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«Noi,
intellettuali collettivi», intervista a Vittorio Agnoletto
Fino a qualche giorno fa si parlava del movimento
solo come un problema di ordine pubblico, ora in molti dicono di volere
un'interlocuzione con esso.
Penso che la forza di questo movimento si è colta ma soprattutto nella
tre giorni di discussione, dove è riuscito a essere fortemente propositivo,
e da questo punto di vista credo che abbiamo dimostrato di essere
un movimento fortemente competente e non, come molti analisti avevano
detto, di «bravi ragazzi». Questo è un movimento intergenerazionale,
che ha alle spalle lunghi percorsi di lotte specifiche su singoli
temi. Io lo definirei un «intellettuale collettivo». Inoltre, ha avuto
la capacità di allargare il proprio consenso con una molteplicità
di interlocutori sociali. Per spiegarne l'ampiezza faccio due esempi.
Il primo è l'aver deciso di organizzare la giornata
del precariato, il secondo l'incontro che ho avuto con una
sessantina di piccoli e medi imprenditori riuniti nella società «Prato
futura», che volevano capire se c'erano possibilità di rapporto con
noi. Partendo da un dato molto semplice: loro sono imprenditori tessili,
ad alta manodopera e bassa tecnologia, e l'attuale globalizzazione
fa sì che nel sud del mondo le multinazionali producano prodotti tessili
senza rispettare alcuna regola. E' evidente che questa piccola industria
rischia di chiudere, oscurata dai monopoli e oligopoli. Per questo
sono loro i primi a chiedere di individuare una battaglia per le regole
del commercio internazionale, sui diritti e per fermare lo strapotere
delle multinazionali. Questo movimento ha anche la caratteristica
di aggredire la globalizzazione neoliberista sui
luoghi di lavoro, in cui ripropone e assume centralmente la
vicenda dell'articolo 18, e si pone come interno ad essi e non come
qualcosa di esterno o sovrastrutturale; di intervenire sui consumi,
perché solo in questo modo siamo in grado di determinare il mercato;
e di agire sui risparmi, condizionando le banche armate.
Per la prima volta, siete riusciti a coinvolgere
anche la Cgil. Mentre tutti i partiti della sinistra sono costretti
a fare i conti con voi.
Credo che l'adesione della Cgil alle nostre iniziative sia stata un elemento importante. Ma dobbiamo superare la lettura di un movimento che pone le domande e della politica che risponde, proprio perché esso è competente, avanza delle proposte. Questo modifica i rapporti a cui eravamo abituati tra movimento e società politica.
Dunque Prodi, Fassino e Rutelli quando parlano
di voi partono da presupposti sbagliati?
Ritengo che questo movimento è destinato con la sua azione, e mantenendo le caratteristiche del pluralismo, dell'unità e dell'autonomia dalle formazioni politiche, a mettere in moto una trasformazione del quadro politico nel centrosinistra, anche come risultato della propria forza. Quando qualcuno si confronta con il movimento non può più rimanere uguale a se stesso, perché esso riesce a porre dei contenuti molto forti rispetto ai quali chiede agli altri di pronunciarsi.
Per esempio?
Noi poniamo al centro la questione della guerra, che ha una dimensione etica, vale a dire il rifiuto della guerra sempre e comunque, ma anche politica, cioè la guerra come parte integrante del neoliberismo. Quando diciamo no alla guerra senza se e senza ma, con o senza l'Onu, facciamo anche una critica fortissima al neoliberismo. Le forze politiche o la accettano o la rifiutano. Ecco perché chiediamo uno sciopero generale.
E' dunque su questo tema che si misura la possibilità di un rapporto
con voi.
Oggi appoggiare una guerra votata dall'Onu significa pensare di mettere
in posizione subalterna i valori etici rispetto alla realpolitik.
Inoltre, significa non aver capito che questo movimento pone un'alternativa
di sistema. Questo movimento invita alla fuoriuscita dal pensiero
unico. Alle forze che vogliono dialogare con noi dico che siamo aperti
al dialogo con tutti. Credo che sia una vittoria del movimento che
Casini dica che bisogna discuterne in parlamento, perché significa
che tutti hanno dovuto prendere atto dell'importanza dei nostri temi.
Detto questo, sia chiaro che le nostre sono scelte radicali, perché
non c'è spazio per riformare il neoliberismo. E' positivo che Prodi
voglia dialogare con il movimento, ma a patto che non ci consideri
bravi ragazzi che hanno bisogni che devono essere letti, perché siamo
un movimento adulto e competente che fa delle proposte.
E poi confrontiamoci sulla questione della Convenzione europea. Noi
poniamo un problema di metodo e di contenuti. Il primo è che essa
deve essere discussa in modo ampio tra i movimenti sociali e non può
essere qualcosa di elaborato soltanto dai rappresentanti del Parlamento
europeo, del Consiglio d'Europa o della Commissione, perché oggi è
diverso il rapporto tra istituzioni politiche e cittadini. Il secondo
è che deve rifiutare la guerra sotto qualunque forma e in essa deve
essere chiaro quali sono i diritti sociali esigibili, cioè non sottoposti
alle compatibilità finanziarie dei soggetti del liberismo dominante.
Thanx to Manfo |