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Sciopero
Atm, media e precarietà
Li ho sentiti che parlavano alla radio, i lavoratori della Atm. Chiedevano
stipendi decorosi ma soprattutto dignità e visibilità.
E hanno fatto saltare le forme di rappresentanza classiche e i rituali
inutili e umilianti dello "sciopero programmato".
Questa mattina, poi, è partita la canea dei giornali. L'Unità
titola " Errore: non si sciopera contro i cittadini",
il Corriere e la Stampa spingono sull'allarmismo "attenzione,
giornate come queste rischiano di non essere un'eccezione"...
"certe ristrutturazioni, dure e severe, salvarono il Paese.
Si pensava che la stagione degli anni 70, tristissima e deleteria,
fosse consegnata alla storia e non sarebbe più ritornata.
Invece il vento della follia e dell'irresponsabilità sta
ricominciando a soffiare". Sulle pagine locali si lasciano
parlare "i più deboli", quelli che sono stati penalizzati
dalla protesta, si fomenta una guerra tra poveri e si riporta ampiamente
il termine universalmente utilizzato dagli intervistati all'indirizzo
dei tramvieri: "bastardi".
L'appello finale è ai sindacati "ufficiali", che
facciano qualcosa, perdio!, controllino, imbavaglino, mettano a
tacere.
Ma davvero, da Scanzano a Milano non si riesce più a controllare,
a imbavagliare, a mettere a tacere.
Dal nostro punto di vista, dalla vicenda possiamo, secondo me, trarre
alcune utili indicazioni:
1) momenti come questo non dovrebbero rimanere episodi isolati.
L'azione estemporanea è un po' il limite del movimento (posso
ben dirlo anche io, in prima persona, qui dentro...). E' necessario
creare reti di solidarietà e di sostegno perché rivendicazioni
come questa possano trovare il modo di continuare, travasandoci
nuove energie e nuove idee. E allacciando collegamenti con altre
realtà.
2) facendo un ragionamento generale si conferma quanto detto molte
volte anche in altre sedi: rendere ingovernabile il territorio,
bloccare il passaggio di persone e merci (ieri in mensa solo piatti
di plastica...) è una strategia che paga.
3) la relazione fa la differenza. E allora quando si fa un sacrosanto
sciopero del genere, si vada anche nelle piazze a parlare, a raccontare,
a spiegare, a creare consenso intorno alla lotta. Perché
poi l'informazione di regime parte, massiccia, a imporre tutt'altre
letture.
Ha ragione Loris Campetti sul Manifesto di oggi,"parliamo al
conducente" e lasciamo che il conducente parli a noi.
Thanx to Cristina
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