VOLANTONE

SIAMO FUORI SERVIZIO



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SIAMO FUORI SERVIZIO!
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" Non credere
a chi ti comanda,
a chi ti punisce,
a chi ti ammaestra,
a chi ti insulta,
a chi ti deride,
a chi ti lusinga,
a chi ti inganna,
a chi ti disprezza
essi non sanno
che tu sei ancora
un uomo libero "
M.Bernardi

La questione antimilitarista, ricondotta sui binari di un generico pacifismo
o ridotta esclusivamente a sinonimo di non-violenza, rischia spesso dLi
perdere il connotato antiautoritario che gli anarchici non hanno mai smesso
di evidenziare: la complementarietà di esercito e Stato.
Viene da se che l'esercito e il militarismo -quest'ultimo non solo ideologia
di sostegno all'esistenza di divise e caserme ma disvalore che permea molti
aspetti della cultura e della società- in un'ottica libertaria sono
l'aspetto più evidente di una particolare organizzazione comunitaria fondata
sulla gerarchia e lo sfruttamento.
Quale incisiva critica antimilitarista è possibile senza attaccare i
presupposti su cui si basa l'attuale ordine societario ? Il pensiero e
l'azione degli anarchici evidenziano dunque nel militarismo (come
pseudo-cultura) una delle cinghie di trasmissione del Sapere e della Morale
corrente. La nocività di una pervasiva ingerenza dell'ideologia militarista
nei processi conoscitivi, normativi e culturali non è meno pericolosa per
l'individuo libertario che la presenza dei soldati in piazza.
Per opporsi al bellicistico esistente rifiutandolo in toto, l'individuo deve
maturare una profonda convinzione che lo rende in prima persona protagonista
e artefice di un cambiamento: l'atto di renitenza non può che avere un
incipt individuale perchè, fuori dalle vetuste strategie di massa, è solo la
presa di coscienza del singolo -come del resto il pensiero anarchico ha
sempre evidenziato- alla base di una possibile mutazione radicale.
Lo Stato abbisogna di un apparato difensivo e aggressivo per reggersi. Sia
totalitaria o si dica democratica "l'associazione di dominio in forma di
istituzione" (lo Stato, per dirla alla Weber) non può pensare di funzionare
e tenere a bada le forze disgregatrici all'interno o fuori dai suoi confini
senza l'ausilio di un organismo militare.
Usufruendo di un bombardamento propagandistico ad alto livello, l'esercito
viene presentato e teorizzato come portatore di valori e di ruoli opposti a
quelli per cui di fatto è stato creato e continua ad esistere. Diventa cosi
unico garante della pace e della sicurezza e la gente viene coinvolta
emotivamente nell'accettazione complice di terrificanti strutture di guerra,
morte e distruzione: indulgono ad affidare agli Stati la stessa gestione
della pace. Si verifica in tal modo una sostanziale leggittimazione della
politica militare che sottende alla logica di guerra o a una presunta pace
intesa come semplice assenza momentanea di guerra (...) . L'esercito va
rifiutato per essere eclissato come concezione e come mentalità, prima che
come struttura. (Andrea Papi) .
La negazione dell'esercito ha una reale portata trasformatrice quando si
fonde con la negazione dello Stato. Come dire, la pedina militare sullo
scacchiere del mondo è sempre mossa dal re, il quale però ne dipende:
l'esercito c'è in quanto esiste lo Stato, lo Stato (r)esiste in quanto c'è
l'esercito.
Con la scelta di non-collaborazione gli antimilitaristi vogliono smascherare
e sottolineare la funzione repressiva dello Stato e della sua appendice più
violenta.
Secondo gli oppositori a qualsiasi principio di comando, l'esercito è
considerato il luogo in cui vengono affermati, inculcati e trasmessi i
valori più negativi che mai corpo sociale abbia potuto produrre:
l'obbedienza, la sottomissione, il culto della forza, l'individualismo, la
rinuncia al rispetto di se stessi, l'odio per la diversità, il culto del
potere, l'esaltazione della violenza, (...) l'esercito è una scuola
soprattutto. E' questo il suo compito di tutti i giorni: educare,
persuadere, plasmare, convincere, abituare. Abituare a sopportare i soprusi,
ad obbedire senza discutere, ad accettare le umiliazioni sol che provengano
da uno che sulla manica della giacca ha un pezzo di stoffa in più. (Agostino
Manni)
Contrastare tale disumanizzante etica in grigioverde significa far vacillare
le fondamenta del nostro quieto vivere e recidere ogni legame di complicità
e rassegnazione.

L'OBBEDIENZA NON E' MAI STATA UNA VIRTU'
	Per affermare le mie convinzioni devo praticarle.(Carlo Mariani)

La divergenza, che ha ormai il sapore di un'insanabile frattura tra
l'antiautoritario e l'antimilitarista ancora speranzoso in una riforma
pacifista dello Stato, è la discriminante tra chi collabora e si avvale
delle istituzioni per combattere l'esercito e chi considera queste
istituzioni responsabili della stessa esistenza di un corpo militare.
sempre minoritaria all'interno del variegato arcipelago antimilitarista, la
posizione degli obiettori totali è stata via via emarginata, snobbata,
criticata, in una parola ignorata come valido strumento di lotta per opporsi
alla naja e al suo mondo fatto di coercizione e spersonalizzazione.
La contestazione pacifista approda nell'alveo istituzionale con
l'approvazione della legge 772 del dicembre 1972. Riconoscendo e
regolamentando l'obiezione di coscienza, lo Stato italiano influì non poco a
trasformare un movimento a carattere antiistituzionale sovversivo in
movimento riformista tutto teso -come riporta il bimestrale "Senzapatria"
nel numero 37- a difendere e a non perdere quanto conquistato, non
accorgendosi di avere già perso tutto: compreso il significato teorico e
pratico dell'obiezione al servizio militare come rifiuto stesso.
Dall'identificazione riduttiva dell'obiezione di coscienza a mero
svolgimento di un servizio civile, fino al disconoscimento del valore
intrinseco dell'azione antimilitarista finalizzata all'eliminazione di tutti
gli eserciti, la maggior parte delle associazioni pacifiste di anno in anno
si sono rese complici della stessa struttura che nutre gli apparati bellici.
Parte da questa constatazione la presa di posizione di coloro che si
rifiutano di indossare una divisa ma al contempo non accettano un "obiezione
di convenienza" che non mette in discussione essenza ed esistenza degli
eserciti.
Disobbedendo alla sopraffazione, i nonsottomessi con il loro gesto non solo
ribadiscono la dignità di uomini liberi e la loro libertà di scelta, ma
contestano il meccanismo di comando-obbedienza, alla base di qualsiasi
organizzazione dominante. 
Centrato il cuore del problema, lo Stato ferito nel suo orgoglio
democratico, risponde con mesi di galera. L'apparato statale esce così allo
scoperto con tutta la sua ipocrisia e mentre blatera di pace e di giustizia
sociale, come nella migliore tradizione latino-americana, nasconde nelle sue
carceri chi nei fatti le guerre non le vuole fare e i suoi signori non li
vuole servire.
Un obiettore totale in galera è un prigioniero politico a tutti gli effetti,
detenuto per le proprie idee da un regime statale 
a cui egli non riconosce il diritto di esistere. (Manuel Aiachini)

LA SITUAZIONE DEI NONSOTTOMESSI OGGI
	Adesso stringo il pugno che si alza al cielo e capisco che non sono
solo.(Daniele Porto)

Attualmente coloro che hanno detto "signornò" alla coscrizione militare come
all'obbligatorietà sostitutiva in attesa di processo o già condannati ma
ancora "a piede libero" sono in tutta Italia una quarantina. Un numero
sicuramente elevato rispetto alla situazione di una decina di anni fa quando
si veniva a conoscenza di pochi casi nel corso di un anno, sostenuti però da
una propaganda tale da sollevare a volte veri e propri casi politici.
Adesso il clima è cambiato e, seppur il dato del costante aumento dei
nonsottomessi sia confortante, non si respira più quell'aria di
solidaristico impegno capace di creare intorno all'antimilitarista detenuto
-oltre a gruppi d'appoggio- una massiccia campagna informativa in favore
della sua scarcerazione.
Il colpevole silenzio dei mass-media e l'indifferenza di chi a parole magari
difende a spada tratta i disertori (basta che siano aldilà dei sacri confini
nazionali), non accorgendosi per miopia di gravi attentati alla libertà
individuale che gli avvengono sotto casa, sono tra le cause imputabili
all'impopolarità della scelta  di nonsottomissione.
Gli strumenti che sostengono la pratica della nonsottomissione non sono
molti: a parte l'indispensabile attività di singoli o gruppi a livello
locale, il movimento antimilitarista antiautoritario ha a disposizione la
rivista "Senzapatria", nata nel 1978, che ha sempre espressamente appoggiato
la causa dell' obiezione totale, e la Cassa di Solidarietà Antimilitarista,
sorta nel 1985 per assolvere il compito di raccogliere i fondi necessari
all' aiuto economico (spese legali ai processati, contributi ai detenuti) e
alla pubblicazione di materiale propagandistico.

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... "Quel filo spinato era un insulto, un'umiliazione che ogni giorno dovevo
subire. Uno dei tanti strumenti di tortura psicologica con la quale ogni
anno duecentomila giovani vengono 'educati alla vita'.
La vita militare mi stava trasformando; i gesti, le azioni, persino i
pensieri, diventavano meccanici.
Sentivo che la mia individualità si stava spegnendo lentamente, una garrotta
invisibile manovrata da un boia, altrettanto invisibile, strozzava la mia
coscienza. Era naturale, quando i giorni si susseguono uguali, quando devi
fare sempre le stesse cose, a che ti serve una coscienza, un'individualità ?
Io che sono uno spirito libero e non ho voglia di sotto-mettermi a nessuno
ho scelto la strada più logica e, perchè no, più divertente per esprimermi:
ho disertato."
Marzio
attualmente incarcerato a "Forte Boccea" (Roma)


... "Comunque quale che sia il luogo in cui lo stato ci tiene prigionieri, i
nostri sentimenti di odio verso il militarismo e l'autoritarismo in
generale, non mutano affatto.
E non muteranno nemmeno il giorno in cui i giudici esecutori del volere di
qualche ministro non ci condanneranno più alla galera.
La nostra lotta, come anarchici, è contro il militarismo in tutte le sue
forme ed anche contro ciò di cui esso è emanazione: lo stato.
E non saranno nè la repressione nè le loro futili
concessioni che riusciranno a recuperarci a 
quelle regole entro le quali vorrebbero che tutti si muovessero.
Perchè a noi, invece, piace spaziare nel campo del nostro libero arbitrio."
Giacomo
dal carcere di Altamura (Bari)

COSCRITTO O VOLONTARIO LA MISSIONE È LA STESSA: 
CONTROLLARE ED UCCIDERE

NÈ DI LEVA, NÈ PROFESSIONALE

NON VOGLIAMO ESERCITI,
LIBERTÀ PER TUTTI GLI ANTIMILITARISTI INCARCERATI

(a cura della Cassa di Solidarietà Antimilitarista)     

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--------------------------------------------I PROFESSIONISTI DEL MASSACRO

È dai tempi dei ministri socialisti della difesa che si è fatto strada in
Italia il progetto del Nuovo Modello di Difesa, tanto casuale e altalenante
nella realizzazione quanto lineare nella concezione e nella direzione di
marcia: dopo la fine della contrapposizione Est-Ovest e della guerra fredda,
la nuova minaccia agli interessi dei padroni del mondo, al mondo ricco e
"sviluppato", verrebbe dalle enormi schiere di diseredati, di esclusi, che
si affacciano al primo mondo reclamando la loro parte. Insieme a questo, il
pericolo che piccoli dittatori, piccole potenze cresciute nell'ombra dei
grandi, foraggiate come locali cani da guardia, vogliano aspirare a "salire
di grado" molestando interessi più vasti o pretendendo nuovi spazi non concessi.
In questa chiave possiamo leggere la Guerra del Golfo, l'intervento in
Somalia, quello in Ex-Jugoslavia, volta a volta presentati come "operazione
di polizia internazionale", "interventi umanitari" solo per mascherare la
difesa di interessi economici, politici o più banalmente il tentativo di
riportare ad un sufficiente livello di stabilità una situazione
endemicamente instabile sfuggita di mano.
L'esercito italiano è stato partner sempre presente in queste avventure,
sparando e bombardando, mentre anche all'interno dei confini svolge un ruolo
più attivo deportando gli immigrati albanesi o assediando Sicilia e Sardegna
con il pretesto di "difendere" dalla mafia.
Per questi nuovi obbiettivi un popoloso esercito di leva da gettare al
massacro nell'epica battaglia fra i buoni occidentali e i barbari dell'Est
non serve più. Non serve più nemmeno come scuola di pseudovalori di
obbedienza, gerarchia, patriottismo. Quello di cui lo Stato ha bisogno è un
esercito capace di intervenire in modo rapido ed efficente ovunque,
esprimendo in questo una tendenza presente in tutta l'Europa.
Spogliatosi di alcuni vestiti ormai polverosi l'esercito del Nuovo Modello
di Difesa si presenta nudo e crudo per quello che è: un manipolo di
professionisti del massacro armati di tutto punto al servizio degli
interessi dei gruppi economici e politici nazionali ed internazionali.
Quindi: secca diminuzione dell'organica di leva e del periodo di ferma e
aumento numerico e qualitativo dei militari di professione, inquadrati in
corpi speciali ad alta densità tecnologica, con nutriti stipendi e relativi
compensi per le missioni, con un canale preferenziale per entrare come
dipendenti dell'amministrazione statale una volta smessa la divisa
grigioverde. Il tutto con contorno di maggiori spese militari e crescente
militarizzazione del territorio.

LA SOLIDARIETÀ COATTA
Alla funzione ideologica educatrice all'obbedienza del servizio di leva
andrebbe così a sostituirsi una nuova, analoga funzione ideologica del
servizio civile: quasi tutti i progetti vanno infatti nel senso di spostare
la gran massa di giovani ormai inutili per l'esercito in un servizio civile
obbligatorio per tutti.
La carica antimilitarista dell'obiezione di coscienza, già ampiamente
svuotata di ogni reale incidenza attraverso l'istituzione di un servizio
civile "alternativo" a quello militare, verrebbe definitivamente affossata
in un sistema assolutamente complementare a quello militare.
L'assurdità di come si possa fare della solidarietà sotto costrizione,
l'assurdità di un sistema "solidale" che non risolve problemi ma che solo
lenisce gli effetti più disastrosi la cui causa è l'attuale complesso
politico-economico e militare è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno.
Gli obiettori di coscienza diverrebbero quindi definitivamente un nutrito
esercito di manodopera non sindacalizzata a bassissimo costo che entrerebbe
in competizione con schiere di disoccupati e sottoccupati create
dall'attuale assetto sociale.
In più, il progetto di integrare le donne sia nell'esercito militare che in
quello del volontariato coatto si configura come una nuova riappropiazione
da parte dello Stato del corpo della donna: la vera "pari opportunità" in
senso positivo starebbe invece nel fatto che anche gli uomini non fossero
costretti a donare un anno della propria vita allo Stato, e non nel contrario.

LA NONSOTTOMISSIONE GENERALIZZATA
Nel contesto del servizio di leva, quindi, l'unico mezzo di lotta che
mantiene un reale significato antimilitarista è la nonsottomissione; rifiuto
del servizio militare, quindi sottrazione materiale di "carne da cannone";
rifiuto del servizio civile come falsa alternativa che contribuisce, sia
pure al di là della buona volontà di chi lo svolge, al mantenimento
dell'esercito; rifiuto della leva in quanto rifiuto della pretesa dello
Stato di essere proprietario dei nostri corpi, del nostro tempo, della
nostra volontà; rifiuto quindi del militarismo come meccanismo perverso di
comando/obbedienza, di gerarchia, di annullamento dell'individuo.
Il contesto del Nuovo Modello di Difesa, diminuendo l'importanza del
fattore-leva, impone un'attenzione maggiore ad altri ambiti e forme di
lotta: contro un sistema politico-economico basato sullo sfruttamento, sul
dominio, sulla rapina quotidiana, sul controllo, sulla repressione, su
autorità e proprietà, infine sull'esercito come difensore di privilegi e
potere, occorre generalizzare la nonsottomissione: contrastare l'occupazione
militare del territorio, le avventure all'estero, opporsi alle spese
militari, lottare per la riconversione delle industrie belliche e per l'uso
demilitarizzato e sociale delle strutture e delle aree militari, facendo
dell'antimilitarismo uno dei cardini delle lotte sociali, territoriali ed
ecologiche.

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COMITATO ANTIMILITARISTA ANARCHICO ABRUZZESE

Il nostro Comitato ha pochi mesi di vita. In questo breve periodo abbiamo
già avuto occasione di occuparci di due compagni, detenuti in Sulmona (Aq),
proprio per il loro rifiuto di svolgere il servizio di leva e quello civile.
La nostra iniziativa non ha fatto altro che riprendere lo spirito che, in
passato, ha guidato i tanti Comitati di Difesa all'interno del movimento
anarchico. Ovvero, gruppi spontanei che seguivano i singoli compagni
detenuti durante tutta la carcerazione. Ciò significava e significa tuttora: 
- mantenere rapporti epistolari
- contattare dei legali
- diffondere all'esterno degli scritti
- far conoscere la situazione del compagno detenuto
- ospitare parenti ed amici dello stesso.
Certo, piccole cose si dirà, visto che per noi anarchici è intollerabile che
un individuo sia chiuso a chiave per una sola ora della sua esistenza. In
questo riconosciamo i nostri limiti. Tuttavia, piuttosto che considerare la
galera come "incidente di percorso" del singolo rivoluzionario, abbiamo
deciso di stringerci attorno al compagno detenuto in questo particolare
periodo della sua vita di ribelle.
Non riusciamo nemmeno ad immaginare la nostra libertà fino a che resteranno
in piedi quelle orride costruzioni chiamate galere.
La nostra rabbia, nel portare avanti questa attività solidaristica, non
arretra nemmeno di fronte al fatto che le pene dei nonsottomessi sono
sensibilmente diminuite dall'89 ad oggi. No, con il potere militare non
siamo disponibili a contrattare neanche un sol giorno della nostra
esistenza. La coscrizione obbligatoria è e resta una barbarie e noi
l'avverseremo con tutte le nostre forze.
Per contatti: STEFANO c/o C.S.L. "Di Sciullo" - Via M. Milano, 9/b - 66100
CHIETI - Tel. 0871/71212
Un mondo libero non può che essere un mondo dove la libertà e il benessere
siano di tutti. Un mondo pacifico non può che essere un mondo senza
eserciti, senza Stati e senza padroni.

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CASSA DI SOLIDARIETÀ ANTIMILITARISTA

La Cassa di Solidarietà Antimilitarista nacque nel 1985 per mano di alcuni
compagni che sentirono l'esigenza di dotare il movimento antimilitarista di
uno strumento utile a sostenere materialmente la causa di chi rifiutava di
indossare la divisa e di svolgere il servizio civile sostitutivo.
La Cassa assolveva, e assolve tuttora che la gestione è passata ad un gruppo
di antimilitaristi veronesi, il compito di raccogliere i fondi necessari ad
appoggiare le scelte dei nonsottomessi: spese legali ai processati,
contributi ai detenuti, ...   Oltre a questo si propone anche come centro di
propaganda attiva antimilitarista. alla solidarietà quindi si aggiungono
anche le campagne propagandistiche, atte a rendere nota la scelta di rifiuto
dei compagni latitanti o carcerati, alla diffusione di notizie sulla loro
situazione e, in caso di arresto, dell'indirizzo del carcere in modo di
favorire i contatti del nonsottomesso con l'esterno, pubblicazione di
materiale stampato, opuscoletti, manifesti, organizzazione di assemblee e
manifestazioni...

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IL DISERTORE
Foglio di collegamento della Cassa di Solidarietà Antimilitarista

"Il disertore" si propone come primo mattone per ricostruire quell'unità
d'intenti che un tempo ci contraddistingueva come antimilitaristi, al di là
di sigle, simpatie, appartenenze. E' un bollettino più o meno mensile, a
seconda delle impellenze e delle scadenze, di semplice fattezza (un foglio
A4), pensato per essere facilmente fotocopiabile e diffondibile da chiunque.
Il disertore si propone come veloce mezzo di collegamento, circolazione di
notizie (processi, manifestazioni, incontri, serate benefit...), un
contenitore e spazio aperto di confronto di cui speriamo usufruiscano
soprattutto quei compagni che intendono propagandare il loro gesto di
insubordinazione, comunicarsi e scambiarsi idee/progetti in proposito. 

Per contatti: C.S.A. c/o Kronstadt C.P. 516,
37100 Verona  
Tel:  045/8902003
Fax:  045/8036041
Per versamenti:  C.c.p. n° 13013370 intestato a: Luca Zevio - Via M.
Faliero, 171- 37100 Verona, specificando la causale 

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SENZAPATRIA
Luogo di comunicazione antimilitarista ed antiautoritaria

Senzapatria è una pubblicazione che nasce nel 1978 ed in anni ancora
fortemente segnati dalla contrapposizione fra i blocchi militari dell'est e
dell'ovest e dalla prospettiva di una degenerazione bellica che avrebbe
potuto portare alla catastrofe nucleare, il gruppo redazionale spostava
l'attenzione sugli aspetti meno spettacolari e massificanti proponendo una
riflessione, ed una lotta, sulle cause, sul senso, sugli interessi del
militarismo.
Senzapatria si è quindi trovata rispetto alla precisa questione del
"militare" a propagandare e sostenere, assieme a tutte le possibili lotte,
il rifiuto del servizio militare e del servizio civile. Un signornò
all'obbedienza in grigioverde e in "borghese"; un signorsì alla dignità e
alla libertà.
Una proposta che riteniamo tanto più valida oggi che con il crollo del
"muro" sono cadute anche le tensioni pacifiste, lasciando una realtà
desolante fatta ancora di guerre, violenze, devastazioni in tutte le parti
del mondo che non siano il giardino del benessere occidentale. 
Senzapatria, strumento di un movimento di lotta e di riflessione che si è
affievolito in questi anni di distrazione e rassegnazione generalizzata, è
in un periodo di "ristrutturazione". Dopo un anno di sospensione delle
pubblicazioni una nuova redazione, con sede alla Scintilla di Modena, stà
provando a rivitalizzare l'iniziativa, con senso di continuità rispetto alle
elaborazioni del passato, ma sperimentando nuove formule comunicative.
Senzapatria è un giornale "in movimento": non è un organo o espressione di
nessun gruppo o area politica definita, ma solo delle persone che vi scrivono.
Per contatti: Senzapatria c/o La Scintilla - Via Attiraglio, 66 - 41100  Modena

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