da "Contropotere - giornale anarchico" numero 16 - Ottobre 2003 - anno 2

Pensioni, guerra e diritti


Padroni e governo stanno portando avanti in questi giorni un durissimo attacco contro noi lavoratori e contro noi che lavoro non abbiamo, contro la nostra vita e i nostri diritti.
Certamente l’aumento dell’età pensionabile dal 2008 (65/60 anni, 40 di contributi) rappresenta la punta di diamante di quest’attacco che andrà a colpire più di dieci milioni di lavoratori (favorendo contemporaneam-ente un nuovo forte aumento della disoccupazione giovanile e non). Un vero “ergastolo” (40 anni di sfruttamento continuo) dove al lavoratore viene tolta perfino la speranza di poter vivere un pò di anni in libertà, relegandolo al ruolo di moderno schiavo assoluto del sistema del profitto e del dominio capitalista.
Ma dobbiamo anche ricordare che l'azione attuale del potere del centrodestra non fa altro che seguire la strada tracciata da un centrosinistra che cominciò a colpire le pensioni e ad alzare l'età pensionabile già con la devastante legge 335/95 e con l'attiva collaborazione di CGIL, CISL e UIL.
Diffidiamo quindi dei complici di ieri divenuti oggi strumentali oppositori di facciata. Gli sciacalli restano sempre tali.
Un’altra questione di estrema gravità è il tentativo di colpire nuovamente i diritti dei lavoratori e in particolare l’arma dello sciopero (già oggi pesantemente limitato) impedendo ai sindacati considerati “non rappresentativi” (in nome di quale rappresentatività? forse di quella mafiosa, istituzionale e clientelare che oggi garantisce i “numeri” a sindacati confederali ed autonomi?) la proclamazione di scioperi generali nazionali di tutte le categorie. Se è ovvio che con questa mossa si vogliono colpire particolarmente i Sindacati di Base e le loro mobilitazioni sia contro la guerra sia contro la politica governativa e padronale, è anche ovvio che si va a eliminare un diritto di libertà (un tempo garantito anche costituzionalmente) patrimonio di ogni singolo lavoratore.
L’arroganza e l’aggres-sività del potere ha oggi raggiunto un livello tale per cui non esistono più regole che possano ostacolarne la prepotenza per difendere i più deboli. Basta pensare alla recente “Legge Delega” (Biagi) sul lavoro con le sue mille forme di precariato e sfruttamento diffuso (senza alcun diritto alla tutela sindacale) e la sparizione dei contratti nazionali.
Il tutto infine si muove in un contesto (economico, culturale, repressivo) di “guerra infinita” voluta dagli USA per il controllo del mondo e delle sue ricchezze e a cui l'Italia (prima con l'ulivo e oggi con la destra) partecipa attivamente.
La guerra, appena cominciata e tutt'altro che finita, infuria come non mai (sia in Irak che in Afghanistan) e nuovi scenari bellici si stanno rapidamente avvicinando (Iran, ecc.).
Quello che più infastidisce è il silenzio attuale in cui tutto questo avviene, con l’assenza e il menefreghismo di molte componenti cosiddette pacifiste legate ai carrozzoni dei Social Forum, dei partiti e della CGIL. Evidentemente per costoro l’opposizione alla guerra serve solo quando riesce a fare spettacolo mediatico e a ottenere piccoli o grandi nuovi spazi di potere.
Per noi lavoratori e per quelli di noi che lavoro non hanno il rifiuto della guerra invece, oltre che fondamentale istanza solidaristica ed antimilitarista, è anche esigenza primaria della nostra lotta quotidiana in quanto la sindrome militarista e guerrafondaia è anch'essa causa delle nostre precarie condizioni di vita, scusante per portarci ogni tipo di attacchi economici e sociali, movente per la costante militarizzazione del territorio e la graduale privazione della libertà.
L’U.S.I.-A.I.T., Unione Sindacale Italiana - sezione dell’Internazionale dei Lavoratori, ritiene indispensabile innescare un nuovo ciclo di lotta e di fortissima conflittualità teso a impedire le manovre in atto contro pensioni e diritti, il tutto ben saldato con l’opposizione alla guerra e ad ogni militarismo.
Dobbiamo comunque constatare che ci troviamo davanti a un potere che, pur di affermare il suo dominio e di portare i suoi attacchi, non rispetta più nessuna regola. Per questo la nostra risposta dovrà essere più forte ed incisiva che mai, attraverso la pratica di una conflittualità diffusa (nelle aziende come in tutto il territorio) e l’uso costante delle forme d’azione diretta che l’autorganizzazione svilupperà.
Lo sciopero generale su pensioni, guerra e diritti, la cui procedura di convocazione l’USI-AIT ha già avviato assieme ad altri Sindacati di Base, sarà quindi solo una tappa di una lunga lotta che, evitando trappole e perdenti scorciatoie istituzionali, dovrà invece divenire momento generalizzato di rivolta sindacale e sociale fino al raggiungimento dei nostri obiettivi.
Non abbiamo nulla da perdere, abbiamo un mondo da costruire.

Gianfranco Careri
usi-ait@ecn.org 


 

Indice