     |
|
C'era una volta il diritto di sciopero
La Russia, consigliata da Fondo monetario Internazionale e Banca mondiale,
sceglie il liberismo nella regolazione dei rapporti di lavoro. Colpiti
i sindacati; i padroni ringraziano i sindacati russi e internazionali
contro il nuovo sistema di regole che trasforma i lavoratori in merce.
Un regalo alle imprese, nazionali e straniere
Meno diritto di sciopero, meno potere ai sindacati, più libertà alle
imprese di imporre le proprie condizioni ed eliminare chi si oppone.
Il nuovo codice del lavoro della Federazione russa, approvato dalla
Duma lo scorso dicembre e in vigore
da febbraio, con l'ovvio sostegno della Banca mondiale e del Fondo
monetario internazionale, mira a rendere sempre più marginale il ruolo
deisindacati, soprattutto i più piccoli, in nome di un improrogabile
bisogno di flessibilità.
E' forte, perciò, l'opposizione delle organizzazioni del lavoro, sia
nazionali sia internazionali, che denunciano la chiara volontà del
governo e delle imprese di indebolire i sindacati. A luglio, il direttore
generale dell'Organizzazione mondiale del lavoro, Juan Somavia, ha
incontrato il ministro del lavoro Aleksandr Pochinok proprio per discutere
della riforma del lavoro, insieme ad altre questioni economiche e
sociali, come la necessità di contrastare lo sfruttamento minorile
e di valutare l'impatto sociale che avrebbe l'eventuale ingresso del
paese nel Wto.
«La Federazione russa è arrivata a un momento di svolta del proprio
sviluppo - ha detto Somavia - ma si deve ancora lavorare molto per
migliorare il codice, ci sono circa 32 nuove misure che alcuni ministeri
e le parti sociali dovrebbero rivedere insieme». All'agenzia Onu si
erano rivolte, infatti, le maggiori organizzazioni sindacali russe
affinché l'Oil intervenisse per modificare
la nuova legge. «L'adozione del codice - secondo il segretario generale
della confederazione Vkt, Alexader Bugaev - ha spostato l'equilibrio
delle forze a favore delle imprese. In passato il datore di lavoro,
anche se in posizione dominante, era obbligato a cercare l'accordo
con i sindacati. Oggi, invece, l'impresa può limitarsi
a "prendere atto" dell'opinione del sindacato, agendo poi come vuole
nei rapporti con i dipendenti».
Infatti, le due parti ora sono tenute a stipulare i contratti collettivi
entro un periodo massimo di tre mesi e ogni richiesta dei rappresentanti
dei lavoratori che viene rigettata dall'impresa è semplicemente
registrata a parte, in un «protocollo di disaccordo», obbligando il
sindacato ad accettare passivamente quanto offerto. Il nuovo sistema
tende a penalizzare in modo particolare le sigle minori. Il codice
lascia il diritto di negoziare e stipulare accordi collettivi solo
alle organizzazioni principali, cioè a quelle categorie che appartengono
a strutture nazionali. I sindacati locali autonomi e indipendenti,
perciò, non possono partecipare ad alcun negoziato, anche se in un'azienda
o in un determinato distretto industriale
sono assenti i rappresentati delle confederazioni.
Le tutele diminuiscono anche per i sindacalisti. I lavoratori impegnati
nella difesa dei diritti trovavano, in passato, protezione dalle minacce
di ritorsioni e di licenziamenti, mentre ora quel privilegio spetta
solo ai rappresentanti di alto livello e solo ai membri delle grandi
confederazioni. Il rapporto annuale della Cisl internazionale sulle
violazioni dei diritti del lavoro nel 2001 riporta casi eclatanti
di azioni antisindacali all'interno
di vari settori, per lo più privati e in mano a imprese straniere.
Gli ispettori hanno denunciato episodi di discriminazione verso i
dipendenti sindacalizzati, ad esempio ad Artyom, nelle fabbriche tessili
di società sudcoreane, dove anche ai semplici iscritti era stato negato
l'aumento di stipendio dato agli altri, insieme ad alcuni benefici
fiscali e persino ai buoni pasto.
Nei McDonald's, dove la contrattazione collettiva è arrivata dopo
anni di lotte, si è scoperto che ad alcuni dipendenti veniva offerto
del denaro per rinunciare all'adesione al sindacato. Dura repressione
della polizia con tanto di arresti, invece, per quattro sindacaliste
che a luglio si erano rifiutate di interrompere il blocco stradale
e il picchetto di protesta contro la compagnia petrolifera Gazprom,
colpevole di aver violato gli accordi per la tutela dei lavoratori
esposti ai rischi di intossicazione.
Intanto, una nuova organizzazione, costituita già da un anno, sta
tentando di raccogliere tutti gli iscritti delle varie sigle in un'unica
struttura.
Secondo la Federazione dei sindacati russi indipendenti Fnpr e le
altre due confederazioni Vkt e Ktr, però, questa sorta di mega-associazione
è controllata dagli industriali e da alcuni apparati statali attraverso
propri rappresentanti nel comitato direttivo. Le tre confederazioni,
infatti, vedono nell'iniziativa «un tentativo palese
di indebolire e dividere il movimento sindacale e minare così lo sviluppo
del sistema di partecipazione democratica». Senza dubbio, però, la
legge che più colpisce i diritti acquisiti dai lavoratori russi da
almeno ottant'anni è quella che regola gli scioperi. Incrociare le
braccia per difendere quei diritti
non è più possibile per diverse categorie del settore pubblico: nelle
ferrovie, nel trasporto aereo, nelle centrali d'energia nucleare,
nell'esercito e nelle varie agenzie governative.
In base a un ampio e appositamente non ben definito criterio di «assicurazione
dei servizi minimi indispensabili» si vuole privare della più efficace
forma di protesta la stragrande maggioranza
dei dipendenti dello stato. Nel privato, scioperare è ancora possibile,
ma comunque molto difficile. L'azione è considerata legale solo se
approvata dai due terzi dei lavoratori di un'impresa, a prescindere
dai sindacati che lo promuovono e dal numero degli iscritti che partecipano.
È chiara l'impossibilità di invocare uno sciopero per le categorie
minori, soprattutto all'interno delle
aziende più grandi - la maggioranza in Russia.
L'unico caso che riconosce questo diritto automaticamente è quello
in cui l'azienda ritardi di oltre 15 giorni il pagamento dello stipendio,
lasciando però piena libertà di sostituzione degli scioperanti, pur
non licenziandoli. Nel difficile momento
di trasformazione sociale ed economica che la Russia sta ancora attraversando,
il governo pare non avere altre strade da seguire se non quella dichiaratamente
neoliberista, unico percorso possibile secondo Banca mondiale e Fmi
per le economie in crisi, che per l'ex Unione sovietica significa
chiudere la stagione delle tutele del
lavoro e riaprire quella della speculazione e dello sfruttamento.
Thanx to Manfo
|