Analisi del meccanismo di finanziamento della Sanità

Possiamo distinguere quttro fasi nelle modalità di finanziamento del
Sistema sanitario nazionale. 

La prima fase (1982-1992) è caratterizzata dalla quasi totale copertura
della spesa tramite il Fondo sanitario nazionale (Fsn), prelevato dalla
fiscalità generale e a destinazione vincolata. Ancora nel 1992 l'Fsn
nazionale era pari al 92% della spesa sanitaria corrente mentre le altre
entrate erano principalmente costituite da ticket e compartecipazione
alla spesa. 

La seconda fase (1993-1997) segue la controriforma De Lorenzo (L.
502/517 1992-3) e il meccanismo di finanziamento diventa misto, ossia
l'Fsn diviene "integrativo" del gettito garantito dai contributi
sanitari che gravano sul lavoro dipendente (oltre il 60% del totale è
costituito dai contributi sanitari).

La terza fase (1998-2001) è contraddistinta dalla sostituzione dei
contributi sanitari con un finanziamento tramite imposte regionali, Irap
e addizionale Irpef, da una integrazione prelevata dal gettito dell'Iva
e dalle accise sulla benzina e dalla chiusura dei rubinetti dell'Fsn. In
questa fase la composizione della spesa sanitaria nazionale per forma di
assistenza mostra una diminuzione percentuale della spesa complessiva
per il personale, per l'acquisto di beni e servizi, per gli ospedali e
le aziende "pubbliche" ed un aumento della spesa farmaceutica e della
spesa pubblica dirottata verso il privato accreditato. 

La quarta fase (2001-2003), coincidente con la modifica del titolo V
della Costituzione (L. cost. 3/2001) e con la salita al potere del
governo del neoduce Berlusconi è caratterizzata da un inasprimento in
senso federalista di quanto avvenuto nel periodo precedente, ed ha come
obiettivo dichiarato la totale scomparsa dell'Fsn e la totale autonomia
delle regioni in materia di sanità.

La sottostima e il taglio dei fondi sanitari, unita all'espansione
dell'accreditamento generalizzato dei privati, provoca voragini nei
bilanci regionali. La Regione Lazio accumula nel 2002 un deficit di
795,3 milioni di euro, la Campania di 513,5, la stessa Lombardia di
570,1. Si moltiplicano di conseguenza le manovre regionali di rientro
dal deficit anche a seguito del congelamento della finanziaria dell'Irap
e all'addizionale Irpef (blocco delle assunzioni, riduzioni di posti
letto, potenziamento di day hospital e day surgery, budget di spesa per
i medici di famiglia, ticket su farmaci, su ricette e su pronto
soccorso, prescrizioni limitate per ricetta o delisting dei farmaci in
fasce a pagamento, aumento delle tasse automobilistiche, convenzioni per
la centralizzazione degli acquisti).

Un primo effetto della politica di risparmio e di tagli sulla spesa
sanitaria pubblica, nonché della recente regionalizzazione delle fonti
di finanziamento, è osservabile dalla figura 1, dove si nota la curva
ventennale del finanziamento procapite per la sanità.

Le fonti di finanziamento nel 2002 sono osservabili dalla figura 2, con
l'evidente riduzione del Fondo sanitario nazionale ad appena il 4% del
totale dei finanziamenti e l'aumento delle fonti regionali fino a quasi
la metà del totale.

Di conseguenza le differenze in termini di disponibilità finanziarie tra
il Nord, il Centro e il Sud Italia si è ingigantita da quando (1998) la
principale fonte di finanziamento della sanità è diventata il prelievo
regionale dell'Irap e dell'addizionale Irpef che hanno sostituito i già
sperequati finanziamenti regionali derivanti dai contributi sanitari. Le
regioni del Sud infatti, a causa del sottosviluppo economico e sociale,
possono attingere e destinare alla spesa sanitaria appena 1/5 del
gettito fiscale delle regioni del Nord ed appena un 1/3 di quelle del
Centro (figura 3). Scendendo giù per la penisola si va dalla Lombardia
che si colloca al primo posto con un finanziamento regionale (Irap-Irpef
ed altre entrate regionali) al 73,6% del totale e un finanziamento
regionale medio per abitante di 982,6 euro, fino alla Calabria
all'ultimo posto con l'8,7% del totale ed un finanziamento regionale
medio procapite di 101,7 euro per abitante (figura 4).

Il grafico della figura 4 mostra chiaramente le drammatiche conseguenze,
soprattutto per il Sud, che avverranno quando, come ha annunciato il
governo, scomparirà il residuo di Fsn, il fondo per il ripiano dei
disavanzi regionali e se verranno regionalizzati e/o cancellati anche i
fondi "perequativi" derivanti dal gettito dell'Iva e delle accise sulla
benzina che ad oggi attenuano, non certo colmando, l'abisso tra le
regioni più ricche e quelle più povere come è evidenziato dalla figura
5. Essa mostra il finanziamento totale procapite per regione del 2002:
le regioni del Sud ricevono 153,3 euro procapite in meno rispetto al
Nord.

In questo contesto la politica di affamamento del Mezzogiorno del
governo del neoduce Berlusconi è confermata anche dal criterio di
riparto del residuo Fsn per il 2004. L'accordo Stato-regioni, firmato
dal ministro Sirchia a Fiuggi nel 2003, infatti assegna le risorse in
base all'età della popolazione, un trucco che permette di destinarne il
50% al Nord (figura 6), con la Lombardia che ne arraffa il 18,92% e la
Calabria appena il 3,87%. 

5 maggio 2004