O' manager
Il capitalismo si aggiorna di continuo. Le strategie di sfruttamento intensivo del lavoro necessitano sempre di idee novelle per allinearsi alle prospettive introdotte dalle innovazioni tecnologiche ed alle riduzioni delle risorse energetiche, già delineatesi nel prossimo futuro. Ormai è da tempo che, nel nostro vocabolario, sono in pianta stabile termini come scienza del management o manager ad indicare modi, forme e figure di un nuovo modo di concepire l’organizzazione capitalistica del lavoro. Si tratta di una scienza e di un’organizzazione gerarchica che si sta diffondendo a macchia d’olio, tra corsi, ricorsi e masters, tra i rampolli della classe dirigente, per meglio legittimare le differenziazioni sociali e culturali. Il management è stato introdotto nel mondo dell’industria (automobile come luogo di esordio) e coinvolge, oggi, il mondo dei servizi e dell’assistenza. Ma, ed a questo punto l’interesse è davvero generalizzato, anche le istituzioni statali e non, aspirano a modellare la propria organizzazione strutturale sulla filosofia ispirata alle regole ed ai valori imposti dalle strategie del management. Alcune “parole chiave” sono utilizzate in modo ricorrente, nella diffusione dei principi del management: efficienza, qualità, strategia, obiettivi, marketing, termini utili per la propaganda ed il coinvolgimento ideologico degli attori nelle varie scene d’ingresso della nuova cultura efficientista. Non mancano atteggiamenti deliranti come quando si attribuiscono al “top management” gli attributi della verità assoluta, valore imposto in prima istanza ed a prescindere. È attiva anche una certa omologazione vestiaria, all’insegna delle apparenze di efficienza e di qualità, per cui è bene esaltare l’aerodinamicità con testa calva, per chi soffre di calvizie, al limite arricchita da baffetti e pizzo, e vestiti scuri a giacca e a gamba stretta, per meglio saltellare tra un capo e l’altro, con cravattino fluente.
I modelli organizzativi di questa nuova ideologia si uniformano a valori di efficienza e di mercato, agli scopi dell’ottica capitalistica intesa ad incentivare i consumi individuali, per creare abbondanza, ottenere la divisione del surplus e superare i conflitti di classe. Cosa comporta? Vediamo alcuni aspetti:
- innanzitutto una netta separazione tra i soggetti impegnati nei compiti di ideazione, programmazione e direzione e quelli impegnati nei compiti di realizzazione esecutiva, quindi rigida frammentazione dei compiti;
- allineamento dei comportamenti individuali e privati alle strategie e ai valori dell’azienda, quindi modifica nel modo di pensare e di agire, fino a suggerire alle persone “come dovrebbero essere”;
- rigido controllo e valutazione dei risultati e della performance individuale e di gruppo, dopo l’assegnazione dei carichi di lavoro, quindi più severe e frequenti ispezioni per garantire determinati standard di prodotto;
- addestramento continuo per la realizzazione degli obiettivi, che non significa affatto diffusione di conoscenza e di competenza;
- proposte più o meno sgangherate per coinvolgere il personale nell’attività gestionale e talora premiarlo in modo appropriato, seguendo la logica e l’arte “dell’elogio casuale”. Questo piccolo elenco già fa rabbrividire, eppure rappresenta un succo veritiero delle modalità di pensiero nell’aggiornamento dell’ideologia del libero mercato. Coesistono posizioni ancora più estremiste come la teoria filosofica del kaizener, propagandata da un certo Lawrence McAtee, intesa al “miglioramento continuo” quale strategia unica condivisa da individui ed azienda, in nome della Qualità Totale (valore composto da efficienza più efficacia) per meglio affrontare la guerra del mercato globale.
Il termine kaizen (non so da quale lingua pescato) si riferisce all’individuazione ed eliminazione degli sprechi nel processo di produzione e da questa definizione è definito il percorso dei dirigenti e dei dipendenti nello sviluppare le capacità e le “doti caratteriali” (la K speciale del karattere) necessarie al perseguimento del miglioramento continuo. Migliorare per sopravvivere. O sei kaizener o sei kaputt. Suggestiva l’assonanza con la perentorietà sonora dell’ideologia nazista!
Nel 1984 Reagan proclamò il mese di ottobre come il mese nazionale della qualità, un nuovo valore da aggiungere alla lista del pacchetto patriottico, in nome del quale oggi, a distanza di vent’anni, centinaia di migliaia di soldati americani sono in procinto di aggredire un altro popolo, il cui regime è refrattario al sistema di valori, globalmente imposto dalle leggi di mercato. Le minacce di Bush non sono rivolte solo a quei musulmani, fautori di una resistenza alla politica imperialista americana, ma anche a quegli occidentali che non si adeguano ad un tale sistema di valori. Le bombe rappresentano una modalità operativa di addestramento, per la ricerca della qualità globale. È il delirio dell’impero. Il manager, nell’ottica istituzionale, sostituirà il burocrate. La classe dirigente aggiorna il vocabolario, per continuare ad esercitare le proprie funzioni di sempre, coercitive ed impositive, tese a suggellare il potere politico ed economico. Naturalmente le regole più severe varranno solo per i subalterni. La logica permane sempre la stessa.
La fonte di un così succoso aggiornamento è un periodico del gruppo Il Sole 24 ore (Sanità – Management, soprattutto i numeri usciti nel 2000). È possibile leggervi tante altre cose, analisi, dibattiti, ricerche, ma, quelle raccolte sembrano essere le idee-forza di questo apparato ideologico e culturale che aspira a cambiare il nostro modo di essere e la nostra vita. Che tristezza! Mannaggia al manager!
ARo
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