Numero 7 - Dicembre 2002 - Anno 1

Nemici di ogni frontiera


Il vertice dei terroristi.
Mercoledì 13 novembre la città di Lecce ha ospitato 11 terroristi.
Loro si fanno chiamare ministri dell'interno ma noi, da persone semplici quali siamo, amiamo chiamare le cose con il loro vero nome…
Più esattamente, Lecce è stata la città prescelta per l'incontro fra questi 11 pericolosi criminali che rappresentano le altrettante nazioni presenti nell'area adriatico-jonica del mediterraneo. Sede di tale incontro è stato il castello Carlo V posto nel cuore della città.
Questi undici lugubri figuri in doppiopetto hanno discusso a Lecce: "sulle misure più urgenti da adottare per potenziare il piano di allerta e reazione rapida contro l'immigrazione illegale".
Come già si evince dal gergo militaresco da loro stessi adottato, hanno discusso di come porre rimedio in maniera rapida ai continui arrivi sulle nostre coste di migliaia di sfruttati, esclusi da qualsiasi privilegio e dal diritto a condurre una esistenza decorosa nelle loro terre d'origine.
Ma gli 11 assassini hanno parlato anche d'altro: "del potenziamento delle polizie dei vari paesi e di una maggiore collaborazione tra di esse". In concreto si prevede l'impiego della marina in alto mare, maggiori poteri alla guardia di finanza e alla capitaneria di porto con veri e propri compiti legislativi e poteri ispettivi all'ingresso delle acque territoriali.
Come sempre, come è stato finora, hanno discusso: "dell'importanza dello sviluppo del commercio e degli investimenti internazionali nella zona adriatico-jonica"; ovvero hanno parlato di come far fruttare il loro denaro e quello dei loro amici industriali; di come incrementare i loro guadagni spremendo le genti di tutti i paesi, sfruttando gli esclusi di sempre. 

Indovina chi viene a cena?
Nonostante l'oscurantismo sul dove, come quando del vertice, da parte di tutti i media nazionali e locali, riusciamo a sapere che gli 11 pinguini arriveranno a Lecce nella serata del 12 per poi dirigersi in prefettura, dove saranno accolti dai massimi idioti della comunità leccese, e per poi abbuffarsi in una cena ufficiale alla faccia di noi tutti.
Essendo stata definita il salento "terra dell'accoglienza", anche noi come anarchici non vogliamo essere da meno a questo luogo comune: alle 18:30 in barba alla città blindata, dopo un lungo percorso strategico per i budelli del centro storico di Lecce arriviamo in una cinquantina sotto alla prefettura.
Lo striscione nero si allunga sulla strada a bloccare il traffico, e così inizia il nostro: benvenuto porci! 
In poco meno di un'ora vengono distribuiti più di mille volantini che informano i passanti su cosa sta accadendo e cosa accadrà a Lecce in quei giorni. Nel caso i signori ministri fossero ancor più idioti di quel che si pensi ci forniamo di oggetti sonori mentre più compagni si alternano al megafono.
Arriva la polizia: non si aspettavano questo scherzetto, gli abbiamo rovinato l'idilliaca accoglienza riservata ai ministri. Con lo striscione giochiamo a guardia e ladri ma senza farci acchiappare, il tutto sino alle 21 dove decidiamo di abbandonare la prefettura: luogo in cui stanno alzando i calici pieni del sangue di centinaia di migranti. 
Percorriamo il centro della città direzionandoci verso il quartiere "le giravolte": zona abitata da senegalesi, albanesi e coreani, al grido: "siamo tutti clandestini". 
Dai vetri delle finestre si affacciano sorrisi e occhi che esprimono gioia per chi sta passando sotto le loro case, ma ci dicono anche che la mattina dopo loro non ci saranno perché fermati dalla paura di una parola: clandestini!!! Questa è l'unica amarezza che accompagnerà ognuno di noi nella strada verso casa. 

13 novembre.
È già l'ora del corteo organizzato dal Lecce Social Forum, un corteo sui binari: quelli imposti alla prefettura. Alle ore 10:30 con la partenza del corteo ha inizio e si illumina la grande vetrina con capi e capetti dei no-global a scambiarsi parole rassicuranti sulla buona riuscita e sulla mancanza di disordini.
Noi, gli anarchici: "i facinorosi, i duri del movimento", e quanto altro scritto in quei giorni dai pennivendoli della stampa locale………semplicemente noi, eravamo in coda al corteo di circa tremila persone.
Noi in fondo siamo almeno 200 individualità, che si differenziano dal resto non solo per il colore delle bandiere che vi sventolano: l'ironia graffiante degli striscioni si accompagnava ai tamburi di molti di noi. 
Verso mezzogiorno arriviamo nei pressi del castello, il portone è lì di fronte a noi solo 100 metri ci separano dagli undici porci. 
Ma il corteo svolta poco prima a destra, noi no!! 
Vogliamo andare avanti, vogliamo portare la nostra rabbia sin sotto le finestre del castello, vogliamo che ci sentano e si ricordino delle nostre promesse. 
Al primo "piccolo" accenno di baruffa un cordone di no-global si stringe stretto intorno a noi, la polizia ci ride in faccia per quello che accade, tutto il resto è noia.

Ateneo libertario "Maya"


 

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