L’anarchia e il terrorismo
Può l’anarchia appoggiare il terrorismo? No e questo per tre ordini di ragioni.
Primo, terrorismo significa o considerare bersaglio o non preoccuparsi di uccidere persone innocenti. Affinché l’anarchia esista, essa deve essere creata dalla gente comune. Non si può convincere le persone della bontà di una idea facendole saltare in aria.
Secondo, l’anarchia è per la liberazione consapevole dell’individuo. Non è possibile far saltare in aria una relazione sociale. La libertà non può essere creata con delle azioni di una piccola elite di “legislatori distruttori” per conto della maggioranza. Così, finché le persone sentiranno il bisogno di governanti e legislatori le gerarchie continueranno ad esistere. La libertà non può essere data, solo presa.
In ultimo, l’azione anarchica ha per scopo finale la libertà. Da qui il commento di Bakunin: “Quando si sta portando avanti una rivoluzione per la liberazione dell’umanità, si deve avere rispetto della vita di ogni uomo e di ogni donna”. Per gli anarchici questo significa definire una volta per tutte che il terrorismo, nella sua vera natura, viola la vita e la libertà degli individui e perciò non può essere utilizzato per creare una società anarchica. D’altra parte, inoltre, gli anarchici non sono contro le singole persone, ma contro quelle istituzioni e quelle relazioni sociali che permettono ad alcuni individui di avere potere su altri e di abusare (cioè di usare) quel potere.
Come Bakunin puntualizzava, “Noi non desideriamo affatto uccidere le persone, desideriamo invece abolire gli status e i loro plusvalori e l’anarchia non significa affatto la morte delle persone che costituiscono la borghesia, bensì la morte della borghesia come entità politica e sociale economicamente distinta dalla classe lavoratrice”. In altre parole, non c’è alcuna possibilità di far saltare in aria le relazioni sociali.
Come mai allora, l’anarchia è spesso nell’immaginazione collettiva associata alla violenza?
In parte questo è a causa degli stati e dei media che insistono a qualificare come anarchici quei terroristi che non lo sono. Per esempio, la banda tedesca dei Bader-Meinhoff fu spesso chiamata “anarchica”, a dispetto del fatto che loro si auto-dichiarassero marxisti-leninisti. Allo stesso modo, come Emma Goldman sottolineò: “è ben noto a quasi tutti quelli che hanno una certa familiarità con il movimento anarchico che un gran numero di atti terroristici, per i quali gli anarchici hanno avuto a soffrire, o erano originati dalla stampa capitalista o erano istigati, se non direttamente perpetrati dalla polizia” (per la storia italiana basti pensare alla strage di Piazza Fontana di cui fu incolpato Valpreda).
La ragione principale a cui si deve l’associazione del terrorismo con l’anarchia è data dal periodo in cui il movimento anarchico mise in atto la “propaganda di fatto”. Questo periodo, all’incirca tra il 1880 e il 1900, fu segnato da un piccolo numero di anarchici che assassinarono membri della classe dirigente (reali, politici e così via). Nel momento di maggiore recrudescenza, questo periodo vide considerati come bersagli teatri e negozi frequentati da membri della borghesia. Questi atti furono chiamati “propaganda di fatto”. L’appoggio anarchico a questa tattica fu galvanizzato dall’assassinio dello Zar Alessandro II nel 1881 da parte dei populisti russi (questo appoggio fu spinto dal famoso editoriale di Johann Most in Freiheit intitolato “finalmente!”, che celebrava il regicidio e l’assassinio dei tiranni). Comunque, da parte degli anarchici, c’erano profonde ragioni per appoggiare questa tattica: prima di tutto, come rivalsa agli atti di repressione diretti verso le persone della classe lavoratrice e, in seconda istanza, col significato di incoraggiare la rivolta popolare, mostrando alla gente che i loro oppressori potevano essere sconfitti.
Per comprendere meglio queste motivazioni, bisogna pensare che non è una coincidenza che la “propaganda di fatto” cominciò in Francia dopo i più di 20.000 morti dovuti alla brutale repressione statale della Comune di Parigi, in cui molti anarchici furono uccisi. È interessante notare che mentre la violenza anarchica in risposta ai fatti della Comune è relativamente ben conosciuta, gli omicidi di massa dei Comunardi, perpetrati dallo stato, sono relativamente misconosciuti. Allo stesso modo, è noto che l’anarchico italiano Gaetano Bresci assassinò re Umberto I nel 1900 e che Alexander Berkman tentò di uccidere il direttore della Carnegie Steel Corporation nel 1892. Quello che invece spesso rimane poco conosciuto è che le truppe di re Umberto I avevano fatto fuoco su contadini che manifestavano, uccidendoli o che i Pinkertons di Frick avevano assassinato lavoratori in serrata a Homestead.
La sottovalutazione della violenza statale e capitalista è duramente sorprendente.
“Il comportamento dello Stato è violenza” sottolinea Max Stirner “ed esso chiama legge la sua violenza, mentre chiama crimine quella individuale”. Non c’è da meravigliarsi allora che, mentre la violenza anarchica è condannata, la repressione (spesso molto più violenta) che la provoca viene ignorata e dimenticata.
Possiamo chiamare ipocrita la condanna della violenza anarchica da parte dei non anarchici se andiamo ad osservare le loro risposte alla violenza di stato. Per esempio, molti giornali capitalisti e molte persone negli anni ’20 e ’30 celebravano il fascismo di Mussolini e il nazismo di Hitler. Gli anarchici, al contrario, combatterono fascismo e nazismo fino alla morte e tentarono di assassinare sia Mussolini che Hitler. Ovviamente appoggiare queste dittature assassine fu considerato “non violento”, mentre “terrorismo” era detto ciò che resisteva a questi regimi. Allo stesso modo, i non anarchici sono legittimati nell’appoggiare anche con la violenza Stati autoritari e repressivi, guerre, soppressione di scioperi ed agitazioni e non essere considerati violenti, poiché tutto ciò avviene nell’ottica della restaurazione della legge e dell’ordine.
Gli anarchici, al contrario, sono stati per sempre condannati come violenti e terroristi nel momento in cui pochi di loro tentarono di vendicare alcuni atti di oppressione e di violenza statale e capitalista. Tra l’altro, va sottolineato che la maggior parte degli anarchici non appoggiò la “propaganda di fatto”.
Tra quelli che portarono avanti questa tattica, come Murray Bookchin fa notare, “solo in pochi erano membri di gruppi anarchici, la maggioranza erano individualisti”. Ovviamente non c’è alcun bisogno di dire che gli stati e i media fecero di tutta un’erba un fascio, come del resto continuano a fare, talvolta in maniera anche poco accurata, come ad esempio quando Bakunin viene considerato colpevole di alcuni atti riconducibili alla “propaganda di fatto” anche se morì ben cinque anni prima che questa tattica venisse anche solo discussa nei circoli anarchici.
Comunque, la fase della “propaganda di fatto” fu un fallimento, come la vasta maggioranza degli anarchici presto ammise. Kropotkin può essere considerato come un caso tipico.
Inizialmente egli approvò gli atti di violenza diretti contro membri repressivi della classe dominante. Ma dagli anni ’90 del diciannovesimo secolo cominciò a disapprovare tutti gli atti di violenza tranne quelli commessi per autodifesa durante una rivoluzione. Questo fu in parte dovuto alla semplice repulsione per le conseguenze peggiori degli atti e in parte dovuto alla consapevolezza che questi stavano nuocendo alla causa anarchica. Moltissimi anarchici iniziavano a pensare che la “propaganda di fatto” stava dando allo stato una scusa per reprimere sia gli anarchici che i movimenti dei lavoratori. Inoltre, essa dava ai media (soprattutto a quelli che si opponevano al progetto anarchico) la possibilità di associare l’anarchia con la violenza insensata e stupida, e questo alienava una gran parte della popolazione dal movimento. Questa falsa associazione è rinnovata ogni volta che serve, senza alcun riguardo (per esempio, anche se gli anarchici individualisti rifiutano completamente la “propaganda di fatto” sono comunque marchiati dalla stampa come “violenti” e “terroristi”).
Va aggiunto inoltre che l’assunto su cui si poggiava la “propaganda di fatto”, e cioè che ogni individuo non aspettava altro che l’opportunità di ribellarsi, era falsa. Infatti, le persone sono il prodotto del sistema in cui vivono, per cui di solito accettano la stragrande maggioranza dei miti su cui quel sistema si regge (Stirner).
Con il fallimento della “propaganda di fatto” gli anarchici tornarono a fare ciò che il movimento aveva comunque portato avanti: incoraggiare la lotta di classe e il processo di auto-liberazione. Questo ritorno alle radici dell’anarchismo può essere riscontrato nella nascita delle unioni anarco-sindacaliste dopo il 1890. Al contrario, il disaccordo tattico di molti anarchici con la “propaganda di fatto” porta alcuni a considerare essa come terrorismo e a scartare l’omicidio in ogni circostanza.
Come gli anarchici hanno a lungo sottolineato, se per terrorismo si intende “uccisione di gente innocente”, allora l’istituzione statale è il più grande terrorista di tutti i tempi (del resto gli stati sono i detentori delle bombe più potenti e di tutti gli altri mezzi di distruzione di massa del pianeta). Se le persone che commettono “atti terroristici” sono veramente anarchici, essi farebbero tutto il possibile per evitare danni alla popolazione innocente e mai si giustificherebbero dietro l’idea degli “effetti collaterali” considerati spiacevoli ma inevitabili; giustificazione spesso adottata nelle azioni violente perpetrate dall’istituzione statale. Questa era la ragione per cui la stragrande maggioranza degli atti di “propaganda di fatto” era diretta verso individui della classe dominante, come presidenti ed azionisti, ed erano il risultato di precedenti atti di violenza capitalista e di stato. Atti “terroristici” sono stati commessi dagli anarchici.
Questo è un fatto. Ciò che però spesso viene dimenticato è che anche membri di altri gruppi politici e/o religiosi hanno commesso simili atti.
Come il “Freedom Group of London” argomenta: “C’è una verità che l’uomo (o la donna) della strada sembra spesso dimenticare, quando si accusano gli anarchici, o qualsiasi movimento si trovi ad essere la sua bete noire in quel momento, in quanto indicata come causa di alcuni oltraggi appena perpetrati. Il fatto indiscutibile che questi atti omicidi sono stati, da tempo immemorabile, la risposta di classi disperate ed angariate, di individui disperati ed angariati, offesi da altri esseri umani sino al punto di non poter più tollerare altre offese. Alcuni atti sono la violenta ripercussione della violenza che sia essa aggressiva o repressiva… Essi causano incomprensioni e fraintendimenti non in una particolare ideologia, ma nella profondità della… natura umana stessa. L’intero corso della storia, politica e sociale, ne è disseminato”.
Il terrorismo è stato utilizzato da molti altri gruppi politici, sociali e religiosi. Per esempio, i cristiani, i marxisti, gli indù, i nazionalisti, i repubblicani, i sikh, i fascisti, gli ebrei e i patrioti hanno commesso tutti atti di terrorismo. Pochi di questi movimenti sono stati etichettati come “terroristi di natura” o continuamente associati alla violenza, mentre invece l’anarchia viene continuamente indicata come minaccia allo status quo. Non esiste nulla di meglio per discreditare e mettere ai margini un’idea agli occhi dei male-informati che dipingere i suoi portatori come “bombaroli matti”, senza alcuna opinione o ideale, ma solo mossi da un’insana urgenza di distruzione.
Ovviamente la stragrande maggioranza di cristiani, marxisti, indù, nazionalisti, repubblicani, sikh, ebrei e patrioti si sono opposti alle pratiche terroristiche, ritenendole moralmente ripugnanti e tatticamente controproducenti. Come del resto ha fatto la stragrande maggioranza degli anarchici di tutti i tempi e i paesi.
Però, nel nostro caso, pare che sia necessario sottolineare con forza la nostra opposizione al terrorismo di volta in volta. Così, per sintetizzare, solo una piccola minoranza di terroristi sono stati anarchici e solo una piccola minoranza di anarchici sono stati terroristi. L’intero movimento anarchico ha sempre teorizzato che le relazioni sociali non possono essere distrutte con atti di violenza.
In confronto alla violenza dello Stato e del capitalismo, la violenza anarchica è una goccia nell’oceano. Sfortunatamente, però, molta gente ricorda più facilmente gli atti di pochi anarchici che hanno commesso violenze, piuttosto che gli atti di violenza e repressione perpetrati dallo stato e dal capitale che sono stati la miccia che ha innescato la reazione a catena.
“autonomous peoples anarchist group”
[tradotto da kuvah]
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