I rom rumeni a napoli
In questi giorni della torrida estate 2003, mentre i mass-media sono concentrati a distribuire disinformazione sugli sbarchi di clandestini a Lampedusa, drammi umanitari altrettanto gravi si svolgono sotto i nostri occhi, nell'indifferenza generale di tutti. Si tratta dell'emergenza dei Rom rumeni della Stazione di Napoli e di Casoria.
Da circa sei-sette mesi a questa parte, nella nostra provincia si assiste a un fenomeno nuovo rispetto all'immigrazione storica di Rom dalla ex-Jugoslavia, in seguito alle guerre e alle persecuzioni riprese dopo la fine della Federazione. Sono Rom rumeni, che in altre città d'Italia sono presenti già da tempo e che di solito si vedono in giro sugli autobus e le funicolari a chiedere l'elemosina (mangel) o a suonare la fisarmonica e il violino, strumenti in cui eccellono e che insegnano anche ai bambini fin dalla più tenera età. Sono persone assolutamente pacifiche e non dedite ad attività criminali, nella maggior parte dei casi provenienti da villaggi di campagna o di montagna, dunque poco avvezze alla vita di città (specie di una metropoli come Napoli). Il loro aspetto ingenuo a volte suscita sentimenti di simpatia e compassione, altre volte ci incute diffidenza e sospetti: non potrebbe essere quest'apparenza dimessa un indice di furbizia e volontà di raggirare il povero gagiò (italiano) indifeso e fiducioso?
Se l'atteggiamento della gente è ambivalente, perché dettato da un'incolpevole non-conoscenza delle origini, della cultura e della storia dei Rom, diverso è il discorso per i media ufficiali. Quasi unanimemente, infatti (a parte qualche eccezione che conferma la regola) giornali e TV hanno fatto da cassa di risonanza ai soliti stereotipi infarciti di pregiudizi razzistici senza un fondamento di verità. I titoli allarmistici e sensazionalistici non contribuiscono certamente a un'oggettiva conoscenza del fenomeno, ma servono solo a vendere più copie o a fare salire l’audience. Ecco che allora i Rom vengono presentati come nomadi che hanno scelto uno stile di vita diverso dal nostro, sfruttatori di minori organizzati in vere e proprie holdings criminali o, nel migliore dei casi, genitori insensibili che abbandonano o maltrattano i loro figli. Qualcuno ventila una vera e propria invasione: sono ormai dappertutto e non si contano più. Ma come stanno realmente le cose?
I Rom rumeni, come si diceva, sono un fenomeno relativamente recente a Napoli e in provincia. Il maggiore insediamento, fatto di baracche di legno e lamiera senza servizi igienici, luce o acqua, si trova a Casoria, località via Lufrano. Si tratta di Rom del gruppo Madjarskaja (di origini ungheresi) provenienti da una regione della Romania orientale, la Moldavia, al confine con l'omonimo stato indipendente, ex-repubblica dell'URSS. Un recente censimento lo scorso Maggio registrò circa 340 presenze. Altri nuclei familiari di difficile quantificazione (tra i 100 e i 200), tra i più disperati e abbandonati, vivono all'aria aperta, tra Stazione Centrale e centro cittadino, in uno stato di degrado e abbandono totale, dormendo nei cartoni come veri e propri barboni. Questi ultimi, provenienti dalle vicinanze di Bucarest, sono i più vulnerabili, perché facilmente preda delle organizzazioni criminali e delle possibili aggressioni xenofobe.
Un altro piccolo gruppo di circa 35 persone, proveniente anch'esso da località vicino a Bucarest, si è prima insediato a Casoria, poi a Cavalleggeri, dove ha subito un'aggressione xenofoba, infine ha trovato accoglienza al Centro Terra Terra di Fuorigrotta e attualmente in una struttura parrocchiale di Portici.
Si tratta come si può vedere di un numero limitatissimo, che sicuramente non giustifica l'allarmismo sociale creato da media e istituzioni.
L'equivoco che va chiarito subito è che, come per quasi i tutti i Rom dell'est-Europa, non si tratta di gruppi nomadi. In Romania, come in altri paesi dell'ex-blocco sovietico, il nomadismo è stato riassorbito attraverso politiche di integrazione forzata (spesso anche violenta) che però hanno portato al riconoscimento dei diritti da sempre negati al popolo Rom. In questo paese vennero date alla minoranza Rom, come a quella ungherese e a quella tedesca, case, terreni e proprietà, insieme al diritto-dovere al lavoro e ai servizi sociali. Dopo la fine del socialismo di Ceausescu, i Rom hanno conosciuto un notevole peggioramento delle loro condizioni di vita, con la ripresa dei pogroms, delle persecuzioni su scala individuale o di gruppo, delle discriminazioni e delle violenze ingiustificate da parte degli agenti di pubblica sicurezza. Nonostante alcuni buoni propositi da parte del governo centrale di rimuovere le discriminazioni a base etnica, spesso le autorità locali hanno coperto o negato il carattere etnico dei pogroms, come quello di Hadareni del 1993, giustificandoli come risposta alla criminalità Rom. Da vittime delle aggressioni, questi ultimi ne sono dunque diventati la causa. A volte la polizia ha effettuato anche raids violenti, per esempio ad Acis nel 1995, con pestaggi, sparatorie e maltrattamenti vari con finalità di deterrenza verso possibili attività criminali da parte della comunità Rom. Queste violazioni dei diritti umani sono documentate tra l'altro anche dalla Rete d'urgenza contro il razzismo.
La situazione di Napoli, sotto questo profilo, è ancora tutta da esplorare. Qualche racconto di discriminazioni subite emerge dai contatti personali da me stabiliti nel corso di questi giorni, ma va ancora vagliato attentamente.
In realtà, nella maggior parte dei casi, i Rom rumeni di Napoli fuggono da situazioni di miseria estrema: nei villaggi della Moldavia o dei dintorni di Bucarest, la vita è infatti difficile e la sopravvivenza con una famiglia numerosa a carico difficile. Il salario medio di un mese in Romania equivale a quello che i Rom guadagnano qui quotidianamente, esercitando il mangel o suonando sui mezzi pubblici. È comprensibile che dunque essi abbiano ripreso una sorta di nomadismo coatto dal carattere estensivo, vale a dire che tende a disperdersi sul territorio per non saturarlo. Il meccanismo in un certo senso è auto-regolamentato: all'inizio parte il tam-tam telefonico nelle famiglie allargate o tra i conoscenti, poi il numero delle presenze si stabilizza da sé quando si raggiunge una certa soglia di saturazione del mercato locale. I Rom sanno allora che è tempo di spingersi più in là per cercare nuovi mercati per le proprie attività. Rimane da dimostrare, ma esistono ragionevoli elementi per sospettarlo, il ruolo di intermediari Rom e non-Rom, appartenenti alle varie mafie locali, nell'organizzazione dei viaggi.
È da sottolineare che, come denuncia R. Kawczynski del Roma National Congress, le misure repressive (espulsioni) e dissuasive verso i flussi di Rom rumeni sono ancora la norma in tutta la Comunità Europea, i cui paesi spesso rimpatriano forzatamente (vedi la Germania) o finanziano progetti in Romania che hanno scarsa ricaduta nella comunità Rom locali. Recentemente, il governo inglese ha firmato un accordo con quello ceco perché si fermino negli aeroporti di origine i cittadini cechi Rom. Tutto questo, mentre la Romania e la Repubblica Ceca stanno per entrare nella nostra civilissima Europa Unita. Viene lecito chiedere: quando si realizzerà questo tanto sospirato sogno, cosa faranno i nostri governanti per limitare la libera circolazione di questi cittadini di serie B o Unter-menschen, che dir si voglia? Ma figuriamoci, si tratta di Rom! Chi se ne accorgerà mai?
Accoglienze mancate, sgomberi umanitari e xenofobia
È da sottolineare che i Rom rumeni di Casoria sono quasi tutti dotati di passaporto, parecchi con regolare visto di ingresso per l'Italia.
Cavalcando l'onda della protesta popolare e per ragioni di opportunismo politico (si era sotto alle elezioni amministrative di Maggio 2003), il sindaco di Casoria, preoccupato per le infelici condizioni di vita dei suoi inaspettati ospiti ha deciso di emettere una delibera di sgombero "umanitario", vale a dire finalizzato a soluzioni abitative migliori…che non esistevano, neppure sulla carta. Se non si è proceduti subito allo sgombero coatto, è solo perché mancava spazio in giro per i CTP italiani. Mentre si lavorava alacremente (si fa per dire) da parte delle istituzioni al reperimento delle aree o strutture per realizzare l'accoglienza di piccoli gruppi sul territorio campano, una gravissima aggressione xenofoba ha ancora una volta ribaltato le sorti dei poveri Rom rumeni.
La notte del 24 maggio un gruppo di criminali pieni di odio xenofobo ha dato fuoco a uno degli insediamenti di Casoria con il lancio di bottiglie incendiarie. Chi ha compiuto quest’atto barbaro era consapevole di poter provocare una strage di uomini, donne e bambini inermi. Tutto ciò nell’indifferenza totale delle istituzioni e delle forze sociali, che a quarantotto ore dall’accaduto non si erano ancora attivate per dare solidarietà, protezione e aiuto umanitario a queste persone, che hanno trascorso diverse notti in strada, dopo che hanno perso il misero tetto di lamiere che dava loro riparo. Il gruppo di Rom attaccato è composto di settanta persone di cui più della metà bambini; già poverissimi prima di questo attentato ora hanno perso anche il minimo di dignità che una baracca di cartone gli dava. Essi sono ancora oggi scioccati, non hanno un’auto per fuggire, non hanno camper o roulotte per sistemarsi altrove e comunque non sanno assolutamente dove andare. Si sono quindi rifugiati nel vicino insediamento per stare insieme ai loro parenti, dove hanno sistemato materassi e vestiti per dormire a terra. Come si spiega che una comunità pacifica e inerme venga così duramente attaccata e l’unico atto che le istituzioni hanno compiuto è stato il sequestro dell’area bruciata? Nel caso di disastri di questo genere, peraltro delittuosi, non è previsto l’intervento della Protezione Civile che dia almeno temporaneamente riparo e viveri alle persone colpite? O le istituzioni, come i criminali che hanno perpetrato questo scempio, pensano che i Rom non siano persone?
Fatto sta che al momento in cui si scrive (26 Giugno) diverse famiglie Rom rumene, tra quelle fuggite da Casoria e quelle viventi all'aria aperta al centro, sono ancora sparpagliate sul territorio cittadino in condizioni precarissime. Più fortunate le 35 persone di Cavalleggeri d'Aosta che, dopo aver subito anche loro un attentato con molotov grazie a un'improvvida segnalazione di un quotidiano locale, hanno trovato rifugio nel Centro Sociale di Fuorigrotta Terra Terra. Ultimamente, si sono dovuti accontentare della pelosa solidarietà di una struttura parrocchiale di Portici. Intanto, il calvario dei meno fortunati in giro per la città e a Casoria prosegue nell'indifferenza generale. Si tratta di esseri umani sballottati in giro come pacchi, che in realtà chiedono solo un po’ di pace e dignità umana. Vorrebbero soggiornare in Italia, ricevere per lo meno un soccorso immediato alle loro condizioni disperate. Alle loro già drammatiche condizioni, si aggiunge la ancor più grave protesta di commercianti e albergatori di P. Garibaldi che, spalleggiati dall'ASCOM e dalle destre, gettano benzina sul fuoco, invitando a risolvere il problema al più presto (con tutti i mezzi possibili?).
Di fronte a questa gravissima situazione di emergenza, quali possono essere i livelli di intervento da un punto di vista libertario? So bene che parecchi compagni non saranno d'accordo su come vedo la cosa, ma mi preme affermare il mio punto di vista.
Il fatto che i Rom siano un popolo senza territorio né Stato da un punto di vista anarchico è chiaramente un vantaggio. Sennonché essi stessi non vivono la loro condizione con consapevolezza politica, rivendicando apertamente questa loro caratteristica peculiare. Al contrario, non avendo nessuna forma di auto-organizzazione o consapevolezza politica, essi si trovano drammaticamente esposti alle discriminazioni e violenze delle popolazioni, spesso coperte se non addirittura incoraggiate dagli stati nazionali. Storicamente, la fase delle peggiori persecuzioni è cominciata con la nascita degli stati nazionali in Europa (sec. XVI-XVIII). Ancora oggi, il fatto di essere considerati (a torto) nomadi costituisce la base di tutte le peggiori discriminazioni che questo popolo subisce in mezzo a noi europei.
Si potrebbe indulgere nella romantica fantasia che il popolo Rom, essendo senza stato, senza territorio e senza esercito, sia un popolo felice e indipendente. Niente di più falso: nella mia non breve esperienza di lavoro sul campo con queste persone ho constatato come esse paghino un caro prezzo per il mancato riconoscimento dei loro diritti più elementari da parte degli stati nazionali che, volenti o nolenti, di fatto esistono ancora. Sprovvisti di documenti, essi vengono sballottati in giro come nomadi (cioè non-cittadini, puri e semplici fantasmi), le donne non possono partorire tranquillamente negli ospedali per paura che levino loro i figli, i maschi non hanno possibilità di inserimento lavorativo e le scuole rifiutano i minori. Questi ultimi, siccome vige il tacito (razzista) assunto che le famiglie li sfruttano, li abbandonano o li maltrattano, vengono spesso strappati ai legittimi genitori senza un motivo fondato. Se qualcuno gli spara addosso o tenta di incendiare le loro case (come accaduto a Casoria e a Cavalleggeri di recente) la polizia non indaga come farebbe con tutti gli altri cittadini.
Di fronte a questo stillicidio quotidiano di sofferenza, violenza e persecuzioni, ritengo che limitarsi cinicamente a denunciare l'autoritarismo della società capitalistica attuale sia un simpatico gioco di società e niente più. Sono convinto che invece gli anarchici, pena l'esclusione dai movimenti di lotta reali e l'isolamento dalle contraddizioni di questo sistema sociale, non possano esimersi dall'intervenire, con le proprie limitatissime forze, per alleviare, anche in senso umanitario, le sofferenze di chi, come i Rom rumeni di Napoli, dorme nelle aiuole di P. Garibaldi, senza potersi lavare né andare al cesso, esposto alle aggressioni e al razzismo della gente e con il terrore che gli levino i figli da un momento all'altro. Se per fare questo, dovremo invocare anche l'intervento della Protezione Civile locale, istituzione borghese di un borghesissimo stato nazionale, non avremo paura di sporcarci le mani, consapevoli che esiste una differenza tra il trattare con il potere e compromettersi con lo stesso.
Se noi, cittadini italiani di pelle bianca e con un tetto sulla testa, possiamo infatti permetterci il lusso di criticare giustamente questa società ingiusta e autoritaria, non così capita ai Rom che, dovendo provvedere alle più impellenti necessità del quotidiano in situazioni drammatiche, non riescono o non hanno il tempo di occuparsi di astratte disquisizioni sulla società degli eguali. È solo quando avranno piena la pancia, quando si vedranno un tetto sulla testa e vedranno riconosciuti i più elementari diritti, che potranno sviluppare quella necessaria consapevolezza politica sulle contraddizioni del capitalismo e della società attuale.
Macchia Nera
|