Contraddizioni
Una passeggiata alla Domenica mattina è davvero quello che ci vuole per alleviare il nervosismo della sera prima.
Napoli, nella quiete del sonno prolungato, della poca gente tranquilla a piedi per il centro, ha tutto un altro sapore.
Niente macchine che schivano motorini, che schivano taxi, i quali a loro volta schivano ambulanze impegnate a schivare tutti; solo qualche sbirro che né la macchina né il motorino, né il taxi e nemmeno l’ambulanza sono riusciti a centrare, passeggia fiero della sua divisa servile impegnato a proteggere le belle donnine coscettine carine che si scoprono ai primi generosi soli.
Durante il "giro" ci vuole qualche sigaretta per rilassare i nervi, per avvelenarsi con gioia di farlo. Ma, come si sa, fumare mette un po’ sete.
Quindi, quando vedi una signorina dall’aria gentile sorseggiare la sua acqua fresca ti viene subito voglia di chiederne un po’ e bagnarti le labbra. Qualcosa nonostante il desiderio ti blocca.
Pensi "Quell’acqua è sua !"
Subito rinsavisci e ti correggi "Cazzo , è solo acqua !"
La guardi e valuti se sia il caso o meno di chiedere nientemeno che "un sorso d’acqua".
Alla fine, dopo essere rimasto un paio di minuti con la faccia inebetita, la bocca mezza-aperta mangiando tutti i moscerini che si sono trovati a passare, dopo essere stato svegliato dallo scoppio della bolla giallina che ti usciva dal naso, dopo che un piccione si è cibato dei pomodori che ti erano cresciuti dietro le orecchie (perché l’igiene è importante!), dopo che un ragno ti ha fatto la ragnatela sotto l’ascella, insomma, dopo tutto questo, ti avvicini e fai la fatidica domanda (comparabile solo col "Mi vuoi sposare?" pronunciato da Ridge nella 574834 puntata di beautiful): - Potrei avere un sorso d’acqua? lei alza lo sguardo, sorride, si sorprende un po’ della strana domanda e accetta di darti la "sua" bottiglia con la "sua" acqua.
Contento, ringrazio, saluto e me ne vado, covando un dubbio amletico che mi lascia perplesso: - Perché mi sono fatto così tanti scrupoli per chiedere un misero sorso d’acqua?
Tralasciando il retaggio educativo-culturale dei miei genitori che è ormai bello che morto anche se ha piccoli riverberi occasionali sul mio agire, deduco che il problema era rappresentato dall’enorme valore non intrinseco, ma di scambio, che quell’acqua acquisiva dal momento che aveva una bella bottiglia somigliante ad un suppostone, una bella etichetta con un bel marchio registrato; insomma dal momento che rappresentava il capitalismo becero ed incatenante, massacrante, in quel caso, a livello sovrastrutturale.
Nonostante tutto il mio bel pensare anarchico e libertario, mi capita ancora di farmi sconfiggere dalla miserabile proprietà privata di un po’ d’acqua, dalla violenza mediatica di un marchio merdoso e simbolo di sfruttamento.
La cosa più grave è che, se io riesco a vincere questi freni con un po’ di "faccia tosta", la borghesia onesta e benpensante li ha assunti come propri.
Il vero valore dei beni è stato completamente travisato, tutto assume il prezzo che il mercato decide, come l’acqua sembrava qualcosa di irraggiungibile qualsiasi altra cosa viene riservata ai pochi che se la possono permettere compresi i più elementari bisogni quotidiani .
Come diceva mio nonno, ci faranno pagare anche l’aria che respiriamo, e il fatto è che ci sono già riusciti e se non è proprio aria è qualcosa di simile, ad esempio l’acqua.
Tutti i beni vengono protetti da una confezione, da quattro mura o anche da una vetrina che si interpongono tra te e la soddisfazione del tuo bisogno.
Mi sembra di aver capito qual’ è la vera violenza che l’uomo subisce, e che per miracolo del capitale questa stessa violenza diventa valore assoluto, diventa una ragione di vita protetta e sorvegliata dallo stato.
Senza rendercene conto viviamo ogni giorno inseriti tra due vetrine, tra due muri, come velieri in una bottiglia, e questi modelli il cittadino medio li ha presi come assoluti senza provare a confutarli.
Ma quant’è difficile spiegare che liberarsi da queste catene è il migliore dei modi possibili per raggiungere la felicità, che non vale la pena rifugiarsi dietro gli schemi che i padroni hanno inventato e che ti fanno passare come la forma più naturale di esistenza.
Com’è difficile estirpare la voglia di possedere senza limiti tutto ciò che si può avere con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sembra un’impresa titanica distruggere le false morali inculcate ogni giorno violentemente dalla televisione e dai mezzi d’informazione borghesi.
Sinceramente sogno un mondo senza limiti alla possibilità di godere di ciò che è nella mia volontà ottenere, senza costrizioni ai miei desideri, vorrei non pensare che i muri siano un vincolo, ma solo una protezione per il cattivo tempo.
Jim Pessoa
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