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La cgil
si pente sugli atipici
Su quali obiettivi si possono unire i nuovi
lavoratori? Le proposte di Tiziano Rinaldini alla Cgil
Unire tutti gli atipici - dai co.co.co agli interinali, ai più recenti
«soci in partecipazione» - per farli uscire dalla precarietà, ridando
centralità al lavoro a tempo indeterminato. Per usare una
formula più immediata, «estensione di diritti uguali a tutto
il mondo del lavoro». Il soggetto in grado di lanciare questa nuova
stagione di lotte, dialogando con la sinistra e i movimenti, può essere
la Cgil.
Ne è convinto Tiziano Rinaldini, esperto Cgil in lavori atipici e
contrattazione, che ha presentato un documento al dipartimento mercato
del lavoro e contrattazione del sindacato emiliano. «La maggior parte
delle nuove assunzioni - spiega Rinaldini - è ormai precaria. Giovani
frammentati in una miriade di contratti
diversi tra loro, e dunque impossibilitati ad avere un'unica rappresentanza
e a condurre lotte comuni. Basta pensare a un'azienda manifatturiera:
ci sono operai dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato,
ma anche interinali, o dipendenti di aziende terziarizzate o di cooperative
esterne, senza contare i co.co.co negli uffici».
Come mobilitare tutti questi lavoratori? Come avvicinarli gli uni
agli altri? Può esserci un a piattaforma comune? Rinaldini indica
alcuni obiettivi essenziali. Come si è detto, l'«estensione a tutto
il mondo del lavoro di diritti uguali
e non monetizzabili». Il che vuol dire, anche, ridurre il più possibile
il periodo della precarietà, attraverso «la delimitazione delle forme
di rapporto di lavoro non a tempo indeterminato (compresi i co.co.co.)
a limiti temporali più brevi possibili».
Superati questi limiti (Rinaldini parla indicativamente di 8 mesi)
il lavoratore dovrà essere assunto, e comunque non potrà essere sostituito
per la stessa funzione con un altro rapporto di lavoro a termine.
Altrettanto importante è conquistare una contrattazione
collettiva articolata che renda possibili «tavoli unificati
di contrattazione» rispetto ai diversi rapporti di lavoro e alle varie
forme di società coinvolti nella rete dell'impresa. «Ormai si deve
parlare di una "contrattazione di sito".
Con i nuovi contratti e le esternalizzazioni, gli imprenditori si
deresponsabilizzano nei confronti dei lavoratori, come se questi non
facessero parte dell'impresa. Eppure spesso non sono altro che dipendenti
mascherati: non è giusto che vengano esclusi dalle decisioni sui turni
o sugli investimenti». Le strutture territoriali
della Cgil potrebbero organizzare dei «laboratori di inchiesta sociale»,
ma sul piano nazionale è importante rafforzare la sinergia tra le
diverse categorie e la difesa del contratto collettivo, minacciato
da più parti (imprenditori e governo).
«Andare oltre gli obiettivi che il nostro stesso sindacato si dà rispetto
agli atipici - conclude Rinaldini - Ritengo che non dobbiamo accettare
semplicemente l'esistente, cercando qualche abbellimento: "I co.co.co.
e gli interinali ci sono, cerchiamo di migliorarne
le condizioni ottenendo qualche tutela". Se un imprenditore usa continuativamente
dei lavoratori, è giusto che riconosca il rapporto di subordinazione».
A questo punto, probabilmente si aprirà anche una discussione con
il Nidil, il sindacato Cgil degli atipici. La palla è già in campo.
Thanx to Manfo |