LE LIBERTA’ NON SI COMPRANO.
Dichiarazione collettiva di nonsottomissione alla conversione in multa
della condanna per il rifiuto del servizio militare e civile.
Ancora una volta, come ci hanno sempre insegnato, sono la compravendita e lo smercio di persone e ideali a governare questa società.
Gli ultimi periodi e le futuribili scelte di "trasformazione" in campo di leva e obiezione, nonché del dissenso, del rifiuto e della loro gestione, hanno dimostrato la capacità e la volontà di recupero anche delle scelte più radicali: la stessa nonsottomissione, estremo rifiuto di ogni compromesso con le gerarchie militari, potrebbe essere comperata e azzerata con un generoso esborso di denaro, una semplice ammenda, una pratica multa.
Ancora una volta, loro i "buoni", i comprensivi, quelli che graziano e condonano (per le stesse ragioni che hanno di poter condannare e incarcerare) confermano la grande professionalità nel rendere ogni ideale privo di contenuti, ogni pratica differente assolutamente gestibile e riassorbibile e nel rigettarla in logiche di mercato.
Come una buona e vecchia tradizione rendono fruibile la libertà di scelta ai più abbienti, a quelli che se la possono permettere (peraltro facilitando e normalizzando una situazione di fatto, vale a dire lo smercio di raccomandazioni e riformati a pagamento!!), a quelli che decidono quali debbano essere le nostre libertà.
Un’inaccettabile possibilità che contestiamo e rifiutiamo nettamente, anche perché fondata sulle solite distinzioni di censo e possibilità economiche su cui poggia e si rafforza il sistema.
Le libertà si possono conquistare, ma non siamo disposti a comprarle!!!
I nonsottomessi presenti all’assemblea di Reggio Emilia del 24 gennaio 1999
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NUOVA LEGGE SULL’OBIEZIONE DI COSCIENZA:
CAMBIARE LA NORMA, PERPETUARE LA SOSTANZA
A più di un quarto di secolo dalla legalizzazione dell’obiezione di coscienza attraverso l’introduzione del servizio civile le Forze Armate sono più in forma che mai: espansionismo all’estero attraverso missioni multinazionali a difesa degli interessi del potere, nuova cortina di ferro nel Mediterraneo contro l’immigrazione, impiego sul territorio per il mantenimento dell’ "ordine pubblico".
Nel frattempo le guerre sul globo aumentano in quantità ed efferatezza.
Alla luce di queste considerazioni, dell’approvazione nel luglio 1998 della nuova legge sull’obiezione di coscienza (la n. 230/98) e della campagna denigratoria del dicembre scorso nei confronti della nonsottomissione (il rifiuto sia del servizio militare che di quello civile), abbiamo sentito la necessità di esprimere alcune considerazioni comuni su questi temi.
La nuova legge è stata accolta favorevolmente un po’ dappertutto, a parte qualche ambiente militarista particolarmente incancrenito. Nel movimento pacifista e degli obiettori di coscienza il giudizio è stato generalmente positivo, tranne qualche critica che spinge comunque per un miglioramento attraverso riforma o nell’applicazione concreta.
Si sottolineano come passi in avanti:
- l’obiezione di coscienza come diritto soggettivo: non più commissioni che giudichino la coscienza dell’obiettore;
- la conseguente parificazione del servizio civile rispetto a quello militare;
- la "smilitarizzazione" a livello burocratico ed assistenziale del servizio civile;
- la presenza nella legge, per la prima volta, della facoltà di predisporre "forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta";
Da un punto di vista antimilitarista pensiamo invece che questi aspetti siano di carattere formale, mentre la sostanza non cambia. In particolare riteniamo che:
- il diritto soggettivo all’obiezione di coscienza venga limitato fortemente dalle numerose cause ostative (come ad esempio una condanna di primo grado per "delitti mediante violenze", un’accusa che può essere pretestuosamente affibbiata agli attivisti sociali ed antimilitaristi da parte delle forze di polizia e recepita dai tribunali) e dalla restrizione dei termini di presentazione della domanda;
- la parificazione del servizio civile rispetto a quello militare venga vanificata dalla possibilità prevista dalla legge di allungamento del servizio civile per periodi di formazione;
- le alternative alla difesa armata sono previste all’interno dei confini normativi ed istituzionali dello Stato, che è il diretto responsabile delle politiche aggressive in senso economico e militarista: gli stessi obiettori di coscienza sono richiamati, anche se per compiti non armati, sotto le insegne nazionali in caso di guerra.
- rispetto alla precedente normativa rimangono invariate le condanne nei confronti dei nonsottomessi al servizio militare e civile per scelta antimilitarista nonché nei confronti dei disertori;
- permane la gerarchizzazione e militarizzazione degli enti che sfruttano gli obiettori: i responsabili potranno infliggere sanzioni, fino alla denuncia ed alla possibilità del carcere.
- la massa di obiettori si configura come manodopera sottopagata e senza diritti sindacali che va a sostituire personale salariato ed entra in concorrenza con i giovani disoccupati nei campi come il welfare od il terzo settore: anche se la legge lo vieta basta esaminare gli ambiti di assegnazione degli obiettori e la concreta realtà quotidiana per rendersene conto.
- infine, la nuova legge è un provvedimento di transizione verso la professionalizazione delle Forze Armate e la prevista istituzione di un Servizio Civile Nazionale che si configura come un sistema di vasi comunicanti tra servizio civile e servizio militare, senza alcuna concreta valenza antimilitarista.
La nuova legge sull’obiezione non è un passo avanti nella lotta concreta contro l’esistenza degli eserciti e contro il militarismo; anzi, è un passo in avanti - nella sostanza - all’ interno del quadro del Nuovo Modello di Difesa aggressivo promosso dai governi e dalle Forze Armate.
Come già nei confronti della vecchia legge, riteniamo che il rifiuto di prestare il servizio militare non possa essere condizionato da nessun servizio civile sostitutivo, che continua a permettere l’esistenza degli eserciti e perpetua il diritto dello stato alla coscrizione obbligatoria.
Il rifiuto del militarismo non può essere "parificato" all’imposizione del servizio militare e di leva, tantomeno oggi che lo stato italiano, attraverso la professionalizzazione delle Forze Armate, sta incrementando il livello dell’intervento militare dentro, "sopra" e fuori dai suoi confini.
Per questi motivi continueremo a disobbedire pubblicamente a questa legge come a tutte quelle che permettono, anche indirettamente, l’esistenza degli eserciti e la preparazione delle guerre da parte degli stati.
Gli antimilitaristi e le antimilitariste in assemblea a Reggio Emilia il 24/1/1999