I nuovi poveri, sempre più giovani
SONO QUASI 2 MILIONI I BAMBINI CHE VIVONO IN FAMIGLIE DISAGIATE. E 17 MILA I BARBONI CON MENO DI 50 ANNI
Stiamo bene, è tutto ok. L'imperativo pubblicitario non ammette repliche. Poi però piovono ricerche,
inchieste, studi che dicono l'esatto contrario. La corte dei miracoli si arricchisce inesorabilmente di
nuovi poveri. Soltanto cinque mesi fa era stata l'Istat ad avvertire che in Italia otto milioni di italiani
vivevano in condizioni "precarie". L'ultimo censimento della commissione parlamentare di indagine
sull'esclusione sociale rincara la dose: quasi tre milioni di famiglie vivono con un milione e mezzo (775
euro) al mese mentre altre 950 mila possono contare su meno di un milione (516 euro). Va da se che
ad essere fortemente penalizzati sono soprattutto i nuclei familiari che hanno dai due ai tre figli.
Stando alle statistiche, il numero dei poveri aumenta ma non registra impennate. Quel che è invece
certo è che la lotta per la sopravvivenza interessa sempre di più le persone giovani, se non
giovanissime. Hanno meno di cinquant'anni i 17 mila barboni che si aggirano per le strade delle nostre
città.
Ben più pessimista l'Osservatorio di Milano, secondo il quale il popolo dei cartoni che soggiorna nelle
stazioni ferroviarie, sui marciapiedi, baracche o fabbriche abbandonate, comprende ben 60 mila
persone. Ed è un esercito di minori, un milione e 700 mila, a dover fare i conti con una famiglia che
vive in condizioni disagiate tanto da non riuscire a permettersi i beni di prima necessità.
Cambia anche la mappa dei disoccupati ed è lo stesso mercato del lavoro a partorire i "nuovi poveri".
Ad affermarlo è uno studio, stavolta della Banca d'Italia, in base al quale negli ultimi dieci anni i
lavoratori sarebbero ormai soggetti a due trattamenti del tutto opposti: da un parte chi ha
un'occupazione tutelata e sicura, dall'altra chi è sottopagato, vive nell'instabilità professionale e non
ha alcun tipo di protezione. Un fenomeno quest'ultimo che, contrariamente a quanto si potrebbe
pensare, non investe soltanto i lavoratori a bassa qualificazione, ma anche persone che hanno una
lunga esperienza professionale alle spalle, un titolo di studio di medio-alto livello o percorsi formativi
consolidati. Di questo mercato assai poco rassicurante molto probabilmente fanno parte coloro che
lavorano con "contratti atipici".
Non è un mistero che, nel nostro paese, per un malinteso concetto di "flessibilità" i collaboratori
autonomi sono soggetti a ogni forma di sfruttamento e a remunerazioni decisamente basse. Studi
recenti hanno dimostrato che, in buona parte dei casi, i redditi non superano i 24 milioni annui. Negli
anfratti della miseria finiscono sempre più spesso gli anziani. D'altra parte come potrebbe essere
diversamente? E' ancora l'Istat a ricordarci che in Italia ci sono ben sei milioni di pensionati che
percepiscono meno di un milione al mese. Non occorre molta immaginazione per capire che la
condizione dell'anziano diventa esplosiva soprattutto se messa in relazione agli incontrollati prezzi
degli affitti. Si sta consumando nel totale silenzio la notizia che, sulla testa di 120 mila anziani delle
undici principali metropoli, pende un provvedimento di sfratto. Che fine faranno dal momento che non
hanno redditi diversi dalla pensione?
E veniamo alla mappa geografica della povertà. Ancora una volta è il Nord d'Italia ad avere una
concentrazione più bassa (5,7 per cento) rispetto al Sud (24) di famiglie costrette a tirare la cinghia.
La vera sorpresa, stando all'indagine della commissione sull'esclusione sociale, è il Centro che vede
passare l'incidenza di povertà dal 6 al 10 per cento. Sarà un caso che sia proprio Roma a vantare il
più alto numero di barboni (non meno di cinque-seimila)?
Alle necessità di chi è in gravi difficoltà economiche sopperiscono le associazioni di volontariato
talvolta con il sostegno degli assessorati sociali. E' di conforto sapere che in Italia quattro milioni di
persone operino nel settore socio-sanitario prestando il loro sostegno quotidiano nei servizi di mensa,
centri di accoglienza e assistenza domiciliare.
Resta il dubbio evangelico che ricevere i pesci non sia esattamente la stessa cosa del poter pescare.
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