******************************************************************************* SIAMO FUORI SERVIZIO! ---------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------- " Non credere a chi ti comanda, a chi ti punisce, a chi ti ammaestra, a chi ti insulta, a chi ti deride, a chi ti lusinga, a chi ti inganna, a chi ti disprezza essi non sanno che tu sei ancora un uomo libero " M.Bernardi La questione antimilitarista, ricondotta sui binari di un generico pacifismo o ridotta esclusivamente a sinonimo di non-violenza, rischia spesso dLi perdere il connotato antiautoritario che gli anarchici non hanno mai smesso di evidenziare: la complementarietà di esercito e Stato. Viene da se che l'esercito e il militarismo -quest'ultimo non solo ideologia di sostegno all'esistenza di divise e caserme ma disvalore che permea molti aspetti della cultura e della società- in un'ottica libertaria sono l'aspetto più evidente di una particolare organizzazione comunitaria fondata sulla gerarchia e lo sfruttamento. Quale incisiva critica antimilitarista è possibile senza attaccare i presupposti su cui si basa l'attuale ordine societario ? Il pensiero e l'azione degli anarchici evidenziano dunque nel militarismo (come pseudo-cultura) una delle cinghie di trasmissione del Sapere e della Morale corrente. La nocività di una pervasiva ingerenza dell'ideologia militarista nei processi conoscitivi, normativi e culturali non è meno pericolosa per l'individuo libertario che la presenza dei soldati in piazza. Per opporsi al bellicistico esistente rifiutandolo in toto, l'individuo deve maturare una profonda convinzione che lo rende in prima persona protagonista e artefice di un cambiamento: l'atto di renitenza non può che avere un incipt individuale perchè, fuori dalle vetuste strategie di massa, è solo la presa di coscienza del singolo -come del resto il pensiero anarchico ha sempre evidenziato- alla base di una possibile mutazione radicale. Lo Stato abbisogna di un apparato difensivo e aggressivo per reggersi. Sia totalitaria o si dica democratica "l'associazione di dominio in forma di istituzione" (lo Stato, per dirla alla Weber) non può pensare di funzionare e tenere a bada le forze disgregatrici all'interno o fuori dai suoi confini senza l'ausilio di un organismo militare. Usufruendo di un bombardamento propagandistico ad alto livello, l'esercito viene presentato e teorizzato come portatore di valori e di ruoli opposti a quelli per cui di fatto è stato creato e continua ad esistere. Diventa cosi unico garante della pace e della sicurezza e la gente viene coinvolta emotivamente nell'accettazione complice di terrificanti strutture di guerra, morte e distruzione: indulgono ad affidare agli Stati la stessa gestione della pace. Si verifica in tal modo una sostanziale leggittimazione della politica militare che sottende alla logica di guerra o a una presunta pace intesa come semplice assenza momentanea di guerra (...) . L'esercito va rifiutato per essere eclissato come concezione e come mentalità, prima che come struttura. (Andrea Papi) . La negazione dell'esercito ha una reale portata trasformatrice quando si fonde con la negazione dello Stato. Come dire, la pedina militare sullo scacchiere del mondo è sempre mossa dal re, il quale però ne dipende: l'esercito c'è in quanto esiste lo Stato, lo Stato (r)esiste in quanto c'è l'esercito. Con la scelta di non-collaborazione gli antimilitaristi vogliono smascherare e sottolineare la funzione repressiva dello Stato e della sua appendice più violenta. Secondo gli oppositori a qualsiasi principio di comando, l'esercito è considerato il luogo in cui vengono affermati, inculcati e trasmessi i valori più negativi che mai corpo sociale abbia potuto produrre: l'obbedienza, la sottomissione, il culto della forza, l'individualismo, la rinuncia al rispetto di se stessi, l'odio per la diversità, il culto del potere, l'esaltazione della violenza, (...) l'esercito è una scuola soprattutto. E' questo il suo compito di tutti i giorni: educare, persuadere, plasmare, convincere, abituare. Abituare a sopportare i soprusi, ad obbedire senza discutere, ad accettare le umiliazioni sol che provengano da uno che sulla manica della giacca ha un pezzo di stoffa in più. (Agostino Manni) Contrastare tale disumanizzante etica in grigioverde significa far vacillare le fondamenta del nostro quieto vivere e recidere ogni legame di complicità e rassegnazione. L'OBBEDIENZA NON E' MAI STATA UNA VIRTU' Per affermare le mie convinzioni devo praticarle.(Carlo Mariani) La divergenza, che ha ormai il sapore di un'insanabile frattura tra l'antiautoritario e l'antimilitarista ancora speranzoso in una riforma pacifista dello Stato, è la discriminante tra chi collabora e si avvale delle istituzioni per combattere l'esercito e chi considera queste istituzioni responsabili della stessa esistenza di un corpo militare. sempre minoritaria all'interno del variegato arcipelago antimilitarista, la posizione degli obiettori totali è stata via via emarginata, snobbata, criticata, in una parola ignorata come valido strumento di lotta per opporsi alla naja e al suo mondo fatto di coercizione e spersonalizzazione. La contestazione pacifista approda nell'alveo istituzionale con l'approvazione della legge 772 del dicembre 1972. Riconoscendo e regolamentando l'obiezione di coscienza, lo Stato italiano influì non poco a trasformare un movimento a carattere antiistituzionale sovversivo in movimento riformista tutto teso -come riporta il bimestrale "Senzapatria" nel numero 37- a difendere e a non perdere quanto conquistato, non accorgendosi di avere già perso tutto: compreso il significato teorico e pratico dell'obiezione al servizio militare come rifiuto stesso. Dall'identificazione riduttiva dell'obiezione di coscienza a mero svolgimento di un servizio civile, fino al disconoscimento del valore intrinseco dell'azione antimilitarista finalizzata all'eliminazione di tutti gli eserciti, la maggior parte delle associazioni pacifiste di anno in anno si sono rese complici della stessa struttura che nutre gli apparati bellici. Parte da questa constatazione la presa di posizione di coloro che si rifiutano di indossare una divisa ma al contempo non accettano un "obiezione di convenienza" che non mette in discussione essenza ed esistenza degli eserciti. Disobbedendo alla sopraffazione, i nonsottomessi con il loro gesto non solo ribadiscono la dignità di uomini liberi e la loro libertà di scelta, ma contestano il meccanismo di comando-obbedienza, alla base di qualsiasi organizzazione dominante. Centrato il cuore del problema, lo Stato ferito nel suo orgoglio democratico, risponde con mesi di galera. L'apparato statale esce così allo scoperto con tutta la sua ipocrisia e mentre blatera di pace e di giustizia sociale, come nella migliore tradizione latino-americana, nasconde nelle sue carceri chi nei fatti le guerre non le vuole fare e i suoi signori non li vuole servire. Un obiettore totale in galera è un prigioniero politico a tutti gli effetti, detenuto per le proprie idee da un regime statale a cui egli non riconosce il diritto di esistere. (Manuel Aiachini) LA SITUAZIONE DEI NONSOTTOMESSI OGGI Adesso stringo il pugno che si alza al cielo e capisco che non sono solo.(Daniele Porto) Attualmente coloro che hanno detto "signornò" alla coscrizione militare come all'obbligatorietà sostitutiva in attesa di processo o già condannati ma ancora "a piede libero" sono in tutta Italia una quarantina. Un numero sicuramente elevato rispetto alla situazione di una decina di anni fa quando si veniva a conoscenza di pochi casi nel corso di un anno, sostenuti però da una propaganda tale da sollevare a volte veri e propri casi politici. Adesso il clima è cambiato e, seppur il dato del costante aumento dei nonsottomessi sia confortante, non si respira più quell'aria di solidaristico impegno capace di creare intorno all'antimilitarista detenuto -oltre a gruppi d'appoggio- una massiccia campagna informativa in favore della sua scarcerazione. Il colpevole silenzio dei mass-media e l'indifferenza di chi a parole magari difende a spada tratta i disertori (basta che siano aldilà dei sacri confini nazionali), non accorgendosi per miopia di gravi attentati alla libertà individuale che gli avvengono sotto casa, sono tra le cause imputabili all'impopolarità della scelta di nonsottomissione. Gli strumenti che sostengono la pratica della nonsottomissione non sono molti: a parte l'indispensabile attività di singoli o gruppi a livello locale, il movimento antimilitarista antiautoritario ha a disposizione la rivista "Senzapatria", nata nel 1978, che ha sempre espressamente appoggiato la causa dell' obiezione totale, e la Cassa di Solidarietà Antimilitarista, sorta nel 1985 per assolvere il compito di raccogliere i fondi necessari all' aiuto economico (spese legali ai processati, contributi ai detenuti) e alla pubblicazione di materiale propagandistico. ---------------------------------------------------------------------------- ----------------------------------------- ... "Quel filo spinato era un insulto, un'umiliazione che ogni giorno dovevo subire. Uno dei tanti strumenti di tortura psicologica con la quale ogni anno duecentomila giovani vengono 'educati alla vita'. La vita militare mi stava trasformando; i gesti, le azioni, persino i pensieri, diventavano meccanici. Sentivo che la mia individualità si stava spegnendo lentamente, una garrotta invisibile manovrata da un boia, altrettanto invisibile, strozzava la mia coscienza. Era naturale, quando i giorni si susseguono uguali, quando devi fare sempre le stesse cose, a che ti serve una coscienza, un'individualità ? Io che sono uno spirito libero e non ho voglia di sotto-mettermi a nessuno ho scelto la strada più logica e, perchè no, più divertente per esprimermi: ho disertato." Marzio attualmente incarcerato a "Forte Boccea" (Roma) ... "Comunque quale che sia il luogo in cui lo stato ci tiene prigionieri, i nostri sentimenti di odio verso il militarismo e l'autoritarismo in generale, non mutano affatto. E non muteranno nemmeno il giorno in cui i giudici esecutori del volere di qualche ministro non ci condanneranno più alla galera. La nostra lotta, come anarchici, è contro il militarismo in tutte le sue forme ed anche contro ciò di cui esso è emanazione: lo stato. E non saranno nè la repressione nè le loro futili concessioni che riusciranno a recuperarci a quelle regole entro le quali vorrebbero che tutti si muovessero. Perchè a noi, invece, piace spaziare nel campo del nostro libero arbitrio." Giacomo dal carcere di Altamura (Bari) COSCRITTO O VOLONTARIO LA MISSIONE È LA STESSA: CONTROLLARE ED UCCIDERE NÈ DI LEVA, NÈ PROFESSIONALE NON VOGLIAMO ESERCITI, LIBERTÀ PER TUTTI GLI ANTIMILITARISTI INCARCERATI (a cura della Cassa di Solidarietà Antimilitarista) ---------------------------------------------------------------------------- --------------------------------------------I PROFESSIONISTI DEL MASSACRO È dai tempi dei ministri socialisti della difesa che si è fatto strada in Italia il progetto del Nuovo Modello di Difesa, tanto casuale e altalenante nella realizzazione quanto lineare nella concezione e nella direzione di marcia: dopo la fine della contrapposizione Est-Ovest e della guerra fredda, la nuova minaccia agli interessi dei padroni del mondo, al mondo ricco e "sviluppato", verrebbe dalle enormi schiere di diseredati, di esclusi, che si affacciano al primo mondo reclamando la loro parte. Insieme a questo, il pericolo che piccoli dittatori, piccole potenze cresciute nell'ombra dei grandi, foraggiate come locali cani da guardia, vogliano aspirare a "salire di grado" molestando interessi più vasti o pretendendo nuovi spazi non concessi. In questa chiave possiamo leggere la Guerra del Golfo, l'intervento in Somalia, quello in Ex-Jugoslavia, volta a volta presentati come "operazione di polizia internazionale", "interventi umanitari" solo per mascherare la difesa di interessi economici, politici o più banalmente il tentativo di riportare ad un sufficiente livello di stabilità una situazione endemicamente instabile sfuggita di mano. L'esercito italiano è stato partner sempre presente in queste avventure, sparando e bombardando, mentre anche all'interno dei confini svolge un ruolo più attivo deportando gli immigrati albanesi o assediando Sicilia e Sardegna con il pretesto di "difendere" dalla mafia. Per questi nuovi obbiettivi un popoloso esercito di leva da gettare al massacro nell'epica battaglia fra i buoni occidentali e i barbari dell'Est non serve più. Non serve più nemmeno come scuola di pseudovalori di obbedienza, gerarchia, patriottismo. Quello di cui lo Stato ha bisogno è un esercito capace di intervenire in modo rapido ed efficente ovunque, esprimendo in questo una tendenza presente in tutta l'Europa. Spogliatosi di alcuni vestiti ormai polverosi l'esercito del Nuovo Modello di Difesa si presenta nudo e crudo per quello che è: un manipolo di professionisti del massacro armati di tutto punto al servizio degli interessi dei gruppi economici e politici nazionali ed internazionali. Quindi: secca diminuzione dell'organica di leva e del periodo di ferma e aumento numerico e qualitativo dei militari di professione, inquadrati in corpi speciali ad alta densità tecnologica, con nutriti stipendi e relativi compensi per le missioni, con un canale preferenziale per entrare come dipendenti dell'amministrazione statale una volta smessa la divisa grigioverde. Il tutto con contorno di maggiori spese militari e crescente militarizzazione del territorio. LA SOLIDARIETÀ COATTA Alla funzione ideologica educatrice all'obbedienza del servizio di leva andrebbe così a sostituirsi una nuova, analoga funzione ideologica del servizio civile: quasi tutti i progetti vanno infatti nel senso di spostare la gran massa di giovani ormai inutili per l'esercito in un servizio civile obbligatorio per tutti. La carica antimilitarista dell'obiezione di coscienza, già ampiamente svuotata di ogni reale incidenza attraverso l'istituzione di un servizio civile "alternativo" a quello militare, verrebbe definitivamente affossata in un sistema assolutamente complementare a quello militare. L'assurdità di come si possa fare della solidarietà sotto costrizione, l'assurdità di un sistema "solidale" che non risolve problemi ma che solo lenisce gli effetti più disastrosi la cui causa è l'attuale complesso politico-economico e militare è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno. Gli obiettori di coscienza diverrebbero quindi definitivamente un nutrito esercito di manodopera non sindacalizzata a bassissimo costo che entrerebbe in competizione con schiere di disoccupati e sottoccupati create dall'attuale assetto sociale. In più, il progetto di integrare le donne sia nell'esercito militare che in quello del volontariato coatto si configura come una nuova riappropiazione da parte dello Stato del corpo della donna: la vera "pari opportunità" in senso positivo starebbe invece nel fatto che anche gli uomini non fossero costretti a donare un anno della propria vita allo Stato, e non nel contrario. LA NONSOTTOMISSIONE GENERALIZZATA Nel contesto del servizio di leva, quindi, l'unico mezzo di lotta che mantiene un reale significato antimilitarista è la nonsottomissione; rifiuto del servizio militare, quindi sottrazione materiale di "carne da cannone"; rifiuto del servizio civile come falsa alternativa che contribuisce, sia pure al di là della buona volontà di chi lo svolge, al mantenimento dell'esercito; rifiuto della leva in quanto rifiuto della pretesa dello Stato di essere proprietario dei nostri corpi, del nostro tempo, della nostra volontà; rifiuto quindi del militarismo come meccanismo perverso di comando/obbedienza, di gerarchia, di annullamento dell'individuo. Il contesto del Nuovo Modello di Difesa, diminuendo l'importanza del fattore-leva, impone un'attenzione maggiore ad altri ambiti e forme di lotta: contro un sistema politico-economico basato sullo sfruttamento, sul dominio, sulla rapina quotidiana, sul controllo, sulla repressione, su autorità e proprietà, infine sull'esercito come difensore di privilegi e potere, occorre generalizzare la nonsottomissione: contrastare l'occupazione militare del territorio, le avventure all'estero, opporsi alle spese militari, lottare per la riconversione delle industrie belliche e per l'uso demilitarizzato e sociale delle strutture e delle aree militari, facendo dell'antimilitarismo uno dei cardini delle lotte sociali, territoriali ed ecologiche. ---------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------- COMITATO ANTIMILITARISTA ANARCHICO ABRUZZESE Il nostro Comitato ha pochi mesi di vita. In questo breve periodo abbiamo già avuto occasione di occuparci di due compagni, detenuti in Sulmona (Aq), proprio per il loro rifiuto di svolgere il servizio di leva e quello civile. La nostra iniziativa non ha fatto altro che riprendere lo spirito che, in passato, ha guidato i tanti Comitati di Difesa all'interno del movimento anarchico. Ovvero, gruppi spontanei che seguivano i singoli compagni detenuti durante tutta la carcerazione. Ciò significava e significa tuttora: - mantenere rapporti epistolari - contattare dei legali - diffondere all'esterno degli scritti - far conoscere la situazione del compagno detenuto - ospitare parenti ed amici dello stesso. Certo, piccole cose si dirà, visto che per noi anarchici è intollerabile che un individuo sia chiuso a chiave per una sola ora della sua esistenza. In questo riconosciamo i nostri limiti. Tuttavia, piuttosto che considerare la galera come "incidente di percorso" del singolo rivoluzionario, abbiamo deciso di stringerci attorno al compagno detenuto in questo particolare periodo della sua vita di ribelle. Non riusciamo nemmeno ad immaginare la nostra libertà fino a che resteranno in piedi quelle orride costruzioni chiamate galere. La nostra rabbia, nel portare avanti questa attività solidaristica, non arretra nemmeno di fronte al fatto che le pene dei nonsottomessi sono sensibilmente diminuite dall'89 ad oggi. No, con il potere militare non siamo disponibili a contrattare neanche un sol giorno della nostra esistenza. La coscrizione obbligatoria è e resta una barbarie e noi l'avverseremo con tutte le nostre forze. Per contatti: STEFANO c/o C.S.L. "Di Sciullo" - Via M. Milano, 9/b - 66100 CHIETI - Tel. 0871/71212 Un mondo libero non può che essere un mondo dove la libertà e il benessere siano di tutti. Un mondo pacifico non può che essere un mondo senza eserciti, senza Stati e senza padroni. ---------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------- CASSA DI SOLIDARIETÀ ANTIMILITARISTA La Cassa di Solidarietà Antimilitarista nacque nel 1985 per mano di alcuni compagni che sentirono l'esigenza di dotare il movimento antimilitarista di uno strumento utile a sostenere materialmente la causa di chi rifiutava di indossare la divisa e di svolgere il servizio civile sostitutivo. La Cassa assolveva, e assolve tuttora che la gestione è passata ad un gruppo di antimilitaristi veronesi, il compito di raccogliere i fondi necessari ad appoggiare le scelte dei nonsottomessi: spese legali ai processati, contributi ai detenuti, ... Oltre a questo si propone anche come centro di propaganda attiva antimilitarista. alla solidarietà quindi si aggiungono anche le campagne propagandistiche, atte a rendere nota la scelta di rifiuto dei compagni latitanti o carcerati, alla diffusione di notizie sulla loro situazione e, in caso di arresto, dell'indirizzo del carcere in modo di favorire i contatti del nonsottomesso con l'esterno, pubblicazione di materiale stampato, opuscoletti, manifesti, organizzazione di assemblee e manifestazioni... ---------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------- IL DISERTORE Foglio di collegamento della Cassa di Solidarietà Antimilitarista "Il disertore" si propone come primo mattone per ricostruire quell'unità d'intenti che un tempo ci contraddistingueva come antimilitaristi, al di là di sigle, simpatie, appartenenze. E' un bollettino più o meno mensile, a seconda delle impellenze e delle scadenze, di semplice fattezza (un foglio A4), pensato per essere facilmente fotocopiabile e diffondibile da chiunque. Il disertore si propone come veloce mezzo di collegamento, circolazione di notizie (processi, manifestazioni, incontri, serate benefit...), un contenitore e spazio aperto di confronto di cui speriamo usufruiscano soprattutto quei compagni che intendono propagandare il loro gesto di insubordinazione, comunicarsi e scambiarsi idee/progetti in proposito. Per contatti: C.S.A. c/o Kronstadt C.P. 516, 37100 Verona Tel: 045/8902003 Fax: 045/8036041 Per versamenti: C.c.p. n° 13013370 intestato a: Luca Zevio - Via M. Faliero, 171- 37100 Verona, specificando la causale ---------------------------------------------------------------------------- ----------------------------------------- SENZAPATRIA Luogo di comunicazione antimilitarista ed antiautoritaria Senzapatria è una pubblicazione che nasce nel 1978 ed in anni ancora fortemente segnati dalla contrapposizione fra i blocchi militari dell'est e dell'ovest e dalla prospettiva di una degenerazione bellica che avrebbe potuto portare alla catastrofe nucleare, il gruppo redazionale spostava l'attenzione sugli aspetti meno spettacolari e massificanti proponendo una riflessione, ed una lotta, sulle cause, sul senso, sugli interessi del militarismo. Senzapatria si è quindi trovata rispetto alla precisa questione del "militare" a propagandare e sostenere, assieme a tutte le possibili lotte, il rifiuto del servizio militare e del servizio civile. Un signornò all'obbedienza in grigioverde e in "borghese"; un signorsì alla dignità e alla libertà. Una proposta che riteniamo tanto più valida oggi che con il crollo del "muro" sono cadute anche le tensioni pacifiste, lasciando una realtà desolante fatta ancora di guerre, violenze, devastazioni in tutte le parti del mondo che non siano il giardino del benessere occidentale. Senzapatria, strumento di un movimento di lotta e di riflessione che si è affievolito in questi anni di distrazione e rassegnazione generalizzata, è in un periodo di "ristrutturazione". Dopo un anno di sospensione delle pubblicazioni una nuova redazione, con sede alla Scintilla di Modena, stà provando a rivitalizzare l'iniziativa, con senso di continuità rispetto alle elaborazioni del passato, ma sperimentando nuove formule comunicative. Senzapatria è un giornale "in movimento": non è un organo o espressione di nessun gruppo o area politica definita, ma solo delle persone che vi scrivono. Per contatti: Senzapatria c/o La Scintilla - Via Attiraglio, 66 - 41100 Modena ********************************************************************************Torna alla Pagina Precedente