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29-10-03

  SCIOPERIAMO IL 7 NOVEMBRE E NON CON CGIL, CISL E UIL


Il 24 ottobre CGIL CISL e UIL hanno chiamato allo sciopero contro Berlusconi
e i suoi progetti senza aver presentato alcuna piattaforma realmente
rivendicativa e di lotta, riducendo lo sciopero del 24 ottobre ad una
generica chiamata alla mobilitazione contro le nefandezze del governo.

Non potrebbe essere altrimenti, viste le divisioni profonde che la rottura
sulla sottoscrizione del Patto per l'Italia ha prodotto nei mesi scorsi, ma
che sembrano già essere dimenticate.

La CUB-Rdb - USI-AIT pongono al centro dello sciopero generale del 7 novembre
la piattaforma di lotta e le proposte su cui il movimento indipendente dei
lavoratori ha costruito negli anni scorsi consensi e mobilitazioni unitarie.

Dietro l'angolo c'è il rischio consistente che, cacciato Berlusconi, - cosa
che riteniamo indispensabile avvenga prima possibile - ci si trovi di nuovo
nella palude che abbiamo vissuto negli anni precedenti, in cui i governi
tecnici prima e di centro sinistra dopo, hanno, con la complice acquiescenza
di Cgil Cisl e Uil, devastato le tutele e i diritti del mondo del lavoro,
sposando in pieno le politiche liberiste attraverso la pratica della
concertazione.

L'enorme manifestazione del '94 contro il tentativo dell'allora 1º governo
Berlusconi, di mettere mano alla previdenza ha rappresentato, di fatto, il
viatico alla riforma Dini. Non ci siamo cascati allora, non intendiamo farlo
oggi.

Il Governo Berlusconi sta mettendo in atto una strategia tesa a fare cassa
con i soldi dei lavoratori per coprire un deficit pubblico che ha
contribuito a rendere enorme, e a presentarsi in Europa, sulle orme di
Chirac e Schroeder, con le carte in regola di chi ha sconfitto le
rappresentanze sociali del mondo del lavoro, inaugurando una ulteriore
stagione di spostamento di risorse dal lavoro al profitto.

Il nuovo attacco al sistema previdenziale pubblico infatti non punta tanto a
ridurre la spesa sul fronte pensionistico, ma a spostare i risparmi dei
lavoratori sui fondi pensione gestiti da banche e assicurazioni per avere
denaro fresco da gettare nel mercato azionario.

La riduzione effettiva del valore delle pensioni è stata infatti già
ottenuta dalla riforma Dini del '95, sostenuta allora, ed oggi difesa, da
Cgil, Cisl e Uil, che ha messo in campo la più micidiale delle spaccature
dell'unità del mondo del lavoro attraverso l'individuazione del crinale dei
18 anni di contributi per introdurre il sistema contributivo per i più
giovani. Già con quell'attacco le pensioni previste per chi ci andrà con il
contributivo avranno una riduzione fortissima arrivando a circa il 50% dell'
ultima retribuzione.

Centinaia di migliaia di giovani e meno giovani sono oggi assoggettati a
processi di totale precarizzazione del loro lavoro grazie al Pacchetto Treu
e lo saranno sempre di più grazie alla più recente Legge 30 sul mercato del
lavoro. Per loro, anche a situazione immutata, non c'è alcuna prospettiva
pensionistica.

I salari e le pensioni hanno perso capacità d'acquisto. Il caro vita torna
ad essere argomento principe come lo era negli anni 60 e 70. La politica dei
redditi e la concertazione, inaugurate nel luglio '93, hanno regalato ai
padroni la possibilità di incrementare i propri profitti attingendo
direttamente dal reddito del lavoro dipendente senza che ci fosse né
sviluppo né alcuno strumento di difesa delle condizioni di vita dei
lavoratori dipendenti e delle loro famiglie dall'inflazione.

La scuola, la sanità, la pubblica amministrazione e tutti i servizi sociali
sono da tempo oggetto di un devastante processo di privatizzazione e
smantellamento che trova radici profonde e lontane già nel decennio scorso.
Fu il centro sinistra ad introdurre il criterio di sussidiarietà tra
pubblico e privato trovando il sostegno convinto di Cgil, Cisl e Uil.

Nei luoghi di lavoro la democrazia è bandita. Anche quelle categorie, come
la Fiom, che stanno lottando contro gli accordi separati, ora si rendono
conto della necessità di meccanismi di verifica della rappresentanza
effettiva sui luoghi di lavoro, sempre osteggiati in particolare dalla CISL.
Intanto i padroni continuano a scegliersi i propri interlocutori e a chi non
è rappresentativo viene addirittura impedito di tenere assemblee per
preparare le elezioni RSU.

Per questi motivi saremo in sciopero generale il 7 novembre e rinnoviamo a
tutti l'invito già avanzato ai primi di settembre dalla CUB ad essere in
piazza con noi senza problemi di primogeniture ne di egemonismo, ritrovando
quello spirito unitario che ha dato valore aggiunto alle nostre
mobilitazioni passate.

C U B - Rdb - U S I - A I T

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TELEGRAMMA

Al Presidente del Consiglio
On. Silvio BERLUSCONI
Palazzo Chigi ROMA

Al Ministro del Welfare
On. Roberto MARONI
V. Fornovo 8 ROMA

Al Ministro della Funzione Pubblica
On. Luigi MAZZELLA
C.so V. Emanuele 116

Al Presidente la Commissione
Di Garanzia ex Lege 146/90
Dott. Antonio MARTONE
Via Po 16 ROMA

Oggetto: Proclamazione Sciopero Generale

Le scriventi Confederazioni ed Organizzazioni sindacali CUB, USI - AIT,
avendo esperito in data odierna 1/10/2003 con esito negativo il tentativo di
conciliazione presso il Ministero del Lavoro proclamano lo SCIOPERO GENERALE
di tutte le categorie pubbliche e private per l'intera giornata del 7
novembre 2003 con le seguenti motivazioni:

"Respingere l'ulteriore attacco alla previdenza pubblica già devastata dalla
legge 335/95, per chiedere l'introduzione di un meccanismo automatico di
indicizzazione dei salari e delle pensioni, contro il caro vita per
l'introduzione del reddito sociale per disoccupati e precari, per salari
europei, per respingere l'attacco al diritto di sciopero e per una vera
legge sulla rappresentanza in tutto il mondo del lavoro, per rilanciare i
diritti del mondo del lavoro, per il rilancio del welfare soprattutto scuola
e sanità e la fine delle privatizzazione, per ribadire il no ad ogni
guerra."

Durante lo sciopero generale saranno garantiti i servizi minimi essenziali.

Le articolazioni di categoria saranno quanto prima comunicate a cura delle
stesse.

CUB USI AIT p/Le organizzazioni promotrici
Pierpaolo Leonardi

Roma, 1 ottobre 2003

Per contatti 06/762821 fax 06/7628233
Telegramma n° 93/8A del 1.10.2003
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Metalmeccanici e Fse insieme il 7 novembre.
Poi vertenze nei territori, come fa "Job with justice"


A pochi giorni dal suo sciopero del 7 novembre, la Fiom è tornata a incontrarsi (e lo farà ancora al ritorno da St. Denis) con gli altri "compagni di strada" del Fse, di cui è socio fondatore. All'ordine del giorno la manifestazione nazionale delle tute blu quando tre cortei convergeranno nella piazza romana di S. Giovanni. Gianni Rinaldini, segretario generale dei metalmeccanici, non si sbilancia in cifre sulla partecipazione ma registra segnali di «grande consistenza».

Come nel 2001, pochi giorni prima di Genova, anche stavolta il Fse leggerà dal palco un proprio messaggio ma la relazione con i metalmeccanici non si esaurisce nella diplomazia tra organizzazioni. C'è assoluta convergenza sulla piattaforma che vede il tema della democrazia sui luoghi di lavoro come questione di carattere generale. La Fiom, maggioranza assoluta nella categoria, s'è vista scavalcata da un pessimo accordo separato siglato da Fim e Uilm senza nemmeno il parere consultivo dei lavoratori.

Il referendum che vuole la Fiom è solo un passaggio verso un'altra legge sulla rappresentanza. Intanto, ed è la seconda questione posta dalla Fiom al Fse, c'è la necessità di rispondere alla riscrittura della costituzione materiale di cui le pensioni sono solo un capitolo. Giorgio Cremaschi, che ieri ha introdotto l'incontro nella palazzina che fu della Flm, ha spiegato che serve un'iniziativa sociale che, come i pre-contratti che la Fiom ha già firmato in 1500 fabbriche, renda impraticabile (ma si può anche dire, boicottare, disobbedire, inceppare) la legge 30 che frammenta il lavoro in 43 tipologie diverse ma tutte precarie.

Cremaschi fa l'esempio di Taranto, dove padron Riva vuole migliaia di contratti di inserimento all'Illva: come si fa a non farsi schiacciare dalle pressioni di chi lavorerebbe a qualsiasi condizione? O, ancora: come si generalizza nel territorio il rifiuto di una fabbrica ad accettare lo "staff leasing", il contratto interinale a vita? Servono vertenze nei territori che coinvolgano su questioni specifiche sindacati, studenti, intermittenti, co. co. co., ricercatori, intellettuali per agire sulle agenzie interinali o fare pressione perché gli enti locali non ricorrano alle forme più brutali della legge 30.

Cremaschi evoca l'esperienza statunitense di "Job with justice" che ha "profanato" la presidenza dell'università di Harvard per chiedere salari migliori per i dipendenti, che promuove (con l'Afl-Cio) campagne contro i negozi che vendono prodotti delle "sweatshops" (aziende che sfruttano la manodopera) o pomodori di aziende della Florida ostili al sindacato, o contro la società che impiega nei parcheggi di Washington immigrati senza diritti sindacali né salario decente.


Per Flavia D'Angeli, della direzione nazionale di Rifondazione, la costruzione di una simile rete di resistenza alla precarietà è il "cambio di passo" per aggredire i nodi della legge 30. In questo ambito si possono iscrivere alcune questioni poste da diversi interventi. Come quelle poste da Vittorio Agnoletto: come difendere l'occupazione nell'epoca della globalizzazione, come costruire vertenze per la riconversione delle produzioni militari.
Sulle modalità della partecipazione al corteo del 7 tutte le anime sono d'accordo a rendersi più visibili, ad aggiungere contenuti (ad esempio contro la finanziaria di guerra).

Prc e giovani comunisti sono già al lavoro per organizzare la partecipazione al corteo e ai picchetti. I disobbedienti, con Casarini, annunciano "generalizzazioni" e i metalmeccanici di Cobas e Sin. Cobas (che rilanciano in sintonia con Rinaldini un altro grande sciopero generale per dicembre) incroceranno le braccia il 7 anche loro sebbene Piero Bernocchi non abbia nascosto la difficoltà di confrontarsi sul terreno della democrazia nei luoghi di lavoro. Cgil, Cisl e Uil nel Pubblico impiego sembrano allergici al diritto d'assemblea.

Ma il 7 sarà anche il giorno dello sciopero generale della Cub. La sua manifestazione nazionale è prevista a Milano ma con Roma si potrebbe trovare (il portavoce Pierpaolo Leonardi pensa a uno striscione comune sulla democrazia) un punto di contatto.




Thanx to CUB, FSE e metalmecc
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