TRATTO DA il Manifesto 03-02, back
|
Una manifestazione atipica
FLESSIBILI A GOGO TRE GENERAZIONI IN PIAZZA: LA NONNA OSPEDALIERA, LA MADRE PRECARIA E I FIGLI. A DISPETTO DEGLI SLOGAN DI BERLUSCONI, GIOVANI E ANZIANI SFILANO INSIEME
A Franca, Paola, Manuele e Lorenzo non deve proprio essere calato giù il messaggio di Berlusconi, «in piazza i padri contro i figli». Franca Torrini ha 67 anni, e sfila accanto alla figlia Paola Lai, di 42, che a sua volta è madre di Manuele e Lorenzo, di 15 e 9 anni. Tre generazioni in piazza, con gli stessi slogan. La situazione «chiave» è quella di Paola, che da ben 23 anni va avanti a contratti di collaborazione di 3 o 6 mesi, eternamente rinnovati e mai trasformati in un posto fisso, già esperta di formazione per il Comune e la Provincia di Roma, per una commissione del Senato e una sfilza di altri enti.
Dunque Berlusconi ha ragione, cara Paola: tua madre è tranquilla, pensionata, e tu sarai precaria a vita. Ma il nuovo governo, non temere, darà il posto ai tuoi figli togliendo un po' di tutele-zavorra agli iper-garantiti. «A questa promessa non ci credo - risponde Paola - e poi non è che io punti a un posto fisso, né lo auguro come unica possibilità ai miei figli. Il problema è che nella società di oggi, se ti piace cambiare spesso lavoro per essere più autonomo e creativo, non ci sono le strutture per vivere bene nei periodi di disoccupazione. Io ho dovuto fingere di non essere incinta fino agli 8 mesi, non ho la maternità retribuita, né le ferie. E fino a quando non c'era un sindacato per gli atipici non avevo neppure un punto di riferimento».
Paola si riferisce al Nidil Cgil, a cui è iscritta da qualche anno. Sua madre, Franca, ha tutta un'altra storia. Funzionaria del Pci per 20 anni, ospedaliera a Genova per 15, ha fatto tutte le lotte operaie dagli anni `50 a oggi, e porta un cartello con una grande foto della manifestazione per l'uccisione di Guido Rossa. «E' giusto poter scegliere il lavoro che si vuole. Quando ero giovane io esisteva solo il posto fisso e per anni ho vissuto in una camera ammobiliata, raggiungendo un grande traguardo quando ho potuto comprare una Seicento. Oggi i bisogni sono cambiati, le famiglie sono disposte anche a fare molti sacrifici per comprare una casa, cosa impossibile per i precari».
E i precari, dai Cococo agli interinali, comunque in piazza ci sono tutti, insieme ai ragazzi di McDonald's, American Express, Virgilio, Omnitel, Blu, Tim e di tutto il nuovo universo che raccoglie in sé l'atipico e il flessibile, o che semplicemente si trova esposto ai venti capricciosi della new economy. E se con l'articolo 18 ci si può sentire insicuri, figurarsi senza. Basta citare le parole di Umberto, anche lui del Nidil, borsista dell'istituto di ricerca Icram, appeso a un contratto che i suoi capi possono rinnovare o meno ogni anno: «Io non sono tutelato dall'articolo 18 - spiega - ma sono comunque venuto in piazza perché se si abbatte quello vanno indietro tutti gli altri diritti, e inevitabilmente ci indeboliamo anche noi precari che da tempo stiamo lottando per avere retribuzioni certe, la continuità del lavoro, la maternità e le ferie, una pensione».
Patrizia porta uno striscione della Filcams Cgil, lavora in un McDonald's e studia ingegneria: «La flessibilità mi va anche bene - dice - se mi dà modo di studiare e di gestire il tempo libero, ma non sono d'accordo con la modifica dell'articolo 18. Sui diritti non si tratta». Dello stesso parere è Fabrizio, 27 anni, dipendente di un supermercato Sir: «Senza il sindacato e l'articolo 18 non potremmo essere qui a manifestare, dovremmo temere i nostri padroni. Questo per noi è soltanto l'inizio, si deve lottare per tutelare i meno garantiti, come già avviene in Europa». E di Europa parla anche Stefano Lombardo, presidente del Cae (comitato aziendale europeo, associa le Rsu del continente) e dipendente di American Express: «In Italia chi viene licenziato precipita senza rete, mentre all'estero sono previsti corsi di formazione e varie possibilità di reinserimento. Molti colleghi stranieri ci hanno espresso la loro solidarietà per la manifestazione di oggi».
Tra le tante donne con i garofani rossi in mano ci sono anche loro, Elisabetta, Monica e Maria. La prima lavora per la catena di negozi Mercatone Uno, la seconda per la società di consulenza Mondimpresa, la terza per la ditta di pulizie Multiservizi. Tutte rispondono che sono in piazza «per poter continuare a scendere in piazza». Senza l'articolo 18 sarebbero ostaggi dei loro padroni, costrette a obbedire e a riorganizzare scaffali o a pulire gli uffici senza poter esprimere la propria idea di società. E Carmela, di una finanziaria della Renault, Stefania e Edo, della Feltrinelli, Sabrina, della Icram, Valerio, del call center Uicab, Barbara, della Ricordi, Giampaolo, un barista padovano licenziato e reintegrato grazie all'articolo 18, confermano decisi: «Sui diritti non si tratta».
|
|