Libertà ora!
“Sempre era in me il presentimento che un giorno o l'altro avrei recuperato la mia libertà, sebbene mi fosse impossibile immaginare in che modo né far progetti con la minima speranza di successo” (J. Swift)
Il carcere attua un tipo di repressione molto diversa da quella che vive chi è “libero” di non vivere segregato in un ripostiglio di due metri per quattro.
La relatività del concetto di “libertà” oggi non è molto evidente, dal momento in cui secondo la società in cui viviamo ogni individuo è libero di accedere a qualunque genere di servizio. Facile. Dal momento in cui si decide di rifiutare un certo genere di servizi, cominciano le restrizioni. Non è una punizione, è una privazione della libertà.
La libertà nel nostro sistema è il rimanere dietro la soglia delle infrazioni. Superata questa soglia si viene privati della libertà, e tutto questo non è una punizione da un punto di vista giuridico. Essa è “semplicemente” la privazione della libertà. Il riferimento non va solo al carcere, ma anche all’infrazione di velocità su una strada dritta e deserta o alla multa per aver dimenticato di pagare un parcheggio. Se si vuole conservare la libertà di muoversi come prima dell’infrazione, bisogna pagare l’infrazione e quindi ridurre i propri mezzi per pagare altri servizi. La libertà così si riduce. In carcere tutto questo non esiste. Gli unici diritti sono la monotonia e il silenzio. Il diritto decisionale viene meno, viene represso e ciò avviene per molti anni. In Italia è opportuno ricordare che vigono pene tra le più alte d'Europa e che l'ergastolo è ancora effettivo (fine pena=mai) anche se in genere non lo si dice o si afferma addirittura il contrario.
Quale prospettiva dunque per chi subisce questo trattamento? Redenzione?
Questa favola vive da più di 200 anni, quando a Philadelphia i religiosi sostenevano che peccatori e fuorilegge avrebbero dovuto passare del tempo in una cella studiando la Bibbia, senza avere alcun tipo di contatti sociali. L’articolo 69 del Nuovo Regolamento Penitenziario riporta qualcosa di molto simile:
Art. 69 - Informazioni sulle norme e sulle disposizioni che regolano la vita penitenziaria
1. In ogni istituto penitenziario devono essere tenuti, presso la biblioteca o altro locale a cui i detenuti possono accedere, i testi della legge, del presente regolamento, del regolamento interno nonché delle altre disposizioni attinenti ai diritti e ai doveri dei detenuti e degli internati, alla disciplina e al trattamento.
2. All'atto dell'ingresso, a ciascun detenuto o internato è consegnato un estratto delle principali norme di cui al comma 1, con l'indicazione del luogo dove è possibile consultare i testi integrali. L'estratto su indicato è fornito nelle lingue più diffuse tra i detenuti e internati stranieri.
3. Di ogni successiva disposizione nelle materie indicate nel comma 1 è data notizia ai detenuti e agli internati.
La redenzione oggi avviene attraverso il lavoro “riabilitativo” o “vocazionale”. Nella maggior parte dei casi il lavoro prevede l’assemblaggio di componenti elettrici per la Difesa oppure cucire vestiti.
Una volta fuori dal carcere si ha la libertà di utilizzare le competenze acquisite per vocazione. Ma difficilmente la Difesa può avere bisogno di lavoratori stipendiati per mansioni svolte da carcerati (manodopera perfetta a costo 0) come anche sembra improbabile che una multinazionale voglia assumere un “cucitore di vestiti” dato che ne ha a sufficienza in El Salvador.
Non tutti hanno a che fare con la “riabilitazione”. Alcuni vivono sotto regime “educativo”. I cosiddetti “programmi educativi” esistevano anche nei gulag. L’art.20 cita a proposito: “L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale”.
Riassumendo questo lavoro “forzato”, che non ha bisogno di altre definizioni, educa alla competizione e alla violenza come soluzione di conflitti, all’intimidazione, alla sottomissione e alla “buona educazione” per ottenere un pezzo di pane in più. Questa è la chiave per vivere in libertà nella nostra società su ogni gradino di essa. Inoltre l'esistenza del salario implica l'esistenza di un potere che determina e dispone del salario e ha come conseguenza la competizione fra i lavoratori e la concorrenza fra produttori e consumatori. Come è dunque possibile il concetto di libertà in condizione di competizione per il capitale? In realtà il crimine e il comportamento anti-sociale è il risultato della dominanza di una persona su un'altra da un punto di vista sociale e politico, e necessariamente anche decisionale. Il crimine avviene nei confronti della proprietà di quella persona, la quale è da interpretare come un mezzo per affermare il potere e il possesso su qualcosa. Per questo la proprietà è furto e concetto esclusivamente individuale a discapito della società e dei mezzi di cui ha necessità. In una società in cui venga abolito il concetto di proprietà non può esistere il furto.
Il sistema attuale è in grado di controllare le nostre vite perfettamente dal momento in cui entriamo a far parte di esso. Il controllo sociale e economico è velato dalla libertà di fare ciò che gli altri dicono giusto. La vita è legata al ciclo: 1) lavoro per lo Stato; 2) retribuzione in parte trattenuta dallo Stato; 3) pagamento allo Stato per vari servizi. Non c’è alternativa, perché una alternativa restringerebbe la possibilità di avere libertà. Ma è davvero questa la libertà? È davvero qualcosa che ci può insegnare e dare solo chi ha più potere e quindi più libertà?
Se siamo tutti in gabbia, non dobbiamo aspettare che le mura della nostra cella si restringano.
Questa è la realtà di vite umane annullate sotto forma di ostaggi e verso cui rivendichiamo solidarietà attiva e militante.
La dissociazione e il pentimento sono dei vinti e di chi striscia per venir schiacciato dai suoi stessi padroni.
Per tutti i compagni a cui è stata sottratta la libertà di vivere, per chi è morto per la libertà nella lotta contro le istituzioni e contro ciò che vogliono farci credere come giusto o sbagliato riprendiamoci la libertà che non potrà mai esserci offerta. Le nostre vite non hanno mai avuto bisogno di catene per essere vissute.
Nonazina
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