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Il senatore dei Ds spiega la sua adesione alla campagna per estendere l'art.18
Piero Di Siena: più facile la legge se vince il referendum
E' senatore dei Ds ma non condivide le incertezze del suo partito
sul referendum che estende l'articolo 18 a tutti i lavoratori dipendenti.
Per questo, chiede al centrosinistra e alla Cgil di schierarsi immediatamente
con il sì. Piero Di Siena, membro della commissione lavoro
del Senato, è anche cofirmatario, con il collega della Quercia
senatore Antonio Pizzinato, di una proposta di legge, presentata nel
luglio scorso in concomitanza con l'avvio della raccolta delle firme
sul referendum, che va nella direzione
di quanto chiedono i promotori del quesito. «Ho già dichiarato
in altre occasioni - ricorda Di Siena - che se ci sarà il referendum,
come è molto probabile che sia, io non solo voterò per
il sì ma parteciperò alla campagna per la sua affermazione.
Lo farò - sottolinea il senatore - anche se sono stato tra
coloro che, pur condividendo il merito del referendum, avevano delle
riserve sulla opportunità politica di perseguire questa strada.
Dubbi - spiega Di Siena - legati alla necessità di costruire,
anche sul tema dell'estensione delle
tutele previste dall'art. 18, un fronte tendenzialmente ampio quanto
quello che si è battuto per la sua difesa».
Non ritieni che l'affermazione del sì possa aiutare anche
coloro che propongono di estendere le tutele tramite la legge?
Non c'è alcun dubbio che è così. Anzi, io
penso che all'interno dell'Ulivo, della stessa Cgil e del complesso
di quei movimenti noti con il nome di "girotondini", sarebbe
utilissimo che immediatamente vi fosse un pronunciamento per il
sì. Una vittoria del referendum costituirebbe, rispetto alla
maggioranza presente in Parlamento, un deterrente di gran lunga
superiore alle posizioni attuali che sono sostanzialmente di esplicita
contrarietà o di attendismo. Io sono del tutto persuaso della
necessità che l'intero schieramento di centrosinistra, a
questo punto, essendoci il referendum in campo, scelga di stare
con il sì.
Il sondaggio pubblicato dal "Corriere
della Sera", che descrive la vittoria del referendum come probabile,
rafforza questa tua convinzione?
Certo. Perché se questi sondaggi sono fondati - e nessuno
di noi ha elementi per sostenere il contrario - non sostenere il
sì al referendum, da parte di tutto l'arco delle forze che
lo scorso anno hanno condotto la battaglia in difesa dell'art. 18,
significa assumersi una grande responsabilità politica. Ritengo
tuttavia che, anche nel caso di vittoria del sì, questa materia
richieda un successivo intervento legislativo, perché la
nuova situazione sancita dal referendum muterebbe il quadro complessivo
di normazione dei diritti e delle tutele nelle relazioni di impresa.
Una nuova legge che, naturalmente, confermi l'ispirazione del referendum
e ne sancisca il risultato.
La tua è una considerazione di tipo
politico, perché dal punto di vista tecnico la legge che
verrebbe fuori dal referendum sarebbe immediatamente applicabile...
Non ho sostenuto esami di diritto, ma non vorrei che, per eccesso
di zelo, i promotori del quesito prestassero il fianco agli attacchi
di coloro che, nel corso delle campagna referendaria, potrebbero
dire: "voi pensate ai dipendenti delle piccole imprese, ma
ve ne fregate di chi è precario".
Che cosa prevede il disegno di legge da
te presentato?
La mia proposta è di abbassare da 15 a 5 dipendenti la soglia
sopra la quale scatta l'obbligo di reintegro in caso di licenziamento
senza giusta causa, analogamente a quanto prevede la legislazione
del lavoro tedesca, che definisce tutele collettive proprio a partire
da questa soglia. In effetti al di sotto di 5 dipendenti vi possono
essere tipi di rapporto di lavoro in cui l'obbligatorietà
del reintegro può essere difficilmente sostenibile, in quanto
si va a incidere sulle relazioni interpersonali. Ma soprattutto
gli elementi di novità di questo disegno di legge stanno
nel fatto che, nel computo dei dipendenti che definiscono la dimensione
d'impresa, vi rientrano anche coloro che non hanno un contratto
a tempo determinato.
Questa sottolineatura la faccio anche per rispondere all'obiezione
di quanti, all'interno della maggioranza dei Ds, della Margherita
e anche del movimento sindacale, tendono a contrapporre polemicamente
rispetto all'iniziativa referendaria il tema della tutela degli
atipici. La differenza con la proposta Treu-Amato sta nel fatto
che, pur costituendo un passo avanti rispetto alle politiche del
centrosinistra al governo, prevede maggiori tutele per gli atipici
ma non contempla il problema dell'estensione del diritto al reintegro
in caso di licenziamento immotivato. Il mio disegno di legge si
basa su un'ipotesi di nuovo compromesso con la piccola impresa non
fondato sulla precarietà del lavoro. Tant'è che l'ultimo
articolo prevede la diminuzione dell'Irap per le imprese con meno
di 15 dipendenti.
Thanx to Liberazione
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