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Flessibilitą
record: a 31 anni ha cambiato lavoro 37 volte
E’ stato qualche anno fa, poco dopo aver perso il venticinquesimo
posto di lavoro e poco prima di trovare il ventiseiesimo, che Marco
Tinto si è all’improvviso accorto che il suo curriculum,
così com’era, non poteva funzionare.
«Troppe pagine, troppo scritto, troppo tutto, un caos...».
Quale datore di lavoro avrebbe mai potuto orientarsi in quel romanzo
di qualifiche, diplomi, diplomini, stage, corsi e referenze? Molto
più funzionale, invece, personalizzare il curriculum o, come
dice lo stesso Tinto, «adattarlo alle esigenze del futuro datore
di lavoro». Esempio. Cercano uno da laboratorio?
E Tinto presenta le sue referenze tecniche. Cercano
un operatore nel sociale? E lui squaderna le sue esperienze da educatore.
Cercano uno steward per navi da crociera? E lui esibisce il suo brevetto
di navigazione. Ha funzionato.
Ora Marco Tinto, che ha 31 anni, vive con i genitori all’ottavo
piano di un palazzone in zona Niguarda a Milano, sguardo sveglio,
buona presenza, ha appena archiviato il suo trentasettesimo
lavoro in poco più di dieci anni (sì, 37) e si
prepara a segnare una nuova tacca sul suo curriculum-romanzo: cuoco,
cuoco part-time, «magari all’estero». Marco Tinto
non è solo un cacciatore di mestieri, «tutte occupazioni
in regola, niente in nero» tiene a precisare: è una sorta
di Zelig del mercato del lavoro. Il suo curriculum pare il catalogo
di una Camera di commercio. Ha fatto di tutto, di più. Il montatore
di stand. L’operaio. Il tecnico di laboratorio.
Il manutentore di scuole. Il tecnico assemblatore. L’addetto
ai controlli di qualità. Ha lavorato agli imbarchi dell’aeroporto
di Linate. Sui treni come steward notturno. Negli alberghi come portiere
e come segretario di ricevimento. Alle Poste. Nei call center. Come
animatore per l’Uisp. Si muove nel precariato come un pesce
nell’acqua. E’ un professionista degli uffici di collocamento,
delle agenzie interinali, delle riviste specializzate.
Ha collezionato stage e diplomi di ogni tipo. La sua regola, dice,
«è muoversi in anticipo, annusare l’aria, capire
quando un settore comincia a decollare, ma anche quando un filone
è in via di esaurimento». La sua è la fotografia,
magari un po’ estremizzata, di un mercato del lavoro che di
opportunità ai giovani ne offre anche, perlomeno al Nord, ma
poi fatica terribilmente a dare sicurezze e spesso anche qualità
occupazionale.
Il nomadismo di Marco Tinto inizia presto, quando ancora frequentava
la scuola da tecnico di industrie elettriche ed elettroniche: «Nel
tempo libero, vendevo litografie a domicilio». Un po’
per avere qualche bigliettone in tasca, «un po’ perché
non posso permettermi di stare con le mani in mano», ma soprattutto
«per curiosità». Ha lavorato a Milano, in molte
zone della Lombardia, arrivando fino a Londra,«portiere d’albergo».
Adesso che ha trentuno anni, che per la prima volta nella vita
sogna una casa tutta sua, ma si rende conto che «senza
un posto sicuro nessuno ti darà mai un mutuo», Marco
confessa che «tutto questo girare comincia a pesarmi».
Ma del suo passato è orgoglioso. «Ho visto tanto, ho
conosciuto tanto, ho imparato ad arrangiarmi...». Non sono mancati
i bocconi amari. «Ogni situazione lavorativa ha una storia a
sé.
Ci sono state aziende in cui mi sono trovato bene, ma quando ho cominciato
a cullare ambizioni di carriera, di miglioramento, è andato
tutto a rotoli. Una volta perché penalizzato dai tagli di personale.
Un’altra dalle logiche di mobilità interna. Pagavo inevitabilmente
la debolezza della mia posizione contrattuale». Ma ci sono stati
anche momenti in cui è stata sua la scelta di fare le valigie.
«E sotto questo aspetto, la condizione di precario può
anche essere un vantaggio» spiega con tono da esperto. Basta
sapersi organizzare: «Il passo fondamentale è decidere
mentalmente di lasciare un posto. Dopodiché, visto che un preavviso
di 24 ore è sufficiente per avere comunque diritto al trattamento
di fine liquidazione, si parte con
la girandola di colloqui e solo quando hai la certezza di avere un
nuovo contratto in tasca, molli il precedente e salti sull’altro».
Come Tarzan, da una liana all’altra. In questo modo, però,
Marco di disoccupazione ne ha masticata poca. Nel 2003 ha lavorato
per una società finanziaria (trentaseiesima occupazione) e
poi in un call center (trentasettesima).
Certo, anche la versatilità ha le sue controindicazioni. Capita
a volte che alcuni datori di lavoro, alla vista dello sconfinato
curriculum di Marco, si spaventino: «Cominciano a chiedermi
il motivo di tanto girovagare e, inevitabilmente, arrivano alla conclusione
che sono inaffidabile». Il papà sogna per lui una scrivania
e uno stipendio sicuri. Marco è tentato. Ogni inserzione è
come il canto di una sirena.
Thanx to Manfo
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