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11-02-03

  Inchiesta: il popolo Ds teme la flessibilitą

Il popolo della sinistra - soprattutto Ds - è preoccupato dalla crescente flessibilità. Lo rivela l'inchiesta sul «Lavoro che cambia» curata da Aris Accornero per conto dei Democratici di sinistra e con la collaborazione dell'Unità. Il 70% degli oltre 16 mila lavoratori di sinistra intervistati - imprenditori, manager, impiegati, operai - lancia l'allarme: la flessibilità crea più paure di quanto non affascini per le opportunità che offre (solo il 4% gradisce la maggiore «libertà» rispetto al lavoro classico). E' un segnale indirizzato agli stessi vertici Ds, che hanno dato il via alla flessibilità con i passati governi (vedi legge Treu) e che oggi si confrontano con le deleghe del governo Berlusconi che tolgono qualsiasi argine alla precarietà?

Il profilo degli intervistati

Il campione rispecchia più o meno il rapporto tra lavoro dipendente e atipico presente nel paese: l'88% appartiene al lavoro dipendente a tempo indeterminato (nel paese la percentuale sul totale degli occupati è dell'84%), il 12% ha rapporti di lavoro atipico o temporaneo. Dei dipendenti, il 10% è formato da dirigenti, il 43% da impiegati, il 35% da operai. Il 34% degli intervistati sono donne. La gran parte dei questionari è stato compilato nelle federazioni dei Ds o attraverso i canali dell'Unità, dunque il campione è principlamente di sinistra e centrosinistra (solo il 7% si dichiara di destra o centrodestra).

Sette su dieci avvertono i Ds

Quel 70% di lavoratori che è preoccupato dalla flessibilità è composto da un 37% che prova «insicurezza e difficoltà nel fare progetti», il 21% ritiene che comporti «più rischi che possibilità», il 13% teme «le ricadute sulla pensione». Solo il 4,4% si sentirebbe «più libero se fosse flessibilizzato», mentre il 27% dice che «potrebbe andar bene se ci fossero adeguate garanzie»: soltanto un quarto del campione sposa dunque esplicitamente la linea scelta negli anni passati attraverso le riforme Treu e tuttoggi rappresentata dalla proposta di legge nota come «Carta dei diritti dell'Ulivo», che si basa sull'assunto che «la flessibilità è buona, ma solo quando è regolata attraverso leggi e contratti».

Gli altri tre quarti, come dicono i numeri, non appaiono ancora pienamente convinti. Fino a oggi, dunque, secondo l'elettorato del partito la flessibilità introdotta dai governi di centrosinistra è stata pagata soprattutto da chi lavora, mentre quella «regolazione» di cui parlano Cesare Damiano e Piero Fassino, che hanno presentato la ricerca, non si è ancora vista: arriverà dalla Carta dei diritti dell'Ulivo? E' tutta un'altra storia, dato che quello che di concreto si vede oggi è la moltiplicazione della precarietà attraverso le deleghe del governo Berlusconi.

La pensione, questa sconosciuta

Un altro dato interessante che viene fuori dalla ricerca riguarda le aspettative dei lavoratori rispetto alla pensione. Ben il 44% del campione ritiene che non sarà adeguata - il dato sale al 60% per gli autonomi e al 70% per i co.co.co. - mentre solo il 13% pensa che avrà una pensione dignitosa rispetto al lavoro che ha svolto. C'è poi un 36% che addirittura dice di «non sapere se sarà adeguata»: una cifra molto indicativa, e che è davvero lo specchio dei tempi che corrono. I lavoratori del passato sapevano sin dall'inizio quale sarebbe stato il proprio destino pensionistico. Quelli di oggi, tra rimaneggiamenti di legge, gestioni separate e fondi privati, rimangono totalmente spiazzati e preferiscono non rovinarsi la giovinezza informandosi sulla propria vecchiaia.

Più qualità ma meno tutele

Migliora la qualità del lavoro rispetto al passato: il 79% degli intervistati dicono di apprezzare «abbastanza» o «molto» il lavoro che fanno. Cambiano i problemi: se negli anni '80 gran parte degli intervistati (il 40%) indicava nella «fatica» il maggiore problema, oggi il 45% parla di «stress». Infine, un quarto del campione ritiene il proprio posto «sicuro», un po' più della metà «abbastanza sicuro», il rimanente quarto «poco o per niente sicuro». E se ricordiamo che l'88% del campione ha un lavoro dipendente a tempo indeterminato, capiamo bene come neppure i lavoratori classici credano più nella intoccabilità del posto fisso.



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