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31-10-02

  «Noi, intellettuali collettivi», intervista a Vittorio Agnoletto

Fino a qualche giorno fa si parlava del movimento solo come un problema di ordine pubblico, ora in molti dicono di volere un'interlocuzione con esso.
Penso che la forza di questo movimento si è colta ma soprattutto nella tre giorni di discussione, dove è riuscito a essere fortemente propositivo, e da questo punto di vista credo che abbiamo dimostrato di essere un movimento fortemente competente e non, come molti analisti avevano detto, di «bravi ragazzi». Questo è un movimento intergenerazionale, che ha alle spalle lunghi percorsi di lotte specifiche su singoli temi. Io lo definirei un «intellettuale collettivo». Inoltre, ha avuto la capacità di allargare il proprio consenso con una molteplicità di interlocutori sociali. Per spiegarne l'ampiezza faccio due esempi. Il primo è l'aver deciso di organizzare la giornata del precariato, il secondo l'incontro che ho avuto con una sessantina di piccoli e medi imprenditori riuniti nella società «Prato futura», che volevano capire se c'erano possibilità di rapporto con noi. Partendo da un dato molto semplice: loro sono imprenditori tessili, ad alta manodopera e bassa tecnologia, e l'attuale globalizzazione fa sì che nel sud del mondo le multinazionali producano prodotti tessili senza rispettare alcuna regola. E' evidente che questa piccola industria rischia di chiudere, oscurata dai monopoli e oligopoli. Per questo sono loro i primi a chiedere di individuare una battaglia per le regole del commercio internazionale, sui diritti e per fermare lo strapotere delle multinazionali. Questo movimento ha anche la caratteristica di aggredire la globalizzazione neoliberista sui luoghi di lavoro, in cui ripropone e assume centralmente la vicenda dell'articolo 18, e si pone come interno ad essi e non come qualcosa di esterno o sovrastrutturale; di intervenire sui consumi, perché solo in questo modo siamo in grado di determinare il mercato; e di agire sui risparmi, condizionando le banche armate.

Per la prima volta, siete riusciti a coinvolgere anche la Cgil. Mentre tutti i partiti della sinistra sono costretti a fare i conti con voi.
Credo che l'adesione della Cgil alle nostre iniziative sia stata un elemento importante. Ma dobbiamo superare la lettura di un movimento che pone le domande e della politica che risponde, proprio perché esso è competente, avanza delle proposte. Questo modifica i rapporti a cui eravamo abituati tra movimento e società politica.

Dunque Prodi, Fassino e Rutelli quando parlano di voi partono da presupposti sbagliati?
Ritengo che questo movimento è destinato con la sua azione, e mantenendo le caratteristiche del pluralismo, dell'unità e dell'autonomia dalle formazioni politiche, a mettere in moto una trasformazione del quadro politico nel centrosinistra, anche come risultato della propria forza. Quando qualcuno si confronta con il movimento non può più rimanere uguale a se stesso, perché esso riesce a porre dei contenuti molto forti rispetto ai quali chiede agli altri di pronunciarsi.

Per esempio?
Noi poniamo al centro la questione della guerra, che ha una dimensione etica, vale a dire il rifiuto della guerra sempre e comunque, ma anche politica, cioè la guerra come parte integrante del neoliberismo. Quando diciamo no alla guerra senza se e senza ma, con o senza l'Onu, facciamo anche una critica fortissima al neoliberismo. Le forze politiche o la accettano o la rifiutano. Ecco perché chiediamo uno sciopero generale.

E' dunque su questo tema che si misura la possibilità di un rapporto con voi
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Oggi appoggiare una guerra votata dall'Onu significa pensare di mettere in posizione subalterna i valori etici rispetto alla realpolitik. Inoltre, significa non aver capito che questo movimento pone un'alternativa di sistema. Questo movimento invita alla fuoriuscita dal pensiero unico. Alle forze che vogliono dialogare con noi dico che siamo aperti al dialogo con tutti. Credo che sia una vittoria del movimento che Casini dica che bisogna discuterne in parlamento, perché significa che tutti hanno dovuto prendere atto dell'importanza dei nostri temi. Detto questo, sia chiaro che le nostre sono scelte radicali, perché non c'è spazio per riformare il neoliberismo. E' positivo che Prodi voglia dialogare con il movimento, ma a patto che non ci consideri bravi ragazzi che hanno bisogni che devono essere letti, perché siamo un movimento adulto e competente che fa delle proposte. E poi confrontiamoci sulla questione della Convenzione europea. Noi poniamo un problema di metodo e di contenuti. Il primo è che essa deve essere discussa in modo ampio tra i movimenti sociali e non può essere qualcosa di elaborato soltanto dai rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio d'Europa o della Commissione, perché oggi è diverso il rapporto tra istituzioni politiche e cittadini. Il secondo è che deve rifiutare la guerra sotto qualunque forma e in essa deve essere chiaro quali sono i diritti sociali esigibili, cioè non sottoposti alle compatibilità finanziarie dei soggetti del liberismo dominante.


Thanx to Manfo
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