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15-05-03

  Un referendum precario

«Atipici»: il 15 giugno è un'occasione per il vasto mondo dei senza-diritti: riconnettere la resistenza di ieri alle nuove battaglie di oggi e domani


Vorremmo (il Manifesto) rispondere alle affermazioni, ovviamente legittime, che il presidente della Sinistra giovanile, Stefano Fancelli, fa nel suo intervento, sul rapporto tra movimento, precarietà e referendum per l'estensione dell'articolo 18. Premesso che ogni spunto di dibattito su contenuti e battaglie del movimento ci sembra utile, vorremmo avanzare alcune riflessioni critiche su due elementi di fondo.

Da un lato, infatti, ci sembra che la Sinistra giovanile accetti un elemento centrale della propaganda di destra e Confindustria contro il quesito: la contrapposizione tra estensione dell'articolo 18 e diritti dei precari che, secondo questa tesi, sarebbero danneggiati proprio dalla vittoria del si, non vedendo, però, il numero crescente di collettivi, reti, associazioni del precariato che nelle ultime settimane si sono espresse, e mobilitate, per il si al referendum, come nella «Parade del precariato» il 1° maggio a Milano, piena di migliaia di quei giovani che si vorrebbero disponibili a dar vita, addirittura, a comitati contro il referendum.

Ci dispiace davvero che anche la Sinistra giovanile assuma la logica di fondo delle politiche neoliberiste che hanno caratterizzato decenni di «riforme» del mercato del lavoro italiano, e che consegnano alle nuove generazioni un futuro di precarietà infinita. Dire che l'estensione dell'articolo 18, ovvero del diritto effettivo a non essere licenziati ingiustamente, non riguarda, e addirittura danneggia, i lavoratori precari, significa affermare che l'estensione di tutti i diritti a chi ingiustamente ne è privato si può realizzare solo accettando lo «scambio» che Maroni (ma purtroppo prima di lui Treu) ci propongono: i diritti dei figli contro quelli dei padri.

Noi rifiutiamo questa logica. E non solo per una, sempre giusta, solidarietà tra generazioni, ma perché essa considera i diritti sociali merce di scambio nell'applicazione delle politiche ultraliberiste e di precarizzazione selvaggia, negando la garanzia stessa, oggi e in futuro, del rispetto effettivo di ogni diritto. Questa logica nega l'idea stessa di «diritto sociale». Assume l'idea che i livelli crescenti di sfruttamento e precarizzazione siano inevitabili, caratteristiche «oggettive» della fase, e che l'unica risposta che resta ai lavoratori sia quella di accettare «la dura realtà». Insomma ci sembra riproporre la «favola» del neoliberismo temperato o governato, che tanti danni ha prodotto finora, e che il movimento dei movimenti, da Seattle a Genova, da Porto Alegre a Firenze, ha rifiutato con nettezza, rivendicando anche per precari, disoccupati ed esclusi, un altro mondo possibile.

Lo stesso movimento, al quale Fancelli rivendica l'internità della propria organizzazione, che già da mesi ha espresso, senza se e senza ma, il proprio sostegno all'iniziativa referendaria come primo momento di una resistenza lunga alla guerra sociale della precarietà contro i diritti. Perché, così abbiamo detto nell'ultima assemblea nazionale dei social forum a Livorno, solo difendendo ed estendendo un diritto oggi, possiamo sperare di difendere e estendere tutti i diritti già domani.

Affermare il diritto a non essere licenziati ingiustamente significa difendere l'insieme dei diritti di milioni di lavoratori che, liberati dal ricatto costante del licenziamento, potranno battersi meglio per tutelare l'insieme dei propri diritti. Perché noi «atipici», Cfl, interinali, Co.Co.Co., esercito delle partite iva, apprendisti... insomma precari, non vogliamo più delegare la difesa della nostra dignità e della nostra vita a chi, ancora, può «permettersi» di scioperare.

Siamo convinti, confortati anche dagli ultimi sondaggi che dicono il si ampiamente maggioritario proprio nell'arcipelago dei cosiddetti «atipici», che la forza delle nuove generazioni protagoniste del movimento, coniugata alla resistenza dei lavoratori espressa negli scioperi generali, farà vincere il referendum del 15 giugno, e aprirà così una breccia nei processi di precarizzazione. E allora è strano davvero affermare, come fa Fancelli, che il referendum sia contro il sindacato proprio adesso che, con il sostegno al si espresso dalla Cgil, se ne delinea chiaramente la portata: riconnettere le resistenze di ieri alle nuove battaglie di oggi e domani.

Thanx to Manfo
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