TRATTO DA il Nuovo, 05-05-01 back
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Co.co.co, un esercito di 2 milioni
ROMA - Sono nati solo da cinque anni ed hanno già scalato la hit parade della
composizione numerica delle classi lavoratrici. Sono secondi solo dietro il
vasto mondo dei lavoratori dipendenti che , nel settore privato assicurato
da Inps, sono 11 milioni 377 mila . Stiamo parlando dei lavoratori
parasubordinati ( i cosiddetti Co.co.co.) che svolgono collaborazioni
coordinate e continuative, oppure vendono porta a porta o svolgono libere
professioni. A fine 2000 erano iscritti all'Inps 1 milione 900 mila
parasubordinati. Hanno superato gli artigiani (un milione 820 mila) , i
commercianti (un milione 780 mila ), i coldiretti (675 mila).
E il trend di crescita non accenna a diminuire. Se si pensa che nel 1996
erano 974 mila, si nota che in cinque anni siano praticamente raddoppiati
(l'aumento è del 95% ). E poiché la gestione in cui sono iscritti è
obiettivamente vantaggiosa per i datori di lavori (che in essa versano un
minore carico di contributi) è plausibile supporre che nei prossimi anni
vedremo l’esercito dei Co.co.co gonfiare ancora più le fila.
L’universo dei Co.co.co non ha ormai più segreti. A svelarci sesso, età,
collocazione geografica, compensi e quant’altro provvede una indagine Inps
elaborata in questi giorni. Si tratta, per l’esattezza, del “primo rapporto
sul lavoro parasubordinato” che i tecnici statistici-attuariali dell’Ente di
previdenza hanno messo a punto offrendo un tesoro di informazioni a quanti -
governo, studiosi, tecnici, sindacati, politici, economisti si troveranno
fra qualche mese alle prese con la verifica sulla spesa previdenziale.
Verifica che riguarderà da vicino i Co.co.co, non foss’altro perché, come
ebbe a dire il presidente dell’Inps due anni fa, per i parasubordinati si va
davvero preparando una “pensione da fame”.
15 mila miliardi di attivo. In attesa delle auspicabili riforme, intanto
l’andamento della gestione offre risultati trionfalistici. Sono in pratica
per l’Inps tutti incassi e niente spese ( pochi assegni familiari, qualche
assegno di parto e nient’altro ).Gli interessati hanno un bilancio attivo
per circa 15 mila miliardi.
Uomini e donne. A fine 2000 gli iscritti sono 1.897.000, di cui 1.037.000
uomini e 860.000 donne. Le donne sono meno numerose degli uomini ma non di
tanto. Nell’ambito delle categorie tra però differenza : le donne sono solo
il 46% del totale tra i collaboratori e scendono al 31% tra i
professionisti. Attenzione però : queste cifre si riferiscono solo al popolo
degli iscritti. Se si passa a quello dei contribuenti (tra le due categorie
c’è sempre uno stacco : quelli che pagano sono di numero ridotto rispetto a
quelli che si sono iscritti e questo dipende molto dal fatto che le
collaborazioni spesso sono saltuarie, sembrano che siano lunghe all’inizio e
sono invece destinate a morire presto) il divario tra uomini e donne si
accentua. Infatti per il 61% sono del sesso forte e del 39% del sesso debole.
Territorio.
La distribuzione degli iscritti sul territorio non è omogenea. Al Nord
risiedono il 57% circa degli iscritti, contro il 23% del centro e il 20% del
Sud. Il numero più alto degli iscritti è lombardo : sono 429 mila.
Seguono Lazio con 198 mila e a poche incollature Emilia Romagna, Veneto,
Toscana e Piemonte. Fanalini di coda Valle d’Aosta ( 5.409 iscritti ) e
Molise ( 6.990). Anche in questo caso occorre però tenere conto dello
scostamento tra numero di iscritti e di contribuenti. Nel 1999, ad esempio,
su 1 milione 773 mila iscritti risultano 1 milione 272 contribuenti (con un
rapporto 100 :71,7).
Categorie ed età.
La gestione è quasi completamente formata da collaboratori , pari all’89%
del totale. Il 9% è formato da professionisti e il 2% da
collaboratori-professionisti.
L’equazione a prima vista vincente e cioè “gestione previdenziale giovane,
iscritti giovani” non regge alla prova dei fatti. Lo zoccolo duro è sì
formato dalla fascia 30-39 anni (528 mila iscritti ), ma le fasce successive
sono anch’esse molto forti: da 40 a 49 anni sono 361 mila , da 50 a 59 anni
sono 285 mila, da 60 anni in poi sono la bellezza di 150 mila circa.
In valori percentuali si può dire che: le persone fino a 39 anni sono il
54% del totale (quelli fino a 24 anni sono meno del 9%); le persone da 40
anni in su sono il restante 46% (quelli sopra i 50 anni sono circa il 25%).
I contributi.
Nel 1999 ogni contribuente ha versato in media all’Inps 2 milioni 600 mila
lire. Il dato esprime una media nazionale. Nel Sud si dimezza rispetta ai
valori del Nord. I redditi dei parasubordinati (e quindi i conseguenti
contributi) aumentano ovviamente con il crescere dell’età. Questo principio,
valido in linea di massima in ogni settore della vita lavorativa, qui
acquista toni assolutamente speciali: il contributo del ventenne è di 420
mila lire annue; quello dell’ultra60enne è di 3 milioni 400 mila lire.
Amministrare è bello.
Il 38% degli iscritti all’Inps svolge attività di amministratore di società,
sindaco di società, revisore, ecc. Il dato viene fuori dalle denunce
nominative trimestrali che i committenti sono tenuti a presentare all’Inps.
Ora però le denunce, da aprile dello scorso anno, sono diventate annuali. Le
altre attività , nettamente distanziate , sono le vendite a domicilio ( il
7,7% del totale), la collaborazione a riviste, enciclopedie,ecc. consulenze
fiscali e contabili alle aziende (6,6%), attività di formazione, istruzione
e addestramento (6%), servizi amministrativi e contabili (2,8%) e marketing,
telemarketing , pubblicità ( 2,1%).
Quanti collaboratori.
Circa il 48% dei committenti si avvale di un solo collaboratore. Circa il
23% ne ha due, il 12% arriva a tre. L’8% dei committenti ha da cinque e
dieci collaboratori e il 3% supera la soglia della decina.
Quali settori.
Conosciamo non solo il tipo di attività svolta dagli iscritti ma anche il
settore di attività cui è iscritto il committente presso Inps. Togliendo dal
totale il 22% di committenti che non hanno la configurazione di aziende
iscritte ad Inps, i lavoratori si distribuiscono nel seguente modo : il
21,3% nel commercio, pubblici esercizi e alberghi, il 16,7% nei servizi
pubblici e privati, il 10,7% nel credito e assicurazioni, il 9,2% nelle
industrie manifatturiere. Seguono le altre attività
(edilizia, industrie estrattive, agricoltura, ecc.).
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