     |
|
Piccole
imprese: orario selvaggio
Il decreto è pronto, e il presidente Berlusconi vuole farlo approvare
al più presto: un bel favore alle imprese, dato che toglierà
molte tutele ai lavoratori sugli orari, i riposi giornalieri e domenicali,
il lavoro notturno e straordinario.
Uno scardinamento delle conquiste sindacali del passato, denuncia
la Cgil: il testo prevede infatti la cancellazione di tutte le norme
contrattuali nazionali e di secondo livello in materia. Il progetto
verrà sottoposto nei prossimi giorni alla conferenza Stato-Regioni
e alle commissioni parlamentari. Uno
dei punti che può fare intuire subito l'impianto generale del decreto
è quello riguardante il lavoro straordinario nelle piccole imprese.
Un ambiente selvaggio, dove già i diritti dei lavoratori sono pochi,
dato che non solo manca l'articolo 18, ma non c'è neanche la possibilità
di avere una rappresentanza sindacale.
Il governo ora si è messo in testa di sancire per legge la liberalizzazione
degli straordinari: se l'ultimo accordo firmato da Cgil-Cisl-Uil e
Confindustria (1997) prevedeva l'obbligo per il titolare di segnalare
all'ispettorato del lavoro il superamento
delle 48 ore settimanali da parte di un dipendente, il progetto Berlusconi
va addirittura oltre lo stesso avviso comune delle parti e dispone
l'obbligo soltanto per le imprese sopra i 10 dipendenti.
Ma la cosa più preoccupante e che riguarda la generalità del mondo
del lavoro è l'azzeramento di tutto ciò che dispongono i contratti
collettivi. Dopo la scadenza dei contratti attuali tutto quello che
riguarda gli orari, i riposi, gli straordinari, le maggiorazioni
di retribuzione e le riduzioni di orario nel lavoro notturno dovrà
ripartire da capo. Vediamo ad esempio quest'ultimo capitolo.
La legge attuale dà piena titolarità alla contrattazione collettiva
per la "definizione di riduzioni di orario di lavoro e maggiorazioni
retributive per l'orario notturno"; il decreto proposto dal governo
è molto più vago, sopprime quella titolarità e parla solo di "eventuali
riduzioni di orario o maggiorazioni", indicandole dunque, oltretutto,
come alternative le une rispetto alle altre. Ancora, secondo la legge
oggi il datore di lavoro è obbligato ad assegnare un turno diurno
a un lavoratore che dimostra la propria
inidoneità al notturno: il decreto punta ad attenuare l'obbligo ponendo
diverse condizioni. Inoltre, ponendo che il proprio contratto fissi
36 ore settimanali, un lavoratore ha la possibilità - regolata sempre
dagli accordi collettivi - di lavorare una settimana 32 ore e un'altra
38 (basta che in un arco di tempo definito venga rispettata la media
settimanale).
Ebbene, fino a oggi nel computo della media venivano conteggiate anche
le ferie e i giorni di malattia, possibilità che il decreto nega:
"Con il nuovo conteggio ipotizzato dall'esecutivo - denuncia Castellano
- si allunga nettamente l'orario di
lavoro. Mentre la cancellazione delle norme contrattuali di primo
e secondo livello - conclude - mette in discussione lo stesso diritto
al riposo domenicale".
Thanx to Manfo |