Numero 0 - Aprile 2002 - Anno 1

A proposito di scuola, di educazione, . . .



Intervenendo in un convegno sul tema della educazione ambientale oggi e riprendendo una citazione di Franco Lorenzoni, affermai che fare educazione ambientale significa fare qualcosa di "diverso", significa "indossare delle mutande rovesce" per poter così affermare la diversità e per proteggersi da quel "malocchio" che è la cultura del consumo, dello spreco e della velocità. Educazione ambientale dunque come alternativa a questo tipo di società che punta tutto sull'uniformità e su quella che Vandana Shiva chiama "la monocoltura della mente".
I progetti di educazione ambientale che si rivolgono alle scuole, dissi, dovrebbero avere questo carattere di alterità e dovrebbero insistere sul tema della globalità dell'ecosistema e sulla necessità di modificare uno stile di vita che, erroneamente e subdolamente, è presentato come unico: ai ragazzi, ma non solo a loro, dovrebbe essere offerta la possibilità di pensare e di proporre delle alternative a ciò che invece si pone come indiscutibile.
Dissi che l'identità con l'esistente, col modello unico, che tanto spesso chi si occupa di educazione deve purtroppo considerare, questa sì, poteva essere dichiarata come una tragedia della scuola di fronte alla quale le tre " i " di chi avendo molte televisioni può tranquillamente decidere di fare "da grande" il presidente del Consiglio, appaiono in tutta la loro insipienza.
Dissi che la capacità di educare è direttamente proporzionale alla capacità di creare dubbi, di rendere complessi i problemi, di giocare con l'imprevisto.
Il fatto poi che qualche tempo fa siano stati pubblicati gli atti di questo convegno con tutte le relazioni, fatta eccezione della mia, mi ha ulteriormente convinto che è proprio questa la strada da percorrere se vogliamo porci il problema di cosa significhi educare in un momento drammatico di quasi totale omogeneizzazione del pensiero.

Marco Cagol
(ricevuto all’indirizzo e-mail della redazione: vicolazzi@libero.it


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