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Parola di Chainworker |
Diego, 23 anni RARI NANTES IN PELAGO VASTO pochi naviganti nell'immenso etere testimonianza dall'interno della catena bread&breakfast Punto Caldo Un po' come quando il 1° maggio tanti anni fa era sotto la minaccia mortale degli squadristi (magari mandati dalla famiglia Agnelli) oppure dei mafiosi (magari mandati da democristiani e americani), abbiamo visto negli ultimi anni riapparire ectoplasmi liberfascisti che vogliono vendicarsi con i lavoratori e abolire ogni diritto sociale. E' riapparsa una piaga che speravamo scomparsa col XIX secolo: il lavoro sfruttato e sottopagato privo di ogni tutela collettiva, solo nella sua umiliazione quotidiana. Il nuovo quanto antico male della precarietà colpisce i lavoratori e le persone che gli stanno vicini, rendendo cupo e incerto ogni aspetto dell'esistenza, dalla casa alla famiglia, dal conto in banca al diritto alla formazione. Faccio qui l'esempio del lavoro precario in una catena di panificazione: Punto Caldo. Punto Caldo nasce come idea e per capitali in Germania, dove prende rapidamente piede con punti vendita e stabilimenti di produzione, nonché aziende logistiche di distribuzione. Dalla Germania, Punto Caldo si espande prima in Francia e poi in Italia, paesi verso cui esporta direttamente la propria produzione congelata per poi essere cotta nei punti vendita, entrando così slealmente in diretta competizione con la panificazione fresca. Come in Francia, la catena pretende una quota fissa da ogni franchise e lascia il resto a una manciata gestori, che forniscono capitali propri e estraggono quanto possibile dagli "operatori" al bancone, assunti con contratti atipici. Ed è proprio qui il nodo gordiano di Punto Caldo: assumere ragazzi nemmeno con contratti part-time a tempo determinato o ricorrendo al lavoro interinale, anzi non assumerli proprio. E sì, perché i ragazzi di Punto Caldo sono considerati cococo, collaboratori coordinati e continuativi, praticamente liberi professionisti della brioche calda. Punto Caldo ha rinunciato agli interinali, perché dopo le prime "missioni" per la catena si è sparsa rapidamente la voce nelle agenzie che era uno dei peggiori datori di lavoro possibili, anche solo per poche settimane. Con contratti cococo senza un minimo di veridicità, i ragazzi non arrivano a 750euro al mese facendosi quaranta ore la settimana, mentre i capò, pagati poco più, si fanno 48 ore su sei giorni, neanche loro inquadrati nel contratto nazionale di lavoro. La malattia da Punto Caldo è ammessa ma non concessa. Chi osa ammalarsi viene esposto al pubblico ludibrio come bugiardo e scansafatiche fino al classico ricatto: "guarda che non ti rinnoviamo il contratto". E con questa minaccia ti zittiscono e ti negano anche il pagamento dello straordinario notturno, pur se precedentemente pattuito (ma solo verbalmente). Il risultato è un sistema gestito da persone che hanno scadente considerazione dei ragazzi che ci lavorano e che odiano apertamente chiunque ricordi loro gli elementi malcelati dello sfruttamento che impongono ai lavoratori. I quali in questa situazione presto diventano apatici rispetto alla vita lavorativa, che vedono come un giogo a cui non ci si può sottrarre. Al massimo lo scoglionamento fa trascurare le norme igieniche di base nell'ambiente di lavoro: Punto Caldo è già stato sottoposto a numerose ispezioni sanitarie che hanno rilevato numerose irregolarità e imposto multe più salate di un pretzel. Spero di aver sensibilizzato qualcun@ a tenere d'occhio le catene grandi e piccole che, senza opposizione dai sindacati, trasformano i propri dipendenti in casi umani pietosi pur di inseguire il massimo margine di profitto possibile, maltrattando quelli che rendono possibile l'aumento delle vendite. Personalmente auspico che il mondo del lavoro si allontani presto e velocemente dall'incubo delle collaborazioni coordinate, che precarizzano il lavoratore non consentendo continuità di reddito e negando l'accesso al credito, senza parlare del potere di ricatto che consegnano in mano ai padroni. Il loro ricatto senza freni rischia di riportarci indietro di un secolo. Solo un sussidio per tutti ci potrà difendere, in particolare i più deboli, dagli abusi delle imprese e dalle oscure incognite della precarietà. |
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