Terrorismo e anarchia
Penso che molti siano d’accordo con me che il terrorismo sia una strategia e che, come tutte le strategie, sia perseguibile con l’aiuto di varie tattiche. Con la tattica del mordi e fuggi, negli anni 1905 e 1906, i terroristi anarchici russi lanciavano piogge di bombe ai posti di polizia, alle gendarmerie, sulle pattuglie, alla polizia giudiziaria, alle caserme dei cosacchi, sui boia, sugli ufficiali, sui commissari, per rispondere alle violenze subite dal popolo, per porre un freno alle atrocità, per, appunto, terrorizzare gli autori materiali delle repressioni zariste. È Rogdaev, inviato russo al Congresso Internazionale Anarchico di Amsterdam del 1907, a usare questi termini, a inserirli nella faretra delle frecce anarchiche di fronte ai compagni e alle compagne di tutto il mondo.
Con messaggi terroristici, alcuni anarchici cercarono di dissuadere la giuria dal condannare gli anarchici espropriatori francesi, firmandosi “Comitato Terrorista Internazionale” e minacciando ritorsioni. Per essere definiti terroristici, certi atti, come terroristi i loro autori, bisogna assolutamente che siano diretti a creare paura in qualcuno, in una casta, in una corporazione, in un popolo. Molti attivisti, specialmente in Inghilterra, conducono massicce campagne contro laboratori e allevamenti. Fra le centinaia di azioni intraprese ve ne sono di quelle dirette a produrre danni economici, come quelle di puramente terroristiche, “se non chiudi ti bruciamo la casa”, scritte sotto casa, danneggiamenti alle auto private, tutti gesti destinati a produrre paura, terrore in chi li subisce. La strategia in questo caso cambia per ottenere lo stesso fine intermedio, la chiusura di un laboratorio, di un allevamento, producendo danni economici, mancate entrate, o cercare di far desistere gli amministratori facendo loro capire che è meglio se cambiano attività. Questi esempi per cercare di far chiarezza sul concetto di terrorismo. Essendo una strategia, applicabile con le più svariate tattiche, dalle telefonate alle bombe, non è associabile a nessun individuo, gruppo o organizzazione in particolare, come la storia ci insegna, ma a chiunque, a partire dalla mamma che racconta la storiella dell’“uomo nero” al bambino per frenare la sua espansività traboccante dalla ristrettezza domestica.
Uno stato può usare il terrorismo per autoconservarsi, come un rivoluzionario per minarne la robustezza strutturale o per frenarne l’azione espansiva. L’azione espansiva della classe al potere mi fa venire alla mente l’introduzione delle macchine agricole nelle campagne inglesi del 1830, come un nuovo esempio terroristico, quello del movimento dei braccianti, il movimento di “Captain Swing”, che inviava lettere minatorie ai latifondisti, intimando loro di distruggere le proprie macchine per non incorrere nell’ira incendiaria delle loro orde armate di forconi e bastoni. In quel caso il terrore doveva impedire i licenziamenti dei braccianti agricoli, la loro proletarizzazione forzata nelle città.
Togliere armi al movimento rivoluzionario non è un gran servizio alla libertà. Le cose vanno chiamate col loro nome e contestualizzate.
Bertoli non voleva terrorizzare, ma fare strage. Dalla sua bocca uscì un urlo inequivocabile, “Viva l’anarchia!”, il suo gesto ne è rimasto patrimonio indelebile. Non vi erano innocenti fra coloro che si videro piovere sul capo la sua bomba, tutti erano solerti funzionari di quello stato che compì stragi a sua volta, usando il terrore alla maniera degli stati, facendo vittime a caso, per conservare un sistema di terrore perpetuo, sociale, quotidiano, per la sopravvivenza della classe capitalista.
Dicendo “Terrorista è lo Stato” si butta fango sul terrore anarchico, unendosi alle condanne dei gesti rivoluzionari passati e presenti.
Dicendo “Lo Stato terrorizza tutti i giorni” o “ Il terrore più grande sarà sempre quello degli stati” si è pressoché esatti. In questo senso si può cercare di dare la giusta misura alla realtà, schierandosi con la classe degli sfruttati una volta per tutte, facendo proprie le sue ribellioni, a priori; solo amando la chiarezza si chiameranno stragi le stragi, omicidi gli omicidi, terrore il terrore, allora e solo allora tutto ritroverà la sua collocazione e sarà universalmente pronto ad essere trattato, da tutti, non solo da quattro penne su quattro fogli.
E allora sarà come deve essere, pace fra gli oppressi e guerra agli oppressori, l’anarchia suona così, e stecca quando si fanno sofismi da tavolino o quando, peggio ancora, se ne rinnega la pienezza.
Marco Pierattini
|