ed ampliato comando NATO per il Sud Europa.

Gli amministratori cittadini, a parole infuriati per l’evento, si sono in realtà affrettati a dire che non c’era niente da fare, ed infatti non hanno mosso un dito per ottenere le due caserme.

È toccato quindi a noi, in quanto cittadini di questa città, rivendicare questi spazi che ci sono dovuti, costituendoci in Comitato. Il Comitato S. Marta e Passalacqua per Verona si è quindi mosso, dall’ottobre del 1999, con gli strumenti che ha a disposizione: assemblee pubbliche per informare e discutere del problema, manifestazioni, volantinaggi e banchetti con raccolta di firme (migliaia!), comunicati ai giornali, incontri con rappresentanti dell’amministrazione e del Parlamento per stimolarli ad agire nelle loro sedi.

Perché non vogliamo la NATO nelle due caserme? Innanzitutto, l’abbiamo detto, perché è da anni che aspettiamo la restituzione di questi spazi: spazi che sono imprescindibili per dare alla città ed al quartiere una migliore vivibilità.

Verona è una città che manca di spazi verdi nel suo centro, e Veronetta è un quartiere da sempre vittima non solo della mancanza di verde ma della morsa dell’inquinamento causato da un traffico veicolare superiore alle sue capacità di assorbimento, e dalla mancanza di spazi di socialità per il quartiere, che si risolvono, indubbiamente, in una crescente tensione di un settore degli abitanti nei confronti dei loro vicini meno abbienti ed in particolare nei confronti degli immigrati. Una tensione prontamente strumentalizzata dall’amministrazione di destra, che cavalca il malessere dei cittadini in chiave assolutamente strumentale, fomentando il razzismo invece di promuovere politiche contro la povertà ed il disagio volte a migliorare la qualità della vita di tutti e di tutte.

La presenza di un comando NATO nelle due caserme andrebbe infatti ad aggravare i problemi del quartiere, aggiungendone altri non propriamente desiderati. Li elenchiamo brevemente:

Innanzitutto, un aumento del traffico causato dalla presenza di automezzi militari, anche "pesanti".

Da valutare saranno anche la pesantezza delle misure di sicurezza per la prevenzione di attentati che sicuramente verranno prese nelle strade adiacenti la caserma.

Comandi operativi come quello che verrà installato, inoltre, prevedono la presenza di radar e di antenne che contribuiranno ad aumentare notevolmente il livello di inquinamento magnetico fonte, le scoperte sono recenti, di varie patologie fra cui anche il cancro. Probabile sarà anche un aumento degli affitti, visto l’insediamento di militari "benpaganti" anche al di fuori delle caserme.

Saremo accanto ad un ente che gode dell’extraterritorialità: dal piccolo incidente con una macchina guidata da militari NATO fino a possibili tragedie (vedi CERMIS), i militari NATO non potranno essere messi nella condizione di rispondere delle loro responsabilità.

Non crediamo poi che sia casuale l’inserimento di un comando di tale importanza all’interno di una città: nei "manuali" militari questo ha il macabro vantaggio di trasformare i cittadini in scudi umani contro eventuali attacchi nemici. Pensiamo al costo in distruzioni e vite umane del recente attacco NATO dei comandi militari nel centro di città come Belgrado.

Infine, dovremo convivere con persone il cui unico scopo nella vita è addestrare ed essere addestrati a comandare, ubbidire ed uccidere. Il recente attacco della NATO in Kosovo e Serbia, con il seguito di lutti, distruzione, inquinamento prodotti, dei quali proprio in questi giorni cominciamo ad avere una dimensione precisa, ci ha dimostrato il grado di criminalità a cui possono arrivare queste persone e le loro strutture militari.

Crediamo che di fronte a tutto ciò non sia possibile rimanere in silenzio. Oggi, ci dicono, il Governo è disposto a dismettere la S. Marta. Bene, anche se la cosa è stata da sempre probabile: un semplice contentino per mascherare il problema di fondo.

Da parte nostra non smetteremo di agire finché anche la caserma Passalacqua non sarà restituita ai cittadini.

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Cronaca di un furto non annunciato

La storia di un bellissimo complesso architettonico e di un’immensa area verde che i militari non vogliono mollare e che gli amministratori di Verona fanno di tutto per non ottenere. La storia di un furto ai danni dei cittadini perpetrato nel chiuso delle stanze dei Palazzi. L’evidenza di una città dove i militari decidono ed il Comune ratifica, salvo poi lamentarsi inutilmente dalle pagine dei quotidiani.

La presenza della NATO con cinquecento e più famiglie a Veronetta rappresenta un arricchimento per la città". Con queste parole l’assessore all’urbanistica Cesari ha inteso porre (per conto della giunta e della Sironi) una pietra tombale sulle speranze di poter avere l’uso pubblico delle caserme Passalacqua e S.Marta. Del resto pochi giorni prima la signora sindaca aveva dichiarato tutta allegra all’"Arena": "La Passalacqua? Arrendiamoci, inespugnabile il no dei militari".

Con queste citazioni illustri si apre su "Filorosso" di Ottobre ‘99 un intervento di Giorgio Bragaja sulle caserme. Ma andiamo con ordine.

Innanzitutto, le due caserme non sono proprietà dei militari, quindi del Ministero della Difesa, bensì del Ministero delle Finanze.

In un documento del Ministero delle Finanze, Sezione per i servizi demaniali del 22 febbraio 1996, si legge: "La caserma S. Marta è già un bene storico e rientra tra i beni del Demanio pubblico Ramo artistico storico con vincolo del Ministero competente datato 23/3/1991. Il predetto vincolo, com’è noto, comporta l’assoluta inalienabilità del bene e l’obbligo di un uso pubblico compatibile con la rilevanza storico architettonica rivestita. (...) Le caserme Trainotti, Passalacqua e S. Bernardino sono pervenute allo Stato Italiano per effetto della successione all’impero Austro Ungarico (...) esse tutte dovrebbero essere sottoposte alla valutazione della locale Soprintendenza per i Beni Architettonici al fine della proposizione della emissione del decreto di vincolo."

Questo significa che i militari non hanno il monopolio sulle decisioni che riguardano tali spazi, tutt’altro.

La storia sembra andare però in tutt’altra direzione: dagli elementi che seguono emerge infatti come i militari abbiano il costume di voler decidere dell’utilizzo degli spazi pubblici secondo le loro esigenze, mentre Amministrazioni comunali supine non fanno altro che reperire i fondi necessari all’uopo. Un "disegno" del Piano regolatore tracciato dai militari all’insaputa e alle spalle dei cittadini.

Di permute e cambiamenti di destinazione d’uso riguardanti i beni militari si iniziò a parlare nel 1985, come ci conferma una nota del Comando regione militare Nord-Est inviata alla sindaca Sironi il 22/1/1996: "L’esigenza della FTASE, dalla sua costituzione, è sempre stata quella di disporre di una sede idonea e funzionale. (...) Da molti anni sono state cercate soluzioni alternative: nel 1985 si studiò la possibilità di unificare detto Comando presso la Caserma "Passalacqua"; quasi contemporaneamente si profilò la possibilità di una permuta, prima con il comune di Verona e poi con privati, tra le caserme occupate da detto Comando ed una nuova sede da costruire (Montorio Veronese, Forte Procolo, area della stazione ferroviaria, Boscomantico). Venute meno le varie possibilità si è di nuovo ripiegati verso la soluzione "Passalacqua". Pertanto la richiesta di rinunciare a detta infrastruttura può essere accolta solo a condizione di costruire un’altra sede per il Comando della FTASE. Il costo di detta operazione (...) potrebbe aggirarsi intorno ai 50 miliardi."

I militari, dunque, sono restii a cedere le caserme e vogliono mettere le mani avanti: della NATO alla Passalacqua, in certi ambienti, si parla già da 14 anni!

La telenovela continua mentre il sindaco di Verona era Aldo Sala (DC). Sentiamolo in un’intervista alla rivista "Alternative": "Grazie al lavoro del rag. Bertolotti e dell’ingegner Valente, a quel tempo assessore, nell’estate del 1991 il Comune era in procinto di ottenere parte della caserma Passalacqua e tutta la S. Marta, in base a un’operazione molto complessa, che prevedeva alcune permute e dei cambiamenti di destinazione d’uso, mi pare della caserma Martini. Questo progetto fu sottoposto all’attenzione del Consiglio comunale ma tutti i capigruppo ritennero l’operazione troppo onerosa per il Comune e dichiararono la loro indisponibilità a votare la delibera, pur pregandomi di tornare a trattare con i militari, per ottenere condizioni più favorevoli. Fu a quel punto che ritirai il provvedimento. (...) Continuammo a trattare con il comandante della FTASE di Verona, che nel frattempo era diventato il generale Innecco; il suo progetto era di dare vita a un grosso centro strategico in qualche parte della città; la sua preferenza andava alla caserma Passalacqua, ma era disposto a valutare ipotesi alternative. Dopo molte trattative, nel febbraio del 1993 raggiungemmo un’intesa: il Comune avrebbe provveduto a realizzare le strutture richieste dai militari nell’area adiacente all’areoporto di Boscomantico. (...) Il Comune si sarebbe dovuto assumere spese per 28 miliardi. Purtroppo la mia giunta cadde mentre ero alla ricerca dei fondi necessari".

Nel frattempo, il 26 giugno del 1991, il Ministero delle Finanze, in un accordo con il Ministero dell’Università e della Ricerca sull’assegnazione degli immobili dello Stato a servizio delle Università, segnala la Passalacqua fra gli immobili concessi in uso gratuito e perpetuo non appena disponibili a seguito della dismissione da parte delle Amministrazioni usuarie (nel nostro caso, i militari).

Le carte sono tutte sul tavolo: i militari vogliono tenersi la Passalacqua chiedendo in alternativa strutture nuove dai costi miliardari, il tutto in barba ai progetti del Ministero delle Finanze, ma soprattutto alle spalle dei cittadini.

In una nota dell’allora assessore al Patrimonio, Tuchtan (AN), alla Giunta comunale datata 14/3/1996, si delinea chiaramente la questione: "In questo modo la Passalacqua verrebbe forse definitivamente sottratta alla città di Verona".

Nella variante generale al Piano Regolatore del 1997 la situazione è riflessa in termini contraddittori ma eloquenti: "[La Variante] prevede la classificazione ad attività universitarie sia del complesso militare di Santa Marta (già in fase d’acquisto da parte del Comune) che del complesso militare della adiacente caserma Passalacqua; ciò anche se, per quest’ultimo ambito, siano al momento ancora previsti usi connessi con attività militari comunitarie" (p. 204). "Poiché è obiettivamente impossibile attuare, per ora, l’ipotesi del recupero totale alla città, per l’imminente insediamento di primari centri militari di comando FTASE di rango europeo, si opererà per la provvisoria separazione della cinta magistrale dal nuovo acquartieramento militare, ottenendo però almeno la continuità del sistema di verde urbano e l’apertura di nuovi spazi utili al quartiere di Veronetta ed all’Università (stabilimenti asburgici di S. Marta e ambiti pertinenti" (p. 197).

Per le pagine più recenti della vicenda, ci affidiamo alle parole di Giorgio Bragaja, consigliere comunale PRC: "La storia ha dell’incredibile se si pensa che ancora il 30 ottobre del ’97 (’97!!) io e il consigliere dei Verdi Campagnari, nel corso di una discussione e di un voto sulla caserma S. Marta, proponemmo un ordine del giorno nel quale, visto come stavano andando le cose, si invitava la Giunta e la Sindaca (prima Giunta Sironi) ad inserire nell’accordo di programma con il Ministero la possibilità di utilizzare parte dell’area scoperta della caserma Passalacqua come parcheggio e come verde pubblico anche a servizio del quartiere. Era un modo per mettere una prima mano pubblica, del Comune, sulle caserme. Il documento fu respinto dalla maggioranza, Sironi in testa.

L’8 gennaio del ’98 l’On. Valpiana interveniva in parlamento sulle caserme. Nel maggio ’99 il Ministro risponde dicendo in pratica che la Passalacqua e la S. Marta saranno sede del Comando operativo NATO. Un obiettivo militare nel cuore del centro storico! Immediatamente lo comunico in aula al Consiglio Comunale invitando la Giunta "a muoversi". Sironi e assessori alzano le spalle, rispondono che a loro non risulta e, naturalmente, non fanno nulla. È in corso la "vittoriosa" guerra umanitaria in Jugoslavia ed è la NATO (gli USA) che comanda".

In Agosto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un "bando di prequalifica per la realizzazione del nuovo Quartier generale FTASE": 44 miliardi di lire più 1 miliardo e 300 milioni di parcella per il progetto.

"Successivamente - è sempre Bragaja che parla - in diverse occasioni rinnovo le mie richieste alla Giunta perché convochi i parlamentari e li inviti ad intervenire. In Consiglio Comunale si ottiene l’approvazione di un documento [24 settembre] che conferisce al Presidente del Consiglio Comunale pieno mandato di agire in tutti i modi e organizzare una delegazione che si rechi a Roma da D’Alema.

Ma la Sironi brucia i tempi, va a Roma con paio di assessori e non va a parlare con D’Alema, ma con il segretario del segretario di Scognamiglio (il Ministro che - tanto per capire come la pensa riguardo agli USA e alla NATO- più di ogni altro si oppose alla concessione dell’asilo politico ad Ocalan). La Sironi torna e fa dire all’assessore Cesari nella riunione dei capigruppo che, appunto, la NATO è un arricchimento per Verona.

Propongo di tornare subito a Roma da D’Alema con i parlamentari e i rappresentanti del Consiglio Comunale. La maggioranza mi risponde (ma non solo la maggioranza) che ormai si avvicinano i mondiali di ciclismo e non si può. I mondiali sono finiti e a tutt’oggi (16 ottobre) l’On. Valpiana a Roma ed io a Verona non siamo ancora riusciti a smuovere i sederi di pietra".

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Insieme possiamo!

La classe politica corresponsabile del furto;

i cittadini scavalcati ancora una volta?

La segretezza è una caratteristica dei processi che si danno a partire da strutture di tipo militare. Da evidente norma "tattica" è diventata infatti una caratteristica fondante del militarismo, dove le decisioni dei gradi superiori non sono conosciute né tantomeno discusse da quelli inferiori. A volte capita che un simile meccanismo si ripresenti nell’ambito della politica, dove i signori del palazzo, per il solo fatto di essere stati delegati da una parte della popolazione, si sentono in diritto non solo di prendere decisioni importanti senza discuterle con i cittadini, ma addirittura non fanno nemmeno sì che gli stessi possano essere correttamente informati su ciò che li riguarda.

Il caso delle caserme S. Marta e Passalacqua è emblematico in questo senso: i cttadini e le cittadine veronesi sono da anni convinti che le due strutture siano in fase di dismissione da parte dell’esercito e che siano destinate ad un uso civile e pubblico, quando all’improvviso si viene a sapere, e non per iniziativa degli amministratori, che la decisione presa è di segno contrario. Non solo, gli amministratori cittadini sostengono in un primo tempo di non essere a conoscenza delle decisioni prese dal Governo e dal Ministero della Difesa.

Falso. Come abbiamo visto, è dal lontano 1985 che si conosce l’intenzione dei militari di cedere le due caserme alla NATO, ed è per tutti gli anni ’90 che si susseguono carteggi ed incontri tra le parti per discutere la cosa. Il tutto avviene nel chiuso delle stanze dei palazzi: non ne viene data notizia, con il risultato di impedire una discussione pubblica fra i diretti interessati dalle decisioni sull’assetto della città e sull’utilizzo dei suoi spazi.

Non solo: gli amministratori erano anche a conoscenza del fatto che con molta probabilità le due caserme sarebbero finite in mano alla NATO, e si veda a proposito la nota di allarme dell’allora assessore Tuchtan nel marzo del 1996, citata precedentemente.

Il 24 settembre 1999 il Consiglio comunale approva un ordine del giorno contrario alla cessione delle due caserme che dà mandato al Presidente del Consiglio stesso di agire per evitare la perdita delle due caserme.

A tutt’oggi non ci risulta che sia stato mosso un solo passo in questo senso, se si eccettua il tragicomico ed inutile viaggio a Roma della sindaca.

L’impressione è che le forze di centrodestra al governo della città non siano in realtà contrarie alla cessione delle due caserme alla NATO e che le iniziative che hanno preso finora siano in realtà fumo negli occhi.

Da parte sua, anche la sinistra filogovernativa ha criticato l’inefficacia degli amministratori nella questione, risvegliando però seriamente l’impressione di voler sollevare il Governo di centrosinistra dalle sue responsabilità che in questo caso sono notevoli.

Si salvano pochi eletti della sinistra che hanno seguito e denunciato il pasticcio, fonte preziosa di informazioni che altrimenti sarebbero state sottratte alla collettività. Anche in questi ambienti istituzionali, comunque, le notizie al riguardo erano conosciute da tempo. Dobbiamo constatare che ben poco si è fatto a suo tempo per stimolare all’azione su questo tema quei settori di cittadinanza non addormentati che si sono mobilitati anche in occasione della recente guerra nei balcani.

Insomma, siamo noi cittadini e cittadine che dobbiamo muoverci per una questione che ci riguarda in prima persona, senza aspettare il ceto politico che nella sua maggioranza si è dimostrato, con la menzogna o con l’inattività, corresponsabile delle decisioni prese da militari e Governo.

Nelle nostre mani abbiamo gli strumenti della politica vera, quella diretta, fuori dal Palazzo: dai dibattiti alle manifestazioni, alle raccolte di firme, fino, ed è una possibilità che il Comitato sta esaminando, alla promozione di un referendum cittadino (ufficiale oppure autogestito).

Non siamo sudditi: è ora che decisioni di tale importanza non vengano prese senza la consultazione diretta di chi vive in questa città.

Per questo dobbiamo mobilitarci, perché se non lo facciamo in prima persona non ci sarà chi lo farà per noi.

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Cosa ci vorrebbero fare...

La struttura NATO (North AtlanticTraety Organization) prevede un comando principale in Europa da cui dipendono i tre comandi interforze (Europa settentrionale, Europa centrale ed Europa meridionale).

Il Comando FTASE (Forze Terrestri Alleate Sud Europa) di Verona è uno dei comandi subordinati al comando interforze dell’Europa meridionale, che ha sede a Napoli, e si occupa delle operazioni terrestri nello scacchiere nord-orientale italiano.

Nel quadro della riorganizzazione della struttura della NATO, nelle caserme Passalacqua e S. Marta verrebbe installato il Comando congiunto del Sud (JHQ SOUTH).

...e cosa ci si potrebbe fare

Verrebbe da dire "di tutto": le due caserme ricoprono infatti una superficie enorme e, quel che più conta, sono attrezzate con una serie di strutture che avrebbero bisogno solo di essere ristrutturate.

Il progetto noto da sempre prevedeva la realizzazione di un Campus universitario, ma l’ampiezza degli spazi non impedirebbe di realizzarvi strutture a disposizione di tutti: impianti sportivi e ricreativi, spazi sociali e culturali…

Varie persone che abbiamo incontrato durante la raccolta di firme e che hanno conosciuto gli spazi dall’interno ci hanno confermato la loro bellezza.

E poi una grande area verde da attrezzare a parco, con una fascia ininterrotta da Porta Vescovo al Cimitero: spazi dove installare piste ciclabili, percorsi della salute…

Tutte cose di cui ha estremo bisogno non solo il quartiere, ostaggio dello smog e del l’inquinamento acustico causato dall’eccesso di traffico, ma tutta la città; è noto a tutti infatti che Verona è una delle poche città di dimensioni medio-grandi che non possiede un grande parco cittadino nel centro o nelle sue zone adiacenti, un polmone che ci farebbe "respirare" tutti di più.

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Cosa c’è

• Teatro/cinema

• Piscina

• Impianti sportivi

• Spazi verdi

• Parcheggi

• …

 

Cosa ci sarà

In effetti non si sa cosa la NATO intenda fare degli spazi una volta che le vengano assegnati. Tiziana Valpiana, parlamentare PRC, ha rivolto un’interrogazione al Ministro della Difesa, che deve ancora ricevere risposta.

Intendeva sapere (e anche noi lo vorremmo):

* quali saranno le funzioni dei nuovo comando Nato;

* cosa si intenda realizzare all'interno della caserma Passalacqua, quali strutture e infrastrutture;

* quali siano i tempi previsti per la realizzazione del progetto;

* a quale logica strategica risponda la presenza di un comando Nato;

* quanto personale militare stazionerà all'interno della caserma;

* quali tipi di armamenti leggeri e pesanti saranno in dotazione;

* come saranno utilizzati i bunker e i sotterranei già presenti nella caserma;

* se sia prevista una nuova realizzazione di bunker e sotterranei;

* quali saranno le misure di sicurezza e sorveglianza;

* quali saranno le servitù militari cui verranno sottoposte strade e case adiacenti;

* quale viabilità sia prevista per i mezzi militari che vi dovranno accedere;

* se sia previsto un eliporto all'interno;

* quali saranno i corridoi di decollo e atterraggio degli elicotteri;

* se sia previsto un accesso ferroviario dal portone est della caserma;

 

Sedi NATO a Verona:

• Palazzo Carli in via Roma (Gruppo Comando e uffici)

• Palazzo Pianell in via Scalzi (uffici)

• Caserma Busignani in piazza Pozza (Quartier generale)

• Caserma Li Gobbi in C.so p.ta Palio (Gruppo misto telecom.)

• Caserma S. Bernardino in Circ.ne Maroncelli (Autoreparto)

• Centro sportivo in Borgo Roma

• Foresteria presso Forte S. Felice

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Verona militarizzata

Il dato, lo rilevava anche "L’Arena" il 15 settembre 1999, è impressionante: più di un metro quadrato su dieci del Centro storico (il 12,5%, pari a 297.886 m2), è occupato da caserme militari: un potenziale residenziale di circa 2500 persone, pari quasi a paesi coma Avesa, Parona, Quinzano.

Se poi passiamo all’insieme della città, le cifre crescono ancora: aggiungiendo alla superficie occupata in Centro quella occupata da tre grandi caserme di periferia (Duca di Montorio; Santa Caterina al Pestrino e il nuovo Arsenale a Cadidavid) raggiungiamo la cifra di 914.136 m2: quasi un milione di metri quadri di edifici ed aree verdi sottratti all’utilizzo sociale e pubblico a beneficio delle esigenze della casta militare.

Gran parte di questi spazi, si sa, sono se non inutilizzati per lo meno sottoutilizzati.

Di fronte a questo quadro risulta quindi ancora più paradossale la richiesta della NATO, appoggiata dai militari e dal Governo, di ricevere le caserme Passalacqua e S. Marta.

Noi pensiamo che le caserme, in primis la Passalacqua e la S. Marta, la cui dismissione era prevista, senza dimenticare spazi preziosi come la parte di Castelvecchio tuttora accaparrata dal Circolo Ufficiali, debbano essere dismesse, nel maggior numero possibile. Questi spazi oggi sprecati potrebbero sopperire a necessità urgenti della città, dalle aree verdi agli spazi sociali e per le realtà associative, dalla possibile conversione in aree residenziali per le fasce di-sagiate, fino, ed è il caso della Passalacqua, alla prevista espansione dell’Università.

Il punto fondamentale sta nel fatto che questi spazi, di cui oggi la cittadinanza viene privata per mano dei militari, devono tornare ad essere di-sponibili per la fruizione e l’utilizzo di tutti.

Questo vuol dire che il Comune dovrà poi facilitarne l’utilizzo aprendosi ai progetti che nascano direttamente dalla popolazione.

Il caso, contrario e scandaloso, dell’Arsenale è davanti agli occhi di tutti. Se il Comune non è capace di gestire gli spazi pubblici, siamo noi che dobbiamo organizzarci per rivendicarli e autogestirli.

"La militarizzazione della città ha origini molto antiche: grazie alla sua posizione geografica ha da sempre esercitato una funzione di controllo sulle principali vie di transito dell’asse nord-sud/est-ovest.

Tutti i diversi padroni lasciarono tangibili segni del loro potere, dotando la città di fortificazioni imponenti e concentriche, ma fu l’Austria che ne fece un baluardo formidabile, costruendo oltre trenta forti.

Anche il nuovo stato italiano unitario riconobbe l’importanza strategica della città eleggendola sede di un grnade dipartimento militare che faceva da riferimento per le divisioni di Verona, Padova, Treviso e Udine: una delle sedi dei tre grandi comandi generali dell’esercito.

Alla fine del secolo scorso Verona era ancora sede di un corpo d’armata e nel 1915 ospitava a Palazzo Carli il comando della Prima Armata. Solo dal 1936 Verona non fu più sede di un corpo d’armata: restarono i comandi. Dal 1935 al 1938 il comando designato d’arma (sempre a Palazzo Carli) e poi fino al 1941 il comando dell’armata del Po.

Durante l’occupazione nazista a Palazzo Carli era stanziata la Platz Kommandatur del GruppenFührer delle SS Wolf.

L’insediamento nello stesso palazzo del comando Forze Terrestri Alleate Sud Europa (FTASE) risale al 10 luglio 1951."

[liberamente tratto da: "Alternative", novembre 1999]

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Il comando NATO e i segreti d’Italia

Il Comando FTASE di Verona compare negli atti di diverse inchieste in relazione alla Massoneria e allo stragismo: i capitoli più bui della storia del nostro paese.

Ne parla con abbondanza di fonti e dettagli Sergio Paronetto, nel suo libro "Poteri profondi: Verona segreta nei misteri d’Italia", Kappa Vu, 1996. Da questo libro sono tratte quasi tutte le notizie che seguono.

Innanzitutto il Comando FTASE di Verona risulta sede di logge massoniche dai contorni mai del tutto chiariti: siamo infatti negli anni della P2, e l’ambiente risulta intriso di agenti dei servizi segreti, CIA compresa, con possibili interessi nel traffico d’armi, ed in rapporto con gli ambienti dell’estrema destra. Lo stesso brodo in cui matura la strategia della tensione.

Di incontri massonici al comando FTASE e al Circolo Ufficiali di castelvecchio riferiscono ai giudici Francesco Siniscalchi ed Amos Spiazzi, che milita invece nel MNOP (Movimento Nazionale d’Opinione Pubblica), gruppo di estrema destra che ricalca la sigla del MPON (Movimento Politico Ordine Nuovo). Il segretario nazionale del MNOP è il generale Francesco Nardella, al tempo comandante a Verona dell’Ufficio guerra psicologica della NATO. Secondo alcune testimonianze giudiziarie, all’inizio degli anni ’70 il MNOP risulta essere l’ossatura civile visibile della struttura militare occulta Rosa dei Venti.

Verona è inoltre la sede veneta dell’organizzazione paramilitare clandestina "Gladio" o "Stay behind", filiazione diretta dei servizi segreti italiani e della CIA.

Il "sistema Gladio" si rivela come lo strumento operativo della violenza permanente e del depistaggio organizzato in sintonia con la loggia di Licio Gelli e di Francesco Pazienza.

Inchieste del 1995 citano i "Nuclei territoriali in difesa dello Stato", dei quali a Verona si trovava la quinta "legione", collegata ai comandi NATO di Verona e Vicenza.

Nella recente inchiesta di Guido Salvini sulla strage di Piazza Fontana del 1969, compaiono gli ex esponenti veronesi di Ordine Nuovo Giampaolo Stimamiglio, Marcello Soffiati e Sergio Minetto, addetto alla manutenzione di impianti frigoriferi presso il comando FTASE di Verona e ritenuto agente segreto della CIA. A Verona, nell’appartamento di Via Stella 18, frequentato dagli aderenti a Ordine Nuovo e da agenti dei servizi segreti americani, passano le bombe che esploderanno a Piazza Fontana (Milano, 1969) e a Piazza della Loggia (Brescia, 1974), causando la morte di 29 persone.

Fra la fine degli anni sessanta e la prima metà dei settanta, quindi, a Verona vi sono nuclei di civili dotati di armi provenienti dalle caserme.

Il comando NATO di Verona emerge come centro di condizionamento eversivo e di militanza armata, soprattutto attraverso il capitano dell’US Navy David Carrett, in servizio presso la FTASE di Verona dal 1965 al 1974.

Elementi importanti in servizio presso il Comando di Verona sono infatti a conoscenza dei preparativi delle stragi ordite dai fascisti e, consultati, approvano quando non suggeriscono tale strategia, volta a provocare in Italia una situazione di tensione tale da proclamare lo stato d’eccezione, per favorire l’instaurazione di un regime sulla falsariga di quello golpista greco con la finalità di bloccare l’avanzata delle lotte e delle rivendicazioni studentesche, dei lavoratori e delle sinistre in generale, allora in netta espansione.


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