TRATTO DA il Manifesto, back
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Prove di lotta in salsa Mac
Ieri alla 14 c'era gran ressa al Burger King di piazza Duomo, unico
polpettificio a disposizione a quell'ora. La concorrenza ha beneficiato
dello sciopero nei ristoranti McDonald's della zona che hanno cominciato
a friggere patatine un'ora dopo. Effetto dello sciopero proclamato dai
sindacati del commercio di Cgil, Cisl e Uil nei 40 McDonald's di Milano e
provincia. E' durato due giorni, l'ultimo del 2000 e il primo del 2001.
La
sera di San Silvestro alcuni McDonald's milanesi hanno tirato già la
saracinesca in anticipo, mentre è stata chiusura totale solo al Mc di
piazzale Loreto, il più sindacalizzato. Secondo le prime stime, su 1.200
dipendenti dell'area milanese hanno scioperato in 200. Pochi secondo i
parametri tradizionali, ma "un risultato buono e incoraggiante
trattandosi della prima volta e, soprattutto, trattandosi della
McDonald's" secondo Giuseppe Filippini, della Filcams-Cgil. La grande
Emme gialla è sinonimo universale, oltre che di omologazione del
gusto, di lavoro flessibile e precario, molta ideologia, bassi salari e
possibilmente zero sindacato.
Per attutire gli effetti dello sciopero i ristoranti Mc Donald's - sei a
gestione diretta, i restanti in franchising - hanno ridotto gli orari
d'apertura e spostato personale. Quelli che il pretenzioso lessico
aziendale definisce "manager", capiturno a un milione e 600 mila lire al
mese, hanno svolto le mansioni della "crew", la ciurma.
La rivolta contro i ruvidi metodi Big Mac è partita qualche mese fa da
Firenze e il sindacato sta cercando di battere il ferro per portare a casa
il riconoscimento dei diritti minimi e un accordo integrativo aziendale
che insegue invano da un anno e mezzo. Un accordo valido per tutti i
15 mila dipendenti dei 295 ristoranti della catena, dei quali solo una
trentina gestiti direttamente dalla multinazionale della polpetta.
McDonald's usa la divisione tra gestione diretta e franchising come alibi
per non trattare. Sostiene di non poter trattare per conto dei
licenziatari, ma è arcinoto che impedisce a questi ultimi di trattare in
proprio. Un McDonald's in franchising è giuridicamente un'azienda
indipendente; di fatto, però, dipende in tutto e per tutto - dall'arredo
alle materie prime, dalle procedure alla "filosofia" - dalla casa madre.
Quando in un ristorante in franchising mette piede il sindacato, spiega
Filippini, "scatta obbligatoriamente la consulenza imposta dalla
McDonald's".
Tre i punti fondamentali della piattaforma: inquadramento del
personale (può succedere che in ristoranti diversi un manager stia allo
stesso livello di un addetto alla friggitrice), gestione della flessibilità
(gli orari cambiano in continuazione e con preavviso di poche ore),
tutela della dignità. Dove per dignità si intendono cose semplici come
poter bere un bicchier d'acqua o andare in bagno nelle ore di lavoro. L'8
gennaio l'attivo nazionale dei delegati McDonald's farà il punto della
mobilitazione in corso.
Se questa non basterà a convicere la
multinazionale a trattare, cosa farà il sindacato? "Noi stiamo tentando
la via contrattuale", risponde Filippini, "di fronte all'ennesimo no della
McDonald's non ci resterà che la via giudiziaria". Ricorsi di massa alla
magistratura per come McDonald's usa e abusa del part time. In
assenza di accordi specifici, appendere in baccheca al sabato gli orari
della settimana successiva è "fuori norma". Solo questa inadempienza
vale un risarcimento di 4 milioni per ogni anno di lavoro per ogni
lavoratore. Ha già sentenziato così la magistratura di Firenze, Big Mac
faccia i suoi conti.
In un'esilarante megaintervista al Giornale, Mario Resca, presidente di
McDonald's Italia si vanta d'aver "rifocillato i comunisti" e si atteggia a
benefattore della patria: il "circa" milione al mese del part time al Big
Mac permette a tanti ragazzi di continuare gli studi. Sarà per questo
che alla McDonald's non concedono mai un giorno per il diritto allo
studio: il giorno dell'esame all'università coincide sempre d'ufficio con il
giorno di riposo.
Altra perla: alla McDonald's tutti possono fare carriera,
e il Italia bastano tre anni per diventare direttore di un ristorante,
contro i nove degli Usa. Il simpatico presidente tralascia di dire che la
paga del direttore è di ben due milioni netti al mese.
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