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Precari francesi dello spettacolo irrompono in direttaTV
Dilaga in Francia la protesta dei precari dello spettacolo. Mentre
il ministero della cultura e la Confindustria continuano a non ascoltare
le loro rivendicazioni
Il movimento di protesta dei precari dello spettacolo - gli «intermittenti»
- è di nuovo al centro della cronaca, non senza polemiche,
anche al suo interno. Il problema è che le forti proteste
di quest'estate, che avevano portato all'annullamento di vari festival
estivi - tra cui anche il più importante, quello di Avignon
- non hanno fatto cambiare i termini dell'accordo, sottoscritto
da qualche sindacato minoritario con il Medef (la Confindustria
francese) il 27 giugno scorso: per ottenere un sussidio di disoccupazione
che avrà ormai durata più breve, i precari dovranno
lavorare più ore e concentrarle in un numero minore di mesi.
Insomma, lavorare di più per prendere meno. La protesta non
si è fermata dopo la spettacolare iniziativa ad Avignone,
ma nessuno si è mosso. L'inizio della stagione teatrale ha
subito qualche intervento perturbatore.
Anche alcune proiezioni di film sono state interrotte. Ma gli intermittenti
non hanno mai trovato un interlocutore, né al Medef, né
tanto meno al ministero della cultura. Così, sabato scorso,
un gruppo di giovani intermittenti è riuscito a interrompere
una delle trasmissioni trash più popolari di Tf1, la principale
tv francese. La registrazione della puntata di Star Academy (versione
francese di Saranno famosi ) è stata investita da un gruppo
di persone che hanno chiesto all'animatore, Nikos Aliagas, di leggere
un comunicato. La reazione di Tf1 è stata ambivalente: ufficialmente,
la direzione ha affermato di aver ascoltato le proteste, ma nei
fatti, appena Star Academy è stata interrotta (e al suo posto,
in fretta e furia, è stata mandata in onda una puntata della
popolare Julie Lescaut, una poliziotta) sono inziate le violenze.
Tf1 ha cercato di negare, ma mercoledì, giornata di mobilitazione
nazionale per i precari dello spettacolo, gli intermittenti che
hanno partecipato all'azione contro Tf1 hanno dato la loro versione,
surrogata da dei video: i buttafuori della tv hanno fatto ricorso
alle maniere forti. Secondo un testimone, dopo aver colpito a calci
due ragazze, i buttafuori hanno «recuperato
tutte le immagini che gli spettatori avevano potuto girare»,
per evitare che i fatti venissero diffusi come in effetti si sono
svolti.
Il giorno dopo, i giornali si sono scatenati: Le Parisien, solo
quotidiano nazionale ad uscire la domenica, ha scritto che il movimento
degli intermittenti sta diventando violento. Nei giorni scorsi,
su Libération, un attore e regista, Pascal Faber, ha scritto
di «provare vergogna» per i metodi adottati dagli intermittenti,
accusati dal Tg di Tf1 di aver spaccato un vetro e di essere entrati
sul plateau di Star Ac con la violenza. La tesi di Faber, condivisa
da parte dei lavoratori dello spettacolo, è che la lotta
deve essere portata avanti «nella dignità e nel rispetto
del pubblico». Gli intermittenti implicati hanno risposto
accusando Tf1 di aver impedito loro non solo di esprimersi, ma anche
di aver fatto ricorso alla violenza con i buttafuori. La divisione
degli intermittenti era già
venuta alla luce quest'estate. Molti direttori di festival, tra
cui anche ad Avignone, avevano vivamente criticato la scelta di
bloccare le rappresentazioni. Una scelta considerata suicida da
una parte della professione. Ma i più precari dei precari
rispondono di non avere altre vie per farsi sentire.
Un'altra critica che era stata fatta quest'estate riguardava il
fatto che gli intermittenti erano riusciti a bloccare vari festival
teatrali o musicali, cioè delle produzioni più o meno
artigianali, ma non se l'erano mai presa davvero con chi - le tv
e le grosse produzioni - aveva veramente distrutto il sistema dei
sussidi, abusandone. Le tv e le società di produzione indipendenti
che lavorano per esse (tv privata e tv pubblica si comportano allo
stesso modo), difatti, abusano del sistema dei sussidi: invece di
assumere i lavoratoti dello spettacolo a tempo pieno, trovano finanziariamente
molto più comodo assumerli per qualche mese e far pagare
il resto al sistema dei sussidi. Negli anni, questo fenomeno si
è diffuso e ampliato e nessuno ha mai detto niente. Fino
al giorno in cui il Medef ha deciso di dire «basta»
e di far pagare, così, i più deboli. Il ministero
della cultura quest'estate aveva promesso di mettere ordine. Ma,
per il momento, nulla si muove. E la disperazione della parte più
fragile del mondo dello spettacolo torna in primo piano.
Thanx to Manfo
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