Reclaim the streets
Fondamentalmente è nelle strade che si manifesta il potere: poiché è nelle strade che giornalmente si sopravvive, si soffre e si invecchia, e dove si affronta e si combatte il potere, le strade devono trasformarsi nel luogo dove la vita quotidiana sia goduta, creata e coltivata.
La strada è un simbolo estremamente importante perché tutta la tua formazione culturale si è industriata per tenerti lontano proprio da lì... L’idea è di tenere tutti dentro casa. Così, quando vai a sfidare il potere, inevitabilmente ti troverai contro il muro dell'indifferenza, domandandoti "Dovrei mettermi al sicuro e stare sui marciapiedi, o dovrei scendere in strada?" E sono quelli che si prendono i rischi maggiori quelli che alla fine faranno cambiare la società.
La strada, al suo meglio, è un posto vivo, fatto di movimenti umani e di rapporti sociali, di libertà e spontaneità. Il sistema basato sulle automobili ci ruba la strada da sotto ai piedi e la rivende al prezzo del petrolio. Privilegia il tempo rispetto allo spazio, corrompendo e riducendo entrambi a un'ossessione per la velocità o, in gergo economico, a un mero "giro d'affari". Non importa chi "guida" questo sistema perché i suoi movimenti sono già
predeterminati.
La privatizzazione di spazi pubblici nella forma delle auto continua a erodere i quartieri e le comunità che definiscono la metropoli. La planimetria delle strade, i "parchi" per gli affari, i centri commerciali - tutto contribuisce alla disintegrazione della comunità e all'appiattimento di una zona urbana. Tutti i posti diventano uguali. La comunità è mercificata: un villaggio dello shopping, sedato e sotto costante sorveglianza. Il desiderio di comunità è appagato altrove, attraverso lo spettacolo, in forma simulata. Una "strada" o "piazza" da soap televisiva che imita quell'arena distrutta dalla realtà concreta e dal capitalismo. La strada vera, in questo scenario, diventa sterile. Un luogo per spostarsi, non per essere. Esiste solo in funzione di qualche altro posto - attraverso le vetrine dei negozi, i cartelli pubblicitari o le taniche di petrolio.
Soprattutto, mai più rendere il trasporto un obiettivo in sé. Unirlo sempre ai problemi della città, alla divisione sociale del lavoro, e al modo in cui ciò frantuma le varie dimensioni della vita.
Un posto per lavorare, un altro per "vivere", un terzo per comprare, un quarto per imparare, un quinto per l'intrattenimento. Il modo in cui e organizzato il nostro spazio va verso la disintegrazione della gente che inizia con la divisione del lavoro nelle fabbriche. Taglia le persone in due fette, taglia il nostro tempo e la nostra vita in fette separate, così che in ognuna tu sia un consumatore passivo alla merce dei negozianti, così che non accada mai che il lavoro, la cultura, la comunicazione, il piacere, la soddisfazione dei bisogni e la vita personale siano visti come un insieme: una vita unificata, sostenuta dalla fabbrica sociale della comunità. Non sarebbero meglio le strade senza macchine? No, se tutto ciò che le rimpiazza sono passaggi pedonali o spazi per lo shopping al coperto. Essere contro le auto facendo il loro interesse è insensato: come chiedere un solo pezzo e non tutto il mosaico.
La lotta per uno spazio libero dalle auto non deve essere separata dalla lotta contro il capitalismo globale - perché in verità il primo è incluso nel secondo. Le strade sono piene di capitalismo quanto di macchine e l'inquinamento del capitalismo è molto più insidioso.
All'inizio le persone fermeranno i veicoli e li capovolgeranno... si stanno vendicando del traffico decomponendolo nei suoi inerti elementi originari. Poi incorporeranno il rottame che avranno creato nelle loro nuove barricate: ricombineranno gli elementi isolati e inanimati in nuove forme vitali artistiche e politiche. Per un luminoso momento, le moltitudini della solitudine che costituiscono la città moderna saranno riunite in un nuovo tipo di incontro, diventando un popolo.
Le strade appartengono alla gente: la gente ha preso il controllo delle cose principali della città, e l’ha fatta propria.
Stiamo per riprenderci gli spazi pubblici dai recinti delle arene private. Nel più semplice dei casi è un attacco alle auto come principali agenti di oppressione. Si tratta di reclamare le strade come spazi pubblici inclusivi e non come spazi privati a esclusivo uso delle auto.
Ma noi crediamo che questo sia un principio più ampio, per riprendersi quanto è stato rinchiuso nella circolazione capitalista e restituirlo all'uso collettivo della comunità.
[http://www.reclaimthestreets.net]
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