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Un referendum precario
«Atipici»: il 15 giugno è un'occasione per il vasto mondo dei senza-diritti:
riconnettere la resistenza di ieri alle nuove battaglie di oggi e
domani
Vorremmo (il Manifesto) rispondere alle affermazioni, ovviamente legittime,
che il presidente della Sinistra giovanile, Stefano Fancelli, fa nel
suo intervento, sul rapporto tra movimento, precarietà e
referendum per l'estensione dell'articolo 18. Premesso che
ogni spunto di dibattito su contenuti e battaglie del movimento ci
sembra utile, vorremmo avanzare alcune riflessioni critiche su due
elementi di fondo.
Da un lato, infatti, ci sembra che la Sinistra giovanile accetti un
elemento centrale della propaganda di destra e Confindustria contro
il quesito: la contrapposizione tra estensione dell'articolo 18 e
diritti dei precari che, secondo questa tesi, sarebbero danneggiati
proprio dalla vittoria del si, non vedendo, però, il numero
crescente di collettivi, reti, associazioni del precariato che nelle
ultime settimane si sono espresse, e mobilitate, per il si al referendum,
come nella «Parade del precariato» il 1° maggio a
Milano, piena di migliaia di quei giovani che si vorrebbero disponibili
a dar vita, addirittura, a comitati contro il referendum.
Ci dispiace davvero che anche la Sinistra giovanile assuma la logica
di fondo delle politiche neoliberiste che hanno caratterizzato decenni
di «riforme» del mercato del lavoro italiano, e che consegnano
alle nuove generazioni un futuro di precarietà infinita. Dire
che l'estensione dell'articolo 18, ovvero del diritto effettivo a
non essere licenziati ingiustamente,
non riguarda, e addirittura danneggia, i lavoratori precari, significa
affermare che l'estensione di tutti i diritti a chi ingiustamente
ne è privato si può realizzare solo accettando lo «scambio»
che Maroni (ma purtroppo prima di lui Treu) ci propongono: i diritti
dei figli contro quelli dei padri.
Noi rifiutiamo questa logica. E non solo per una, sempre
giusta, solidarietà tra generazioni, ma perché essa
considera i diritti sociali merce di scambio nell'applicazione delle
politiche ultraliberiste e di precarizzazione selvaggia, negando
la garanzia stessa, oggi e in futuro, del rispetto effettivo di
ogni diritto. Questa logica nega l'idea stessa di «diritto
sociale». Assume l'idea che i livelli crescenti di sfruttamento
e precarizzazione siano inevitabili,
caratteristiche «oggettive» della fase, e che l'unica
risposta che resta ai lavoratori sia quella di accettare «la
dura realtà». Insomma ci sembra riproporre la «favola»
del neoliberismo temperato o governato, che tanti danni ha prodotto
finora, e che il movimento dei movimenti, da Seattle a Genova, da
Porto Alegre a Firenze, ha rifiutato con nettezza, rivendicando
anche per precari, disoccupati ed esclusi, un altro mondo possibile.
Lo stesso movimento, al quale Fancelli rivendica l'internità
della propria organizzazione, che già da mesi ha espresso,
senza se e senza ma, il proprio sostegno all'iniziativa referendaria
come primo momento di una resistenza lunga alla guerra sociale della
precarietà contro i diritti.
Perché, così abbiamo detto nell'ultima assemblea nazionale
dei social forum a Livorno, solo difendendo ed estendendo un diritto
oggi, possiamo sperare di difendere e estendere tutti i diritti
già domani.
Affermare il diritto a non essere licenziati ingiustamente significa
difendere l'insieme dei diritti di milioni di lavoratori che, liberati
dal ricatto costante del licenziamento,
potranno battersi meglio per tutelare l'insieme dei propri diritti.
Perché noi «atipici», Cfl, interinali, Co.Co.Co.,
esercito delle partite iva, apprendisti... insomma precari, non
vogliamo più delegare la difesa della nostra dignità
e della nostra vita a chi, ancora, può «permettersi»
di scioperare.
Siamo convinti, confortati anche dagli ultimi sondaggi che dicono
il si ampiamente maggioritario proprio nell'arcipelago dei cosiddetti
«atipici», che la forza delle nuove generazioni protagoniste
del movimento, coniugata alla resistenza dei lavoratori espressa
negli scioperi generali, farà vincere il referendum del 15
giugno, e aprirà così una breccia nei processi di
precarizzazione. E allora è strano davvero affermare, come
fa Fancelli, che il referendum sia contro il sindacato proprio adesso
che, con il sostegno al si espresso dalla Cgil, se ne delinea chiaramente
la portata: riconnettere le resistenze di ieri alle nuove battaglie
di oggi e domani.
Thanx to Manfo |