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I dannati della cornetta
SONO I MODERNI SCHIAVI (pardon, co.co.co.) DEL CALL CENTER IMR DI
TORINO, A MAGGIORANZA DELLA SEAT PAGINE GIALLE.
Il numero è magico, 892424, Pronto Pagine Gialle. Lo componi, e dalla
moderna lampada di Aladino, la cornetta del nostro telefono, si sprigiona
come per incanto una serie interminabile
di pizzerie, alberghi, negozi di lusso o supermercati. Tutto quello
che cerchi nella tua città senza sapere dove si trovi, viene puntualmente
snocciolato dai geni del terzo millennio, i ragazzi del call center.
Peccato che la vita di questi lavoratori non sia esattamente una favola,
imprigionati come sono nella gabbia della flessibilità più selvaggia,
imposta loro dal gruppo Seat Pagine Gialle, che detiene la maggioranza
del call center Imr di Torino. Senza uno stipendio fisso, pagati a
ore sotto forma di co.co.co., una sorta di operatori «autonomi» a
cui l'azienda chiede la totale disponibilità per ben 17 ore al giorno,
per farli poi lavorare magari soltanto tre ore. Sospensioni punitive
per le assenze, una «lista nera» dove sono registrati gli iscritti
al sindacato, pause cronometrate al secondo, come nei più rigidi regimi
militari.
«Solo recentemente ci è stato comunicato che la schiavitù è stata
abolita, ma noi non ci sentiamo di confermare la notizia», hanno scritto
i giovani in una lettera provocatoria al testimonial
più noto di Pronto Pagine Gialle, Claudio Bisio. Il call center Imr
è nato a Torino nel 1999, e il lavoro che offriva allora, per quanto
precario, era comunque molto ambìto. Contratti da collaboratori di
6 mesi, 8 ore al giorno per 5 giorni a settimana, pagati nella fascia
più alta (i lavoratori più anziani), 15 mila lire lorde a ora. Non
sarà stato il classico impiego alle Poste, garantito (almeno un tempo)
a vita, però ci si poteva decisamente accontentare, in attesa, magari,
di un'assunzione a tempo indeterminato.
Discorso tanto più valido, se si confronta questo contratto degli
esordi alla giungla che si è venuta a creare nell'ultimo anno: «Da
quando la Seat ha acquisito la maggioranza dell'Imr, i contratti sono
diventati sempre più precari - spiega Ornella Banti, segretario generale
Nidil Cgil di Torino - Adesso durano anche un mese soltanto, oppure
due, quattro o anche sei; insomma, secondo l'arbitrio
dell'azienda. E se nei vecchi contratti c'era almeno un monte ore
minimo mensile di 10 ore, adesso non viene fissato, e i ragazzi non
sanno mai quanto guadagneranno a fine mese». Sanno però che un'ora
di lavoro vale meno di prima: 5,5 euro lordo.
In quanto co.co.co., collaboratori coordinati e continuativi, gli
operatori dell'Imr versano in proprio i contributi previdenziali,
e sono privi di ferie, malattia, tredicesima, liquidazione e di qualsiasi
tutela per il licenziamento. Nonostante siano inquadrati come autonomi,
in realtà l'azienda chiede loro la piena disponibilità dalle 7 del
mattino alle 24. Regola non scritta sul contratto, ma vigente comunque:
«Chi non offre tutta la propria giornata all'azienda - racconta una
lavoratrice che chiede di restare anonima - non viene neppure considerato
durante i colloqui. E se in corso d'opera chiedi di assentarti nei
periodi di festa, quando c'è un maggiore flusso di chiamate, ti viene
ricordato che il contratto è in scadenza e che potrebbe non essere
rinnovato».
Se sfori anche di 30 secondi le pause previste, raccontano i ragazzi,
vieni richiamato: «Durante il turno, anche se non arrivano telefonate,
non puoi neppure leggere: devi aspettare con la faccia incollata allo
schermo, sperando che si visualizzi la parola "chiamata"». Fino a
poco tempo fa, poi, era in voga una punizione molto particolare: «Chi
si assentava per più di due volte in un mese, non annunciando la propria
assenza almeno 15 giorni prima, veniva
sospeso per ben 15 giorni. Ma si può chiedere a una persona di sapere
in anticipo di due settimane se sarà malata o se avrà problemi familiari?
Per noi che siamo pagati a ore, mancare 15 giorni significa ricevere
metà del compenso normale».
Le assunzioni a tempo indeterminato non sono mai arrivate, tranne
che per i 20 dipendenti attuali, e l'esercito dei quasi 300 operatori
delle Pagine Gialle è rimasto dunque precario, con la spada di Damocle
del rinnovo continuo e il terrore che le ore lavorate si dimezzino
improvvisamente: «Dobbiamo essere disponibili
per 17 ore, ma i turni vengono fissati ogni tre giorni e molti di
noi lavorano solo per 3-4 ore - spiega Jessica, da poco «epurata»
perché ha fatto causa all'azienda - Io sono entrata all'Imr nel 2001,
e ho lavorato subito per 8 ore al giorno. In settembre ho avuto un
rinnovo di due mesi, con le lodi dell'azienda, ma io avevo già deciso
di fare causa per il riconoscimento del tempo indeterminato.
Appena hanno avuto comunicazione della vertenza mi hanno dimezzato
le ore di lavoro e in novembre non ho avuto il rinnovo del contratto:
"Ci dispiace, il numero delle chiamate è diminuito". Ma mentre io
sono a casa, la Imr continua a fare corsi di formazione: attualmente
sta preparando una decina di persone, e presto dunque ci saranno nuove
infornate di co.co.co.». «Come se non bastasse - aggiunge la Banti
- l'azienda tiene anche una "lista nera" non ufficiale
degli iscritti al sindacato, e molte diminuzioni delle ore di lavoro
o mancati rinnovi sono stati inflitti per punizione proprio a chi
è registrato in quell'elenco». Attualmente hanno fatto causa all'Imr
40 lavoratori, e tutti probabilmente non avranno il rinnovo dopo Natale.
«Abbiamo aperto le vertenze - spiega la segretaria della Cgil - perché
l'azienda ha detto no a tutte le richieste che abbiamo avanzato. Chiedevamo
l'assunzione dei lavoratori più anziani, un monte ore settimanale
minimo di 20 ore, il diritto di prelazione, nei rinnovi, per chi aveva
già lavorato al call center. Non ci sembra di aver chiesto la luna:
soltanto una gestione "etica" dello strumento del co.co.co., che,
se usato senza regole, apre la strada a una precarietà
insostenibile». L'azienda non riconosce però neppure i delegati Nidil,
perché rappresentanti di lavoratori «autonomi», né concede una sala
per le assemblee sindacali.
Lo stesso sciopero è un'arma spuntata, perché le ore vengono conteggiate
come semplice assenza. I co.co.co. di Pronto Pagine Gialle e la Cgil
lanciano dunque un appello a tutti i cittadini e agli altri lavoratori,
chiedendo di astenersi dall'usare l'892424 fino a quando non miglioreranno
le condizioni degli operatori: «Sappiate che dietro quel numero telefonico,
che per voi rappresenta un servizio utile, ci sono tanti lavoratori
precari. Come è già accaduto per i palloni Nike, non scegliete questo
prodotto acriticamente. Aiutateci,
con la vostra libera scelta di consumatori, a migliorare le condizioni
dei ragazzi del call center».
Thanx to Manfo |