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05-12-03

  Sciopero Atm, media e precarietà

Li ho sentiti che parlavano alla radio, i lavoratori della Atm. Chiedevano stipendi decorosi ma soprattutto dignità e visibilità. E hanno fatto saltare le forme di rappresentanza classiche e i rituali inutili e umilianti dello "sciopero programmato".


Questa mattina, poi, è partita la canea dei giornali. L'Unità titola " Errore: non si sciopera contro i cittadini", il Corriere e la Stampa spingono sull'allarmismo "attenzione, giornate come queste rischiano di non essere un'eccezione"... "certe ristrutturazioni, dure e severe, salvarono il Paese. Si pensava che la stagione degli anni 70, tristissima e deleteria, fosse consegnata alla storia e non sarebbe più ritornata. Invece il vento della follia e dell'irresponsabilità sta ricominciando a soffiare". Sulle pagine locali si lasciano parlare "i più deboli", quelli che sono stati penalizzati dalla protesta, si fomenta una guerra tra poveri e si riporta ampiamente il termine universalmente utilizzato dagli intervistati all'indirizzo dei tramvieri: "bastardi".
L'appello finale è ai sindacati "ufficiali", che facciano qualcosa, perdio!, controllino, imbavaglino, mettano a tacere.


Ma davvero, da Scanzano a Milano non si riesce più a controllare, a imbavagliare, a mettere a tacere.


Dal nostro punto di vista, dalla vicenda possiamo, secondo me, trarre alcune utili indicazioni:
1) momenti come questo non dovrebbero rimanere episodi isolati. L'azione estemporanea è un po' il limite del movimento (posso ben dirlo anche io, in prima persona, qui dentro...). E' necessario creare reti di solidarietà e di sostegno perché rivendicazioni come questa possano trovare il modo di continuare, travasandoci nuove energie e nuove idee. E allacciando collegamenti con altre realtà.
2) facendo un ragionamento generale si conferma quanto detto molte volte anche in altre sedi: rendere ingovernabile il territorio, bloccare il passaggio di persone e merci (ieri in mensa solo piatti di plastica...) è una strategia che paga.
3) la relazione fa la differenza. E allora quando si fa un sacrosanto sciopero del genere, si vada anche nelle piazze a parlare, a raccontare, a spiegare, a creare consenso intorno alla lotta. Perché poi l'informazione di regime parte, massiccia, a imporre tutt'altre letture.


Ha ragione Loris Campetti sul Manifesto di oggi,"parliamo al conducente" e lasciamo che il conducente parli a noi.





Thanx to Cristina
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