Numero 1 - Maggio 2002 - Anno 1

Intervista a Soriano Cecanti, amico di Franco Serantini


- Sara: Lei conosceva Franco personalmente?
- Soriano: conoscevo personalmente Franco, frequentavamo la stessa scuola (l'istituto professionale per il commercio), spesso ci si trovava al quartiere CEP, dove io abitavo, a fare "lavoro politico" con i giovani o al Mercato Rosso.
Di solito Franco arrivava a casa nostra con mio fratello (suo compagno di classe), si fermava a pranzo con noi, a volte facevano i compiti di scuola, più spesso si intavolavano discussioni (anche con altri compagni di LC che frequentavano casa nostra) sulla "situazione politica", la scuola (anche la nostra in particolare, c'erano state occupazioni, scioperi e rivendicazioni sul 4° e 5° anno), gli scioperi nelle fabbriche, il movimento nel quartiere, ecc.
- Sa: Può descriverlo fisicamente? E caratterialmente?
- So: Era un ragazzo con i capelli neri, ricciuti, nè alto nè basso; portava un paio di occhiali che mi parevano troppo grandi sul suo viso, mi faceva pensare a Gramsci per come portava i capelli e per il suo modo di fare molto riservato e schivo.
Aveva un carattere indipendente, si vedeva che era abituato a "contare sulle proprie forze". Si era trovato un lavoro per tagliare i lacci che lo legavano all'Istituto e anche per costruirsi un ruolo sociale. Gli piaceva occuparsi di politica, fare politica; si scontrava spesso con i professori di scuola che volevano lasciare la politica fuori dalla porta; non si scoraggiava se non trovava consenso per un volantinaggio o un attacchianggio: prendeva colla e pennello, ci andava da solo. Conosceva e frequentava persone di ambienti diversi, dai compagni di scuola ai "vecchi" della federazione anarchica, dai giovani del CEP a docenti universitari: era il suo modo di stabilire rapporti sociali, di crearsi una rete di conoscenze e di esperienze.
- Sa: Partecipò al presidio indetto da LC contro Niccolai?
- So: Nella tarda mattinata feci un giro con la macchina sui lungarni già presidiati dalla polizia; c'era un clima teso, poca gente in giro. Da una parte noi, i gruppi della sinistra extraparlamentare, determinati a non lasciare campo libero alle provocazioni fasciste, dall'altra i partiti del cosiddetto arco costituzionale che non trovavano di meglio se non cercare di isolarci e "vigilare sulle istituzioni democratiche", per cui la possibilità che ci fosse una dura repressione da parte della polizia per disperdere il concentramento dei compagni erano concrete; decisi perciò di non partecipare al presidio contro il comizio di Niccolai.
- Sa: Ricorda come reagiva la polizia all'azione non violenta dei giovani di Lotta Continua?
- So: Come ho detto prima non ero presente al presidio del 5 maggio, ma l'azione della polizia è stata simile a mille altre azioni durante le manifestazioni; basta leggere le testimonianze dei compagni e soprattutto i referti medici degli arrestati: teste, denti, braccia e gambe spaccate, lividi in tutto il corpo e poi offese e maltrattamenti in caserma e in carcere.
- Sa: Vide la cattura di Franco? Come avvenne?
- So: Non ho assistito alla cattura di Franco. Da diverse testimonianze e dal rapporto della squadra di PS che lo arrestò si sono potute ricostruire le circostanze della cattura. Franco fu preso vicino al palazzo comunale, sul lungarno gambacorti. Al momento dell'arresto era solo, venne picchiato da una decina di celerini, coi manganelli e coi calci dei fucili. Dall'autopsia risulterà che venne letteralmente massacrato.
- Sa: Come veniste a sapere della morte di Franco?
- So: Ero a casa, la domenica del 7 maggio. Avevo avuto notizie frammentarie sui compagni arrestati, su quelli che erano stati picchiati, se stavano arrivando le denunce. Non ricordo chi portò la notizia, vennero dei compagni e mi dissero che Franco era morto in carcere.
- Sa: Che reazione aveste?
- So: Non ci potevo credere, non ci volevo credere. Ad un tratto tutto il resto, le elezioni, gli scontri, i comizi, la vita stessa sembrò svanire, solo una immensa disperazione, e rabbia. I pensieri corsero alle altre volte che Franco era scampato alle manganellate e all'arresto, alle raccomandazioni che gli aveva fatto mia madre di tenersi lontano dalla polizia, all'assurdità di uno Stato che uccide un ragazzo pur di permettere ad un fascista di tenere un comizio, al costo troppo elevato, enorme, che stavamo pagando. C'eravamo visti, io e Franco, qualche giorno prima e avevamo avuto una discussione su non ricordo cosa e c'eravamo lasciati un po' tesi, non ci saremmo più ritrovati.
- Sa: Partecipò al discorso di Adriano in Piazza S. Silvestro il 13 Maggio?
- So: Partecipai alla manifestazione del 13 maggio in piazza S. Silvestro; parlarono dei compagni anarchici, degli amici di Franco che vivevano nell'Istituto Thouar e Adriano Sofri. C'era una tensione che si tagliava col coltello; era metà maggio ma io sentivo un freddo cane, pioveva, e così dovetti tornare a casa che la manifestazione non era ancora finita.
- Sa: Come parlarono i giornali dell'assassinio di Franco?
- So: prima del 7 maggio i giornali non parlavano d'altro che dei sassi tirati alla polizia, delle macchine messe in mezzo alla strada, dei "poveri" commercianti costretti a chiudere le botteghe come se gli slogan fascisti e i saluti romani fossero espressione di liberi pensieri e di democrazia. Dopo il 7 maggio i giornali conservatori cercarono di giustificare le violenze della polizia e di minimizzare le responsabilità di tutto l'apparato repressivo che aveva assassinato Franco; altri giornali denunciarono, anche attraverso i racconti di testimoni, il comportamento della polizia che in più occasioni era intervenuta sparando lacrimogeni in faccia alla gente, picchiando senza motivo, mettendo in atto una caccia all'uomo che era un vero e proprio rastrellamento. Piano piano si ricostruirono le circostanze del pestaggio, dell'arresto e della carcerazione di Franco; emersero responsabilità precise dei celerini, della questura e dei dirigenti del carcere: responsabilità per le quali nessuno ha mai pagato.

Sara


 

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