da "Contropotere - giornale anarchico" numero 15 - Settembre 2003 - anno 2

Sessismo fascista


Il ragionamento di Heinrich Hossil (1784-1864) era semplice: l’attrazione tra individui dello stesso sesso non merita di essere condannata in quanto fa parte della natura umana, è sempre esistita ed è stata addirittura esaltata da una civiltà raffinata come quella greca. In Hossil troviamo le radici della teoria del terzo sesso, poiché come causa dell’omosessualità, indica la contraddizione tra sesso anatomico e sesso interiore.

L’Aquila, 28 agosto 2003. Come avviene ogni anno dal 1988, il 28 agosto al cimitero di L’Aquila viene ricordato l’anniversario di Karl Heinrich Ulrichs, latinista vissuto nel XIX secolo e considerato il padre del movimento gay mondiale.
Contro tale ricorrenza si è schierato, banalmente e prevedibilmente, il gruppaccio locale di AN giovani che, in un articolo apparso su un quotidiano regionale, oltre ad opporsi alle battaglie portate avanti dai gruppi omosessuali per la conquista dei diritti al matrimonio e all’adozione, auguravano a tutto il mondo, in nome dei “benpensanti”, che la figura di Karl Heinrich Ulrichs venisse per sempre dimenticata, in quanto simbolo non conforme alla diffusa morale razzista dettata dal bigottismo fascista e clericale.
Ancora una volta la paura del diverso, l’intolleranza nei confronti delle libere espressioni culturali delle minoranze, il timore di qualunque manifestazione di libertà del tutto slegata dalle logiche di potere e sottomissione, porta questi reazionari ad aggrapparsi a brandelli di moralità bigotta, annientatrice della personalità e del libero sviluppo sociale e psico-affettivo. È il loro unico modo per far presa sull’ignoranza della massa cattolico-fascista, bisognosa del pastore, del cane e del bastone e psicologicamente impotente di fronte alle realtà del “diverso da loro”, agli slanci di pura libertà individuale, a qualunque elemento capace di far crollare sotto i loro piedi il loro fragile “sistema” di leggi morali, false risposte e teorie razziste sulla società.
Ma la loro è solo paura. Paura di chi mette in discussione molto facilmente la loro nazione, il loro dio, la loro sicurezza; paura di “capelloni dal sesso indefinito” capaci di spogliarli delle loro certezze e di porli di fronte alla loro precarietà! Se esiste qualcuno o qualcosa meritevole di cadere nel dimenticatoio sono solo i neo fascisti di tutto il mondo, le loro povere teorie e la loro storia, fatta di massacri, imposizioni e soprusi sociali!
Qualche parola su Karl Heinrich Ulrichs. Il termine “omosessuale” venne coniato dallo scrittore ungherese Benkert (sotto lo pseudonimo di Kertbeny) nel 1869 come un appello alla libertà, in una lettera aperta al ministro prussiano della giustizia, sostenendo che lo stato non doveva immischiarsi nella vita privata delle persone, e domandando l’abrogazione dell’articolo sugli atti sessuali tra uomini. La parola ebbe una rapida fortuna. Prima di prendere quella sgradevole sfumatura medica che conserva ai giorni nostri, essa designava, secondo l’intenzione del suo autore, un comportamento considerato come una semplice varietà della natura, una realtà umana priva delle connotazioni religiose o morali infamanti che erano legate a “sodomita”, “pederasta”, “invertito”, “contronatura”, ecc…
Prima dello scrittore ungherese, il pioniere della liberazione dei costumi in Europa era stato il tedesco di Karl Heinrich Ulrichs. Questo magistrato, nato nel 1825, entrò al servizio del regno di Hannover nel 1848. A partire dal 1864, l’anno dell’avvento al trono di Luigi II (anch’egli omosessuale), pubblicò, protetto dallo pseudonimo latino di Numa Numantimus, una serie di saggi sotto il titolo generale di Ricerche sull’enigma dell’amore tra uomini, in cui sosteneva, con audacia davvero rivoluzionaria, che una simile inclinazione costituisce un tratto innato della natura umana, e che si spiega con la presenza di un’anima femminile in un corpo maschile. Egli chiamò questo amore “uranismo”.
Nel 1866 la Prussia di Bismarck invase l’Hannover e se lo annetté. Ulrichs protestò, incoraggiò la ribellione e si compromise in attività sovversive, il che gli valse due soggiorni in carcere. Durante la seconda detenzione, nell’aprile del 1867, la sua abitazione fu perquisita e vennero sequestrati la sua corrispondenza, le sue carte e un volume di versi sull’amore uranista intitolato Bosco sacro.
Questo episodio illustra il rapporto stretto tra sessualità e politica: era stato un omosessuale ad alzare lo stendardo della contestazione contro la Prussia centralizzatrice. Un altro episodio avvenne a Monaco, il 29 agosto del 1867, durante un congresso di giuristi tedeschi, un mese dopo l’uscita di prigione di Ulrichs e quattro giorni dopo il ventiduesimo compleanno di Luigi II. Il magistrato dell’Hannover vi si recò e tentò di farvi adottare una risoluzione per respingere la legge prussiana contro l’amore tra gli uomini. Era la prima volta in cui un omosessuale, che si confessava tale, prendeva la parola in pubblico per rivendicare la libertà sessuale. I suoi colleghi insorsero rumorosamente contro di lui e gli impedirono di finire il suo discorso. Così Monaco aveva avuto l’onore di assistere alla prima rivendicazione omosessuale pubblica e la vergogna di registrarne la prima censura.
Rifugiatosi a Wurzburg continuò a pubblicare, stavolta col suo vero nome e con audacia crescente, il seguito delle sue Ricerche ed una rivista mensile ma, scoraggiato dall’insuccesso dei suoi sforzi, nel 1880 lasciò la Germania (paese in cui proibivano rigorosamente ogni istinto ribelle al matrimonio e alla procreazione) per l’Italia, stabilendosi prima a Napoli e poi a L’Aquila. Qui visse fino alla morte, avvenuta nel 1895, dando lezioni di lingue straniere e adoperandosi per la pubblicazione di un giornale, da lui redatto interamente in latino.
Prima di morire ebbe il dispiacere di vedere uscire, nel 1886, la Psychopathia Sexualis, di lì a poco celebre in tutto il mondo, in cui un medico tedesco, Richard von Krafft-Ebing, classificava l’omosessualità, già crimine legale nel 1871, come un fenomeno di degenerazione, di decadenza morbosa. Con il pretesto di spiegarla, di giustificarla, e con l’intenzione caritatevole di depenalizzarla, Krafft-Ebbing relegava l’omosessualità nei bassifondi nauseabondi della patologia.

Edoardo Puglielli per il Collettivo Antiautoritario AQ


 

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