TRATTO DA il Manifesto, 24-11-00 back


Primo sciopero nazionale all'Ikea



2000 I DIPENDENTI DELLA MULTINAZIONALE SVEDESE; ALTA LA PERCENTUALE DI PART TIME SOTTO LE 20 ORE SETTIMANALI

Qualcosa sta cambiando, nel corpo vivo dei lavoratori più a rischio che ci siano in Italia. Dopo i McDonald's e qualche call center la protesta raggiunge ora l'Ikea, la multinazionale svedese del "salotto standard". Il 25 novembre tutte e sei le filiali sono state interessate da uno sciopero di 8 ore. La decisione è stata presa dalle Rsu e da Cgil, Cisl e Uil, visto l'andamento delle trattative sul contratto integrativo.

I lavoratori dell'Ikea sono in maggioranza a part time, con una quota rilevante a orario assai ridotto (16 ore settimanali) e salario conseguente. La prima richiesta è dunque quella di un elevamento del contratto minimo di part time a 20 ore. Il secondo punto dolente è relativo alle aperture domenicali e dei festivi in genere. L'Ikea è una società che vuole restare aperta 7 giorni su 7, il che pone seri problemi di organizzazione del lavoro (e della vita) per i 2000 lavoratori. Una prima forma di tutela è stata la conquista dell'adesione volontaria al turno festivo e la retribuzione relativa aumentata del 30%. Ma non tutti i problemi sono stati risolti.

L'ultimo punto di contesa riguarda invece il "premio di partecipazione": l'azienda è ferma al milione e 800mila lire annue, contro i 3 milioni chiesti dal sindacato. Da sottolineare, come riferiscono fonti sindacali, che tra le imprese che ricorrono sistematicamente al part time l'Ikea gode fama di essere tra quelle più "sensibili" alle buone relazioni con le rappresentanze dei lavoratori. Nel senso che la "norma", in materia di lavoro precario, è assai peggiore.



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