Una buona notizia
Che a Marzo del 2001, prima dopo e durante la riunione napoletana del Global Forum, la Polizia di Stato abbia picchiato, sequestrato, torturato ed umiliato chiunque le capitasse a tiro è cosa nota fra chi è a conoscenza dei fatti. Una novità è però rappresentata dal fatto che Venerdì, 26 Aprile 2002, la Procura di Napoli, dopo aver ascoltato alcune vittime della violenza poliziesca, ha ordinato l'arresto dei due funzionari Carlo Solimene (capo dell'antidroga) e Fabio Ciccimarra (guida dell'antirapina, fra l'altro indagato a Genova per la vicenda della Diaz) e di altri sei agenti di polizia. Significative le reazioni:
- un "girotondo" di poliziotti circonda la questura di Napoli nel tentativo di impedire il trasferimento agli arresti domiciliari dei colleghi inquisiti,
- il governo esprime solidarietà alla polizia e attacca la magistratura: il sempre attento ministro Gasparri fa notare il nesso che c'è fra movimento antiglobalizzazione, omicidio Biagi e simpatie politiche del pm Mancuso,
- il centrosinistra, che all'epoca dei fatti era al governo, tace con qualche eccezione: Rutelli esprime perplessità sulla necessità dei mandati d'arresto, l'ex ministro Bianco difende il suo operato e Mastella dice di preferire i "figli della povera gente che si arruolano fra i poliziotti" ai "figli di papà che prendono i sampietrini e li sbattono addosso alle persone".
- Infine, ne sono certo, non pochi sono quelli che davanti alla televisione hanno esultato pensando che giustizia sia stata fatta.
È evidente l'ennesimo tentativo da parte del governo di mostrare i muscoli e al tempo stesso di giustificare qualche imminente riforma che assoggetterà, ancor più di quanto non sia oggi, il potere giudiziario a quello esecutivo. Assolutamente ridicole, se non fossero drammaticamente serie, le loro argomentazioni: la presunzione d'innocenza, dovere di ogni buon cittadino italiano, viene utilizzata come elemento dimostrativo della malafede degli inquirenti.
Altrettanto inverosimili le dichiarazioni dei "poliziotti ribelli": "continuamente ci vengono a dipingere la questura di rosso, a volte restiamo rinchiusi dentro, ci sentiamo impotenti…" avrebbe dichiarato a La Repubblica un agente con le lacrime agli occhi. Non è facile comprendere cosa ci sia dietro questo delirio collettivo.
Purtroppo non ho elementi per stabilire quanto tutto ciò sia incidentale e quanto invece rientri in una più ampia strategia politica volta ad incrementare la repressione.
Né so dire se l'aggressività del Governo sia un segnale di forza o di debolezza. Penso però che, in ogni caso, una notizia del genere possa far riflettere, dividere e creare conflitto nella società e questo è tutto ciò di "rassicurante" che c'è in essa.
Se c'è qualcosa di cui gioire insomma, ciò non può in nessun caso essere costituito dal comportamento di un tribunale né dall'arresto di nessuno. Chi giudica, più o meno bene, qualcun altro in base alle leggi dello Stato non può in alcun modo indebolire un Governo e quindi fare gli interessi dei governati. Inoltre, seppure ciò fosse possibile, non avrebbe senso, da parte di chi potere non ne ha, parteggiare per un potere anziché per un altro.
D'altra parte il sentimento di vendetta, che pure è una cosa comprensibile, mi sembra possa essere scarsamente soddisfatto per interposta persona, specie se di questa non si condividono i parametri di giudizio: i giudici considerano il comportamento di un poliziotto più o meno legittimo in base a quanto sia obbediente agli ordini del superiore e ciò non ha niente a che vedere con la tutela delle vittime. Penso che chi, dopo il 17 marzo, ha arrestato i feriti all'ospedale per condurli in una stanza di tortura della caserma Raniero abbia agito eseguendo degli ordini ed abbia, più o meno, rispettato la legge; ma ciò non migliora neanche un po' il giudizio che si può dare su questi individui.
Personalmente stimo di più chi mi aggredisce in conseguenza delle sue convinzioni e dei suoi istinti di chi lo fa perché è pagato per obbedire a quest'ordine (fermo restando che le due cose spesso coincidono). Fra l'altro fino a quando gli sbirri saranno convinti di ciò che fanno avremmo ancora speranza di fargli cambiare idea. Se invece diverranno, come purtroppo accade, dei meccanici esecutori di ordini, lo scontro potrà terminare solo con l'eliminazione fisica di una delle due parti e, a guardare la disparità di forze e di mezzi, c'è da pensare che a soccombere saremmo noi.
Occor
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