Numero 13 - Giugno 2003 - Anno 2

Goccia a goccia


Da più parti è denunciata l’imminenza di una crisi idrica a livello mondiale. È un allarmismo che va condiviso e di fronte al quale, è necessario consolidare la coesione dei movimenti anticapitalistici per demolire il proposito di concepire l’acqua un bene economico.
Le comunità libertarie devono munirsi, come è avvenuto tra i compagni siciliani del FAS (Federazione Anarchica Siciliana), di un osservatorio permanente di lotta per l’affermazione e la salvaguardia del principio, già sottolineato dal manifesto di Lisbona del 1998, che “l’acqua, fonte di vita, è un bene comune che appartiene a tutti gli abitanti della terra e a nessuno, individualmente o come gruppo, è concesso il diritto di appropriarsene a titolo di proprietà privata”.
Il piacere di disporre, a iosa, dell’acqua è un privilegio di cui sempre meno persone, nel mondo, possono disporre, ed una simile affermazione è già viziata da una condizione di non percezione del reale stato in cui vivono milioni di persone, nel Sud del mondo, a cui è sempre stato negato un accesso permanente all’acqua potabile.
Tener conto dei fattori geografici e climatici quale l’ovvia constatazione della irregolare distribuzione delle risorse idriche sulla superficie della terra o della estensione del fenomeno della desertificazione, specifica che il problema dell’acqua merita, per l’universalità dello stesso, un approccio multidisciplinare, che sia aperto alle culture ed esperienze differenziate delle realtà locali e che non sia appannaggio solo di politici, ingegneri o organismi internazionali, quindi, senza negare la validità dei dati ottenuti con la ricerca scientifica, è necessario valorizzare l’empirismo delle popolazioni con le loro tradizionali tecniche di utilizzo e gestione dell’acqua. Come dire che le soluzioni gigantesche, attuate dagli stati e dalle multinazionali, sono destinate al fallimento, e le dighe, sparse per il mondo, esempio di gigantismo, stanno lì a testimoniarlo. Nei giorni scorsi è stato inaugurato, in Cina, un altro “mostro” simile: una gigantesca diga a sbarrare il corso del fiume Yang-tse e gli effetti saranno presto rilevabili, su popolazioni e ambiente.
Incontrovertibile è la crescita di domanda di acqua, a fronte di una quantità nel pianeta che permane costante. Le città, l’agricoltura e le industrie aumentano, di giorno in giorno, la pressione sulle riserve idriche, mentre si assiste ad un declino irreversibile della qualità dell’acqua.
La siccità rende precario il recupero delle perdite (significativa la crisi nel Biellese, lo scorso anno). Dall’altra parte non si frenano gli abusi, soprattutto industriali; c’è un rallentamento nel recupero delle falde freatiche; si continua a sottovalutare il problema dello scarico delle acque residue, con il loro abbandono nei fiumi o in mare; la gestione dell’approvvigionamento è affidata a burocrati o peggio a privati che ignorano concetti come ecosistema e sviluppo delle risorse idriche. Nelle settimane scorse, in alcune cittadine del Vesuviano, a causa di una rottura di una tubazione dell’Acquedotto regionale, c’è stato forte disagio per l’erogazione intermittente dell’acqua, evento che tradisce la fragilità e la vetustà del sistema di distribuzione, sul territorio italiano, e la drammaticità di esporre intere popolazioni a carenza di acqua.
Ogni anno muoiono, nel sud del mondo, circa tre milioni di persone per malattie legate all’acqua: malaria ed enteriti. Una spesa maggiore per la sanità pubblica potrebbe contrastare efficacemente la realtà di simili degradi. Aumentano anche i conflitti per l’acqua, per le sorgenti di approvvigionamento come avviene in Medio Oriente, in Africa o per la gestione del corso dei fiumi come avviene in Bangladesh.
Il ricatto della sete sarà lo strumento con cui i capitalisti e i governi eserciteranno, nel prossimo futuro, coercizione e dominio su intere popolazioni. Una delle condizioni poste dalla Banca mondiale alla riduzione del debito dei paesi poveri, molto indebitati, è quella di privatizzare la distribuzione dell’acqua nelle città (ciò che è avvenuto in Mozambico nel 1998). La gravità del problema è pertanto percepibile a più livelli. Al di là di una elencazione delle schifezze, elargite all’umanità, dall’aspersione capitalistica, è il concetto generale che l’acqua non può divenire oggetto di scambio commerciale a dover essere affermato con determinazione. È un sopruso all’umanità concepire l’acqua un bene economico. Ribaltare la strategia capitalistica della gestione delle risorse idriche rappresenterà inevitabilmente un obiettivo primario del movimento anarchico. L’umanità non deve farsi imbottigliare goccia a goccia. State sani!

ARo


 

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