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Ichino
abbandona il fronte del no
Il professore cambia idea: «Il sì non è una iattura». Invito ai sindacati a riflettere sulle contraddizioni legate a una presa di posizione contraria
Ichino ha visto la madonna? Con molta probabilità no. Ha solo
dato una sbirciatina ai sondaggi sul referendum estensivo. Tanto gli
è bastato per giudicarlo non più «una iattura».
Il "Sì", secondo il docente di diritto del lavoro,
più volte consigliere di governo e membro di commissioni scientifiche
sindacali e bancarie, non va affatto demonizzato
«perche' c'è l'esigenza di una redistribuzione dei diritti»
e di uno stop con «l'apartheid del precariato».
Ma non è finita perché questa sua posizione è
stata molto applaudita nel corso di un'assemblea Uil a Milano. Certo,
per Ichino «il referendum non è una soluzione».
Parlando del ruolo dei sindacati nel referendum dal palco, seduto
accanto a Luigi Angeletti, Ichino ha rilevato come «sia pericoloso
soprattutto per un sindacato dire di votare no. Non sta in piedi -
ha aggiunto - dire che c'è un diritto dove si è in 16
e non c'è dove si è in 15». «Sinceramente
non considero il referendum una iattura
- ha proseguito -, anche se crea problemi alle forze politiche e sindacali.
E' un imbarazzo che serve per attivarsi su un tema, quella di una
maggiore giustizia distributiva dei diritti, che va riformato.
La disparità di trattamento va eliminata perché viene
avvertita da tutti come ingiusta. Davvero il sì al referendum
non lo demonizzerei anche se non è la soluzione migliore. Però
- ha specificato - almeno poi le forze politiche sarebbero costrette
a trovare dei meccanismi di bilanciamento».
Ichino ha poi sottolineato come i 3,5 milioni di dipendenti delle
piccole imprese rappresentano «quel polmone di flessibilità
che permette agli altri di mantenere le rigidità dei propri
diritti, e non è molto giusto, anche perché non c'è
scambio tra le due parti».
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